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Proteste in Iran
Una riflessione a partire dalla marcia a Roma a sostegno e solidarietà con il popolo iraniano che lotta per liberarsi della dittatura che lo opprime. Milano e Roma: il sindaco di Milano Giuseppe Sala partecipa alla maratona “Donna Vita Libertà”, in sostegno del popolo iraniano; il sindaco di Roma Roberto Gualtieri non è stato neppure sfiorato dall’idea di mandare il Gonfalone della città, un messaggio a quanti sabato scorso hanno marciato.
Quella marcia è un inizio, non è una conclusione. Si può, a questo punto, rivolgere un rispettoso suggerimento a tutti i sindaci italiani? Espongano davanti all’ingresso dei loro municipi i manifesti di Asra Panahi, di Mahsa Amini, di Mohsen Shekari, degli altri martiri di questa rivoluzione nonviolenta contro un regime assassino e fanatico. Riuniscano giunta e consiglio, e conferiscano ai manifestanti la cittadinanza onoraria della loro città. Sono “piccoli” gesti simbolici, ma anche questi gesti hanno un loro peso, sono importanti. Contribuiscono a scuotere coscienze, renderci consapevoli di quello che accade. Perché il Partito Radicale e gli studenti iraniani sono lasciati soli a manifestare dinanzi all’ambasciata iraniana? Al corteo di sabato scorso a Roma c’era uno striscione della Cgil: di Teramo, non a caso la città di Marco Pannella. Pierpaolo Bombardieri, Maurizio Landini, Luigi Sbarra: ci sono? Battano, finalmente, un colpo… S’usa citare, in occasione di manifestazioni pubbliche e cortei, chi vi ha partecipato e perché, raccogliere le dichiarazioni dei promotori, gli scopi e le finalità. Per una volta si faccia un’altra cosa. Si prenda atto di chi non c’era.
Non hanno sfilato i gruppi femministi e di difesa di quei diritti anche sessuali e di costume che in Iran sono perseguitati. Peccato. Non hanno sfilato gli studenti sempre disponibili il sabato a ogni tipo di solidarietà. Questa volta hanno lasciato soli i loro compagni in lotta in Iran. Peccato.
Non hanno sfilato i leader dei partiti politici: passi i rappresentanti del governo, hanno doveri e vincoli istituzionali. Ma non c’erano Carlo Calenda, Matteo Renzi, Enrico Letta, Stefano Bonaccini, Elly Schlein, non c’erano i leader di Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega. Peccato. Non c’erano i tre leader sindacali ad eccezione, come ho detto, di una rappresentanza della Cgil di Teramo. Peccato.
A tutti loro va chiesto, “semplicemente”: perché non c’eravate, perché non avete marciato? E registrarne la risposta, se c’è. Il silenzio, ad ogni modo, come l’assenza, è di per sé una risposta.