Chiudere l’Ilva avrebbe lo stesso effetto di una condanna a morte per l’industria italiana. E tirare in ballo il ' bacino della Ruhr' come esempio da emulare, così come ha fatto Beppe Grillo, è una proposta «che non sta in piedi». Parola di Marco Bentivogli, segretario della Fim Cisl, che richiama la politica alla realtà. «Il contratto di governo sull’Ilva ci preoccupa. La campagna elettorale è finita - racconta al Dubbio -, è ora di sederci ad un tavolo e discutere seriamente su uno degli assets industriali più importanti del paese».

Grillo ha parlato di riconversione dell’Ilva, mentre Di Maio ha frenato. Come commenta queste posizioni? Ognuno dovrebbe parlare delle cose che conosce. È vero che alcuni ormai hanno l’illusione di “laurearsi su Facebook”, ma Beppe Grillo esperto di siderurgia speravamo di poterne fare a meno. Le parole di ieri non meriterebbero commenti se non ci fossero in ballo 20mila posti di lavoro e la sorte dell’industria siderurgica italiana. Quanto fatto nella Ruhr è un esempio eccellente di bonifica e risanamento ambientale in un’area industriale mineraria, ma è solo una faccia della medaglia. Grillo non spiega che la Germania non ha dismesso la produzione dell’acciaio nel suo paese ma ha investito in maniera massiccia nell’industria siderurgica, spina dorsale del sistema industriale europeo: il 39,7 per cento della produzione di acciaio grezzo arriva dalla Germania - primo produttore d’acciaio, con grande utilizzo del ciclo integrale, lo stesso di Taranto - a fronte di un 20,5 per cento prodotto dall’Italia. Gli esempi prodotti da Grillo non stanno in piedi. Innanzitutto il Parco attorno al fiume Emsher della Ruhr ha dimensioni notevolmente ridotte rispetto al sito siderurgico di Taranto. Il progetto ha poi coinvolto un’area molto maggiore, dove sono nati servizi e nuova occupazione. La riconversione ha funzionato perché ha coinvolto anche le aree circostanti ad altissima industrializzazione, per cui nel parco e in altre aree della Ruhr sono progressivamente nati servizi offerti alle regioni limitrofe, assai industrializzate e ricchissime. A quali aree industrializzate limitrofe potrebbe offrire eventuali servizi Taranto? Infine, mentre si chiudeva la Ruhr i tedeschi non farneticavano fantasie benaltriste, ma intensificavano la produzione siderurgica a Duisburg, ampliando l’indotto e dando lavoro ai servizi nati nel parco stesso e nel bacino della Ruhr. Vi sembra paragonabile con Taran- to? E i posti di lavoro perduti dopo la chiusura di miniere e fabbriche sono stati recuperati dopo 50 anni. Questo sport in cui non si condivide ma, neanche da lontano, il destino dei lavoratori deve finire. Ci aspettiamo dal ministro Di Maio ragionevolezza e buon senso, i lavoratori e le loro famiglie meritano rispetto e soluzioni all’altezza per la tutela dell’ambiente e della salute.

La preoccupa questo governo M5s- Lega? Non siamo abituati a giudicare i governi in base al colore né ad esprimere giudizi affrettati ma, è chiaro, che su Ilva quanto scritto alla pagina 13 del “contratto di governo” ci preoccupa. Si alternano quotidianamente conferme e smentite a seconda del contesto. Siamo abituati a lottare e negoziare con tutti i governi, la nostra impostazione, che fa riferimento sempre al merito, non cambierà di un millimetro. I lavoratori chiedono a noi di impedire la chiusura dell’impianto. Ricordo al ministro che Bagnoli fu chiusa nel 1988, smantellata e spedita in Cina e al suo posto è rimasto un deserto di rifiuti tossici e disoccupazione, terreno fertile non per l’economia sostenibile ma per la Camorra. La Puglia ha la disoccupazione doppia rispetto alla media europea, senza l’Ilva la situazione sarebbe devastante, bloccando, peraltro, i lavori di ambientalizzazione.

