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Sala gremita al Tempio di Adriano e invitati d’eccezione. Tutti contro la convitata di pietra, il sindaco della Capitale Virginia Raggi.L’evento del Partito Democratico “Una costituente per Roma” organizzato dal parlamentare romano uscente (e in attesa di ricandidatura ufficiale) Roberto Giachetti diventa subito un tiro al bersaglio contro l’amministrazione pentastellata capitolina. Tiratori scelti: lo stesso Giachetti, il felpato Paolo Gentiloni, lo spumeggiante Carlo Calenda e l’istituzionale Graziano Delrio. A fare da comprimari - indicatori di come si stanno riallineando e i poteri romani - il fondatore della comunità di Sant’Egidio ed ex ministro del governo Monti, Andrea Riccardi e il presidente del Coni Giovanni Malagò. «A Roma serve un abito nuovo e oggi vuole essere l’inizio di una riflessione sulla nostra città, con spirito costituente che guardi al 2021. Avevo invitato la sindaca Raggi, irrintracciabile se non attraverso il Cerimoniale del Campidoglio, che ha declinato con un telegramma pochi giorni fa dopo un mese di silenzio», ha dato il via alle danze Giachetti, «del resto ho avuto difficoltà a contattarla anche per farle i complimenti dopo la sua vittoria» ha ironizzato. Schermaglie romane a parte, le parole più dure e forse più inaspettate sono arrivate dal premier Gentiloni, che si è sempre tenuto a debita distanza dalle questioni locali. «Roma non è una città che si possa governare semplicemente cercando di gestire la sequela di emergenze che si presentano giorno per giorno. Sono questioni sedimentate da tanto tempo e l’amministrazione della città, che oggi non è il massimo dell’organizzazione, farebbe fatica», ha ragionato il premier, con evidente riferimento - da ultima - all’emergenza rifiuti. Ed ecco la seconda stoccata: «Il governo non sta alla finestra, siamo il governo della Repubblica e nei confronti di Roma abbiamo ovviamente uno spirito di collaborazione, anche se dall’altra parte c’è spesso una sospettosa riluttanza ad accettare questa collaborazione». Sospettosa riluttanza, tradotta da Calenda con una metafora inequivocabile: «Così stiamo fermi sulla riva del fiume, aspettando che passi il cadavere». Del resto, sono noti i rapporti meno che amichevoli tra il ministro per lo Sviluppo economico e la sindaca Raggi. «Il tavolo per Roma andrebbe istituzionalizzato, a patto che la richiesta venga condivisa da Raggi, che si deve impegnare a partecipare in prima persona», ha lamentato il ministro, che più volte è incappato nell’ostinato silenzio della sindaca davanti alle sue sollecitazioni di incontro: «Le risposte della sindaca sono “non vengo, forse mando qualcuno, non posso fare la delibera...”». A mettere il dito nella piaga, nel venerdì nero del maxisciopero dei trasporti romani e nei giorni della crisi di Atac (la municipalizzata che gestisce i trasporti), è il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, che da ex sindaco ha sottolineato come«non dovrebbe essere difficile sostenere economicamente il trasporto pubblico a Roma, è più difficile a Reggio Emilia. Ad esempio la Roma-Lido, su cui abbiamo investito 350 milioni, con 100mila passeggeri si pagherebbe da sola e potrebbe avere ricavi come a Parigi» e che il pericolo oggi è di «arretrare ancora nel servizio ai cittadini». E la voce della sindaca, al termine dell’evento (al quale ufficialmente non ha partecipato per impegni istituzionali pregressi), si è fatta sentire via Facebook, con una nota al vetriolo dal titolo «Siamo in campagna elettorale». La sindaca attacca frontalmente il premier: «Oggi è il turno di Gentiloni contro Raggi. In genere, evito le polemiche ma non amo le falsità. Se Gentiloni è davvero in buona fede, si impegni sui decreti attuativi della legge per Roma Capitale. Per governare questa città servono i poteri che hanno tutte le altre grandi capitali d’Europa. Spero che si mettano da parte polemiche giustificate soltanto dalla smania elettorale di qualcuno». Così la campagna elettorale è davvero cominciata.