Otto proposte di legge sul tavolo, quarant’anni di tentativi, e almeno due richiami della Corte Costituzionale al Parlamento. La parabola eterna del fine vita in Italia approderà all’ennesimo snodo a settembre, quando insieme ai lavori inizieranno anche le audizioni a Palazzo Madama sul ddl a prima firma Alfredo Bazoli.

La proposta del capogruppo Pd in commissione Giustizia mira a normare il suicidio assistito riprendendo integralmente il testo unificato approvato in prima lettura a Montecitorio nella passata legislatura. E sarà la prima ad essere esaminata, in virtù delle firme di un terzo dei senatori raccolte: la calendarizzazione in aula è prevista il 17 settembre. Il testo, rilanciato identico alla Camera dalla dem Debora Serracchiani e da Enrico Costa di Azione, è frutto di un compromesso tra i partiti dell’allora maggioranza (escluse Lega e Forza Italia) e ricalca le indicazioni contenute nella sentenza 242 del 2019 sul caso Fabo/Cappato, con la quale la Corte costituzionale aveva in parte legalizzato la pratica del suicidio assistito stabilendo quattro requisiti di accesso. Il più delicato riguarda il nodo dei “trattamenti di sostegno vitale”, sulla quale la Consulta è tornata a pronunciarsi a luglio.

Gli altri tre prevedono che la richiesta arrivi da un malato affetto da una patologia irreversibile, che sia capace di autodeterminarsi e che reputi le proprie sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili. Il M5S, con il testo a firma Gilda Sportiello e Giuseppe Conte alla Camera e Elisa Pirro al Senato, prova ad andare oltre il “tracciato” della Consulta prevedendo, oltre alla disciplina sul suicidio assistito, anche una regolamentazione sull’eutanasia. Nella stessa direzione va la proposta di legge presentata dal segretario di Più Europa Riccardo Magi, che esclude il necessario coinvolgimento in un percorso di cure palliative, e ai “trattamenti sanitari di sostegno vitale” aggiunge quelli “farmacologici la cui interruzione provocherebbe il decesso del paziente”.

Prevedono l’eutanasia, oltre al suicidio assistito, anche le proposte depositate da Avs alla Camera (a prima firma Zanella) e al Senato (a prima firma De Cristofaro), che puntano a estendere la non punibilità stabilità dalla Corte costituzionale per chi sostiene i percorsi di fine vita con la modifica dell’articolo 580 del codice penale (istigazione o aiuto al suicidio). All’indomani della bocciatura della proposta di legge popolare in Veneto, fortemente voluta da Luca Zaia, Zanella ha depositato anche un testo identico a quello nato dalla raccolta firme dell’Associazione Luca Coscioni.

Insomma, le proposte non mancano. In un momento in cui arriva anche un tiepido segnale da parte della Chiesa con le parole di monsignor Vincenzo Paglia, che nel Piccolo lessico del fine vita apre a uno «spazio per la ricerca di mediazioni sul piano legislativo». Il rischio, però, è che i ddl sul tavolo siano tutti già “vecchi”, alla luce della nuova pronuncia della Consulta. La quale ha confermato i requisiti di accesso al suicidio assistito, tra cui il sostegno vitale, estendendone però l’interpretazione. E richiamando ancora una volta il legislatore ad occuparsene. La prima volta ci provò nel 1984 Loris Fortuna, deputato socialista e “papà” della legge sul divorzio. Sarà questa, la volta buona?