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La resa dei conti, cioè il vertice del centrodestra dal quale dovrebbe uscire il nome che Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia indicheranno come loro candidato alla Presidenza della Repubblica, si svolgerà oggi online. Con ogni probabilità Berlusconi resterà dunque ad Arcore e questo fa pensare a uno scioglimento in senso negativo della riserva.
Quel che è certo è che il Cavaliere vorrà tenere in mano fino alla fine le redini del gioco, impedendo a Salvini di avere terreno libero per trattare sui nomi con gli altri partiti. Cosa che peraltro il leader della Lega sta già facendo da giorni, come testimonia l’incontro con il M5S Riccardo Fraccaro che ha mandato nel caos i pentastellati. Eppure, i vertici della coalizione continuano a dire che già dalle prime votazioni «il centrodestra avrà una posizione condivisa e unitaria». Secondo fonti della Lega è stato lo stesso Salvini a chiamare gli alleati, con i quali ha avuto una conversazione «serena e cordiale».
Ma gli ostacoli sono ancora molti, primo tra tutti la decisione di Berlusconi non solo sul proprio ritiro ma eventualmente anche sull’indicare o meno un’altra personalità e, in caso, chi. «Siamo a due giorni dalle elezioni, quindi è bene stringere e arrivare a un nome condiviso - ragiona Maurizio Lupi, leader di Noi con l’Italia che negli scorsi giorni aveva molto spinto affinché i leader si ritrovassero prima del voto - Certo prima ci sono da verificare le intenzioni di Berlusconi e il vertice servirà proprio a questo».
Ma da Forza Italia si ributta la palla nell’altro campo, con il capogruppo alla Camera, Paolo Barelli, che spiega al Dubbio come «Salvini dovrà fare un report su ciò che è accaduto in questi giorni e di cosa è venuto fuori dai suoi contatti, dopodiché anche Berlusconi dirà la sua». L’esponente azzurro si dice comunque certo che «il centrodestra uscirà dal vertice unito come sempre, indicando una linea comune che verrà fuori dal confronto tra i leader». E chissà che Berlusconi possa tirare fuori dal cilindro un nome nuovo, al quale nessuno ha pensato e tenuto nel cassetto fino a oggi, così da cogliere in contropiede gli alleati e prendersi una piccola rivincita per il poco aiuto ricevuto ( eufemismo) nella sua corsa al Colle.
Dall’altro lato dell’alleanza, nel campo di Fratelli d’Italia, si continua a fare il nome del Cavaliere come «prima scelta», con Ignazio La Russa che, contattato al telefono, giudica la convocazione dell’incontro «un fatto molto positivo che conferma la volontà del centrodestra di restare unito». Ma basta soltanto accennare a dei nomi “quirinabili” per sentirsi rispondere «sciocchezze».
Intanto dalle parti di Coraggio Italia Paolo Romani si dice «ansioso e fiducioso» in vista del vertice. Secondo Romani «Draghi rimane in campo ma dipende dal nodo Berlusconi: dopodiché, una volta sciolto quel nodo la partita potrebbe essere in discesa».
Di certezze, insomma, ce ne son poche. Una su tutte, il “no” della Lega a Draghi. Secondo un alto dirigente del Carroccio, che preferisce restare anonimo, «è bene che il presidente del Consiglio resti a palazzo Chigi perché è assurdo pensare a un nuovo esecutivo». Significherebbe, spiega ancora la fonte, «portare avanti due trattative in parallelo, quella per il Colle e quella per il governo, con il rischio che finiscano male entrambe». Lo stesso Salvini in mattinata aveva spiegato che il centrodestra ha «l’onere e l’onore di fare una proposta, anche più proposte, che possano essere condivise» e che saranno «assolutamente di alto livello, di alto profilo, senza che nessuno possa permettersi di mettere dei veti».
Ma il numero uno di via Bellerio sa che il centrodestra non è autosufficiente e per questo ammette che «non può far colpi come ha fatto la sinistra in passato» e che quindi i nomi che usciranno dal vertice «dovranno trovare condivisione anche da parte di altri». Dove per «altri» si intendono M5S, Pd e Italia Viva, dopo l’incontro di ieri mattina tra Enrico Letta e Matteo Renzi che si sono detti d’accordo sulla necessità di un “patto di legislatura” per assicurare la tenuta della maggioranza in caso di trasloco di Draghi al Quirinale.