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«Condivido l’operazione- verità sui conti che sta facendo il ministro Giovanni Tria», è l’unica concessione che Renato Brunetta fa all’attuale governo. L’ex ministro della Pubblica amministrazione, economista e oggi deputato di Forza Italia, analizza senza sconti le mosse dell’Esecutivo, e scrive anche la sentenza.
Partiamo dal Decreto Crescita: la convince?
Guardi, il governo sta facendo giochi di prestigio e il decreto Crescita dovrebbe essere il loro asso nella manica. Almeno in teoria, dovrebbe contenere forti incentivi alle imprese e dunque dare una spinta alla crescita del Pil. In realtà, il Governo stesso sembra il primo a non credere agli effetti miracolosi di questo decreto, considerando che sono quantificati in un misero 0,1%.
Quindi?
Quindi, ci sono due paradossi: il primo, che queste stesse misure, soprattutto gli incentivi alle imprese, erano state abolite pochi mesi fa con la legge di Bilancio, per trovare soldi per finanziare reddito di cittadinanza e quota 100; il secondo, che queste risorse oggi non ci sono. A riprova di questo, il provvedimento è ancora in stand- by.
La Lega pensa alla Flat tax per far ripartire le imprese.
Una barzelletta: la Flat tax per le famiglie con redditi fino a 50mila euro sarebbe il più clamoroso incentivo fiscale della storia alle separazioni delle famiglie bi- reddito. E lo dico sorvolando sul fatto che la Flat tax sia praticamente irrealizzabile, considerando che il bilancio dello Stato è zavorrato da 23 miliardi di clausole Iva per elargire i prepensionamenti di quota 100 e l’assistenzialismo confuso del reddito di cittadinanza.
Dica lei cosa serve per far respirare il ceto medio produttivo.
Per aiutare famiglie e ceto medio bisogna ridurre il carico fiscale, ma farlo in modo esponenziale. Come fa il quoziente familiare, per intendersi: si sommano i redditi familiari e poi si dividono per teste, favorendo l’equità. La proposta della Lega, invece, non aiuta le famiglie monoreddito e, anzi, incentiva la separazione delle famiglie con due redditi individuali sotto i 50mila euro.
L’incognita è che rimangono sempre le risorse scarse da investire, però.
Infatti a mio parere bisognerebbe subito cancellare con un tratto di penna sia il reddito di cittadinanza che quota 100. Poi, coi 15 miliardi che si recuperano, si dovrebbe iniziare un percorso per ridurre le tasse e investire nella crescita.
Sul tavolo del governo c’è ora il Documento di Economia e Finanza: che cosa si aspetta?
Da ciò che leggo, sembra aver prevalso la linea prudente di Tria, che ha impedito ai due vicepremier di gonfiare i dati dell’economia, soprattutto nel quadro tendenziale. Anche perché servirebbe a poco, visto che tra pochi giorni è attesa la stima su di noi della Commissione Europea, che probabilmente certificherà una crescita negativa per il 2019 e che a fine mese l’agenzia Standard and Poor’s darà il suo giudizio di rating sul debito italiano. In sintesi, il quadro tendenziale del Def dovrebbe certificare la crescita zero e questo avrà esiti pesanti: ripercussioni negative sui saldi di finanza pubblica, con la conseguente imposizione dell’Ue di far scattare la clausola “salva deficit” da 2 miliardi di euro. Tradotto: 2 miliardi di tagli ai servizi, nazionali e regionali.
Immagina l’apertura di una procedura di infrazione?
No, nel senso che l’ammissione della crescita zero da parte del Governo dovrebbe salvarci dall’infrazione per debito eccessivo. Peccato che questo cozzi con le fantasie sull’anno bellissimo vagheggiate dal premier Conte.
Il ministro Tria a che gioco sta giocando?
Tria sta facendo il suo dovere di tecnico, vale a dire sta cercando di dire la verità: ovvero bassa crescita, recessione e dunque, implicitamente, una politica economica sbagliata. Tria avrebbe voluto tagliare le tasse e fare investimenti, il governo non glielo ha fatto fare e questo è il risultato. Ora il ministro sta cercando di salvare il salvabile.
Potrebbe costargli le dimissioni?
Non so dare giudizi, bisogna chiederlo a Salvini, Di Maio e Conte. Dico solo che Tria ora sta svolgendo un’azione assolutamente condivisibile, vediamo se ce la farà.
Ma allora, il governo potrebbe cadere sulla spinta di questi indicatori economici negativi?
Assolutamente sì. Questo governo è attaccato con l’Attak alle sedie del potere e, nonostante tutte le contraddizioni politiche, programmatiche, etiche e culturali, cinicamente sta in piedi sul potere. L’unica cosa che lo può far cadere è una variabile esogena economica negativa, come lo spread. A quel punto, sarebbero gli italiani, chiamati alle urne, a giudicare il disastro compiuto da questo Esecutivo.
Se davvero si tornasse alle urne, Forza Italia potrebbe contare su una crescita nei sondaggi in questa fase. Come si spiega?
Forza Italia ha tenuto durante tutta la bufera del dopo elezioni. Ha tenuto in mezzo a tensioni e attacchi che sono venuti da ogni dove. Io credo che Forza Italia con la sua linea responsabile, europea e popolare abbia ancora molto da dire nel panorama politico italiano. Non credo che questo Paese possa dividersi tra estremisti di sinistra e di destra. Lo spazio centrale per Forza Italia è intatto e la gente già lo sta capendo.
Ci sarebbe margine per riparlare di centrodestra unito, Lega compresa?
Assolutamente sì, anzi è l’unica possibile soluzione. Un centrodestra unito, con un programma di centrodestra, che dialoghi con l’Europa. Insomma, serve un partito popolare, di cui Forza Italia è parte rilevante, che dialoghi con i liberali e anche con i sovranisti, per collocarsi dentro una strategia di profonda riforma dell’Unione, ma non certamente di distruzione.
Che esito si aspetta dal voto alle Europee?
Mi aspetto una tenuta del partito popolare cui Forza Italia fa riferimento.
I sovranisti saranno una variabile?
Credo che non faranno una performance spettacolare. Sono più fumo che arrosto e, comunque, il movimento non ha una potenzialità europea: i sovranisti sono incapaci di una visione comune e quindi sono impossibilitati ad allearsi. I sovranisti del nord sono contro i sovranisti del sud, quelli dell’est sono contro quelli dell’ovest. Sono tutti sovranisti a modo loro, quindi non possono essere una forza europea strategica. Popolari e socialisti, invece, hanno ancora questa dimensione.
Potrebbe essere il voto europeo, oltre al fattore economico, a mettere in crisi l’Esecutivo giallo- verde?
Certamente le urne di maggio potrebbero riservare delle sorprese. Le riporto l’opinione di un sondaggista, che condivido: la Lega non farà una performance strabiliante, attestandosi tra il 22 e il 25%; i 5 Stelle, invece, andranno sotto il 20%. Se così fosse, il governo non potrebbe che trarne le conseguenze.