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Piero Grasso non funziona, non buca il video. E anche se formalmente rimane lui il leader di Liberi e Uguali, i colonnelli della sinistra antirenziana provano a correre ai ripari per raddrizzare una campagna elettorale soporifera. La soluzione? Ostentare la storia professionale del presidente del Senato in ogni dibattito pubblico ma ridurre al minimo indispensabile i suoi interventi televisivi. La decisione è arrivata ieri mattina, dopo che Speranza, Fratoianni e Civati ( i tre “cofondatori”) hanno rimproverato al frontman della lista un approccio troppo “soft” alla campagna elettorale nel corso di una riunione. Massimo D’Alema, del resto, l’aveva intuito subito: Grasso non ha il physique du rôle per fare il leader di un partito di sinistra. Non basta essere stato un «ragazzo di sinistra», per far politica servono altre doti e un’altra formazione. Invece l’ex pm, complice la defezione di Pisapia, si è ritrovato a guidare la lista “scissionista” grazie a uno sponsor pesante come Pierluigi Bersani, lo stesso ex segretario del Pd che nel 2013 lo fece salire sullo scranno più alto di Palazzo Madama. Ma adesso, a poche settimane dal vo- to, quasi tutti i “soci” di Leu sembrano persuasi: Grasso non fa guadagnare nuovi consensi.
La svolta è arrivata martedì sera, dopo il faccia a faccia di Laura Boldrini con Matteo Salvini a “Otto e mezzo”. La scelta di opporre a un leader politico la presidente della Camera è risultata vincente. Ritmo, contenuti e competenza hanno messo in luce l’appeal boldriniano e offuscato, irrimediabilmente, il fascino discreto del capo della lista.
Migranti, odio sul web, riduzione dei costi della politica, parità di genere. Su ogni argomento toccato in diretta Baldrini è riuscita a mettere in difficoltà il suo interlocutore, superando anche le diffidenze interne al suo mondo, che fino a poco tempo fa la considerava una sorta di “residuo” pisapiano rimasto quasi per caso nel campo antirenziano. «I migranti sono la gallina dalle uova d’oro di Salvini, senza di loro la sua carriera politica su cosa si sarebbe basata?», colpisce in maniera mirata la presidente della Camera che incassa pure le scuse del leader del Carroccio per averla accostata a una bambola gonfiabile durante un comizio. «Chieda a Maroni, si informi. Volete farli tornare nei loro Paesi, ma come? Ce lo dica. La Bossi- Fini è la legge vigente, prevede il reato di clandestinità e non è servito a niente. Il centrodestra ha invece sanato un milione di irregolari perché non riuscivate a rimandarli indietro», incalza. Traini? «Lei non si è accorto che questo signore covava odio, come fa a garantire la sicurezza quando non garantisce nemmeno i suoi?». E mentre il segretario della Lega prova a controbattere, accusando Boldrini di non aver fatto nulla, da presidente della Camera, per impedire l’arrivo di «clandestini» e «l’ennesimo svuotacarceri», l’esponente di Leu risponde: «Salvini non ha i rudimenti per capire che io sono all’opposizione e non al governo. Io sono presidente della Camera e sono una figura terza. Gli manca l’Abc».
I compagni di partito che la guardano da casa non possono crederci: finalmente un tocco di brio a una campagna elettorale finora sottotono. Leu è riuscita a dire la sua in una delle trasmissioni televisive più seguite nella fascia preserale. Un colpo mortale per la leadership composta di Piero Grasso. Boldrini annusa l’aria e intuisce che gli equilibri interni stanno cambiando e si lancia a capofitto nell’agone da protagonista. E dopo aver sfidato Salvini, ieri ha iniziato a sferzare con più decisione i grillini, sfidandoli sul loro terreno più caro, ora trasformato in un nervo scoperto: i costi della politica. «Se i 5 stelle si fossero tagliati lo stipendio del 30 per cento, come ho fatto io all’inizio di questa legislatura, avrebbero fatto risparmiare lo Stato risolvendo il problema alla radice. E nessuno avrebbe potuto fare il furbetto».
Per capire se l’inversione di rotta è avvenuta in tempo bisognerà aspettare il prossimo sondaggio. Ma il solo ridimensionamento di Grasso strappa a D’Alema un sorrisetto sotto i baffi.