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L’ identikit tracciato l’altro ieri porta ad Antonio Tajani. Ma in caso di vittoria del centrodestra Silvio Berlusconi il nome del suo candidato potrebbe anche farlo dopo l’esito elettorale. E questo, non solo per evidente rispetto dell’Europarlamento, l’unica istituzione eletta nella Ue, che, sempre se sarà lui il candidato, Tajani presiede. Ma, dicono dentro Forza Italia, anche perché questo sarebbe soprattutto un gesto di attenzione nei confronti del capo dello Stato, da parte di un Berlusconi sempre più intenzionato a mantenere quel profilo istituzionale, per il quale la “benedizione” dei vertici del Ppe è stata un decisivo viatico. Dopo la rottura del patto del Nazareno col segretario del Pd, proprio sull’elezione di Sergio Mattarella, ma «non sul nome, solo sulle modalità usate da Renzi» ( ha sempre specificato Berlusconi), il Cav tiene molto al buon rapporto costruito con il presidente della Repubblica. Che comunque avrà un ruolo determinante, tanto più se non venisse fuori un vero vincitore della urne. Ma Berlusconi, come ricordano i suoi, ha sempre ritenuto decisivi gli ultimi quindici giorni delle campagne elettorali. E quindi ora l’obiettivo è la conquista di quella fetta di indecisi che potrebbe fare la differenza, soprattutto al Sud, e riuscire a portare FI almeno al 20 per cento, distanziando così sempre più la Lega. E quindi se Tajani continua a corrispondere all’identikit del candidato, c’è chi tra gli azzurri fa notare che qualsiasi governo di centrodestra o di larghe intese, se alla fine questo dovesse essere l’approdo, non potrà fare a meno di Gianni Letta, «tanto più ora che Berlusconi non vi potrebbe ancora far parte». Si sottolinea tra i berlusconiani doc: «Letta non poteva non esserci prima con Berlusconi premier, figuriamoci ora che non è ancora arrivato il verdetto di Strasburgo». Il braccio destro e gran diplomatico del Cav viene visto sempre in un ruolo di sottosegretario alla presidenza del Consiglio o anche in quello di vicepremier, a seconda di chi sarà alla guida di Palazzo Chigi. Ma intanto, nel centrodestra bisognerà vedere di quanto Forza Italia distanzierà la Lega.
Salvini sta facendo una campagna elettorale tutta all’attacco, nel suo progetto di sfondamento al Sud, con l’obiettivo di fare della Lega un partito nazionale, di cui è candidato premier. Ieri non a caso il leader leghista in tour a Campobasso ha messo una pietra tombale sulla secessione: «Mai più secessione, specie nel 2018, siamo autonomisti e federalisti». Progetto nazionale certo, ma anche parole che parlano ai cosiddetti “moderati” anche se è termine che Salvini vede come fumo negli occhi. Il leader leghista vede il centrodestra a un passo dalla vittoria: «È sopra al centrosinistra e ai Cinque Stelle di 10 punti, manca solo una manciata di voti. Se la Lega avrà un voto in più io sarò il premier». Ma sembra usare termini meno barricaderi di prima. Non alza paletti contro Tajani, ad esempio, ma si limita a dare atto a Berlusconi di fare il suo mestiere e però a rivendicare il suo di aspirante premier: «Berlusconi fa bene a pensare a qualcuno, ma i patti sono chiari, chi ha un voto in più dentro la coalizione indica il premier». Salvini suona la carica: «Tornerò da presidente del Consiglio». Assicura: «La Lega non tradirà mai gli elettori, mai al governo con qualcuno che non è di centrodestra». Ma i toni seppur sempre netti sulla Ue si fanno un po’ meno ultimativi: «Se le regole europee aiutano le nostre famiglie e i nostri lavoratori siamo ben contenti di rispettarle, altrimenti vengono rimesse in discussione l’una dopo l’altra». E qui Salvini potrebbe trovare la sintesi con un Tajani che ha sempre rimarcato la necessità di riformare i meccanismi della burocrazia europea. Sembra che il leader leghista, cresciuto alla scuola bossiana della Lega di lotta e di governo, stia ben attento a non essere tagliato fuori dai giochi del centrodestra. Salvini dà buca a Renzi che dava per acquisito un confronto a Porta a Porta, la prossima settimana «preferisco stare tra la gente, ho un comizio a Bologna», si nega a Fabio Fazio, «mi sta sulle palle, sì, dico letteralmente così». Ma Fazio replica che era stato già concordato con la coalizione che domani andrà a Che tempo che fa Berlusconi. Che intanto continua ad essere visto al centro di ogni scenario post- voto.