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La discussione sul funzionamento del sistema giudiziario del Paese subisce spesso il condizionamento del clamore mediatico determinato dalle decisioni della magistratura. E ciò, di conseguenza, influenza le decisioni della politica, il più delle volte concentrata a rincorrere la pancia dell’elettorato, nei confronti del “pianeta giustizia”.
Molti temi, pur di fondamentale interesse per il corretto svolgimento della funzione giurisdizionale, non hanno mai la dovuta attenzione che sarebbe invece necessaria. Una conferma di questo approccio “monodirezionale” si è avuta ieri a Milano durante un incontro sullo stato delle giustizia, al quale hanno partecipato i vertici degli Uffici giudiziari e dell’Ordine degli avvocati del capoluogo lombardo, oltre ad una nutrita rappresentanza, capeggiata dal vice presidente David Ermini, del Csm.
Fra i vari argomenti dibattuti due meritano di essere raccontati. Il primo riguarda le infrastrutture, il secondo il personale. Pur essendo la maggior parte dei Tribunali italiani in condizioni critiche, da parte di tutti è state evidenziata l’estrema difficoltà per garantirne standard adeguati di efficienza e funzionalità. Soprattutto sotto il profilo della sicurezza dei luoghi di lavoro. L’esempio del Palazzo di giustizia milanese è emblematico con una moltitudine di enti ed amministrazioni che, a vario titolo, entrano in gioco quando si tratta di effettuare qualsiasi tipo di intervento manutentivo.
«Non dovremmo essere noi a doverci occupare della manutenzione dei Tribunali», ha affermato Roberto Alfonso, procuratore generale di Milano, criticando le attuali norme che attribuiscono ai capi degli uffici molte responsabilità in tal senso. A dargli man forte Remo Danovi, presidente dell’Ordine degli avvocati, secondo il quale sarebbe necessario un ufficio centrale unico presso il ministero della Giustizia. Al Tribunale di Milano lo scorso gennaio è precipitato da una balaustra un avvocato. In attesa che si definisca il rimpallo delle competenze, si è ovviato posizionando centinaia di transenne lungo le scale. Per quanto riguarda il personale, la discussione ha preso spunto dalla mutazione della magistratura. Ormai oltre il 60% dei nuovi magistrati è donna. Gli effetti sono stati raccontati del presidente vicario del Tribunale di Varese, ufficio dove attualmente mancano la metà dei giudici in organico. Il motivo? La maternità delle magistrate. Non è intenzione da parte di nessuno porre limiti di alcun genere, ma con una componente femminile così preponderante una riflessione sarà quanto mai necessaria. Il vice presidente del Csm Ermini, ha preso nota. Ma risolvere problemi strutturali di questo tipo non sarà facile.