Qual è la posta in gioco? È altissima. Dobbiamo dimostrare che è possibile, come avviene nel resto d’Europa, far conciliare la produzione di acciaio con la salute e l’ambiente. Solo così potremmo rimanere tra i paesi avanzati. L’Ilva rappresenta il perno della nostra sovranità industriale. È necessario che per tutti i lavoratori ci sia una soluzione lavorativa e la garanzia che alla fine del piano nessuno resti indietro. Dalla fine del mese, se non va in porto la cessione e non si rifinanzia l’amministrazione straordinaria, toccheremo con mano cosa significa chiudere il più grande siderurgico europeo.

Come valuta il lavoro fatto con Calenda? Si era avviato un percorso allo scopo di tracciare le linee guida su cui provare a costruire l’intesa. Alcuni aspetti rispondevano già alle nostre richieste, come ad esempio la possibilità di incentivi all’esodo volontario, la tutela dei diritti già in essere e la salvaguardia del salario. Siamo stati gli unici a rimanere al tavolo, invitando le altre organizzazioni, il ministro e l’azienda a proseguire la trattativa. Non bisognava gettare la spugna. L’approccio del ministro è stato costruttivo e molto concreto improntato da grande lealtà. Mi auguro che con Di Maio si riesca a collaborare altrettanto. Il lavoro è un bene troppo importante per continuare ad essere sacrificato nelle diatribe politiche.

Qual è l’attuale situazione? La gestione commissariale si sta dimostrando incapace: attualmente si perdono circa 30 milioni di euro al mese, diminuisce la sicurezza e la manutenzione, le aziende vengono pagate in ritardo e vantano crediti verso la gestione. Manca una visione industriale, per cui le commesse scarseggiano e i la-vora-tori pagano con la cassa integrazione queste mancanze. La produzione dello stabilimento, che può superare i 10 milioni di tonnellate annue, ora è a 4,7 milioni. Sotto gli 8 milioni le economie di scala del sito non si raggiungono e si perde.

Il M5s in campagna elettorale ha parlato spesso di chiusura. Cosa significherebbe? La campagna elettorale è finita, governare richiede un bagno nella realtà e nei fatti. Chiudere l’Ilva significherebbe perdere 20mila posti di lavoro e avviare Taranto ad una Bagnoli 2, lasciando disoccupazione e inquinamento. Il 5 dicembre del 2012 Grillo con un post sul suo blog parlava di risanare gli impianti, riprendere la produzione di acciaio e far sostenere le spese mediche per le persone e le famiglie ammalate all’azienda. Nella trattativa con Arcelor- Mittal stiamo discutendo e affrontando questi temi. Si può decarbonizzare, ma serve tanto gas e a prezzi competitivi e chi lo propone non può bloccare la Tap come ha tentato di fare il governatore Emiliano in modo piuttosto maldestro.

L’idea di Di Maio di risolvere le crisi con il reddito di cittadinanza come le sembra Intanto, considero un errore invitare i parlamentari locali nei negoziati per le vertenze. Si negozia tra le parti che rappresentano lavoratori e impresa e tra coloro che firmano le intese. I parlamentari hanno da fare un buon lavoro in Parlamento, costruendo buon leggi che tutelino meglio i lavoratori, prevengano le crisi, migliorino l’habitat, piuttosto sfavorevole alla creazione d’impresa in Italia. Pensare ad un reddito di sostegno per le persone come abbiamo proposto e ottenuto come Cgil, Cisl e Uil nell’Alleanza contro la povertà con il Rei è importante e va rafforzato. Ma il lavoro resta centrale.

Qual è la vera riforma del lavoro da affrontare secondo lei? Semplificare, pensare a come tutelare tutto il nuovo lavoro che non è né autonomo né dipendente, con regole e contratti completamente nuovi. Bisogna puntare sulla formazione e su una politica che guardi ai megatrend oltre i 30 anni. La progettazione di nuove e inclusive architetture sociali, industriali e tecnologiche sono un bel terreno in cui giocare la nuova buona politica. Speriamo lo capiscano.