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Età: 74 anni. Pena da scontare: 3 anni e 2 mesi. Reato per il quale è stata emessa la condanna: corruzione in atti giudiziari. Seppure in modo non perfettamente sovrapponibile, i dati appena messi in fila richiamano casi come quello di Roberto Formigoni. O di altri condannati con sentenza definitiva che, con l’entrata in vigore della legge spazzacorrotti, hanno visto improvvisamente dissolversi la possibilità di accedere a misure alternative al carcere. Stavolta il condannato in questione è un avvocato: si tratta di Marco Siniscalco, professionista molto conosciuto a Salerno, città in cui è stato anche consigliere comunale. È in carcere da oltre un mese e mezzo. Anche se ha 74 anni. L’ultima riforma anticorruzione ha precluso infatti anche agli ultrasettantenni la possibilità di accedere alle misure alternative al carcere. Così come Formigoni a maggior ragione dopo l’esito dell’incidente di esecuzione dovrà attendere in una cella a Bollate di essere ascoltato dal giudice di sorveglianza per convincerlo del proprio “pentimento”, così l’avvocato Siniscalco è ora recluso nel penitenziario salernitano di Fuorni e potrebbe doverci restare almeno per qualche mese, in attesa che la sua istanza di concessione dei domiciliari sia valutata dal Tribunale, anche in base a sue eventuali professioni di ravvedimento morale. È l’ennesima beffa provocata dall’ultima legge sulla corruzione, voluta fortemente dalla maggioranza e in particolare dal Movimento cinquestelle. La vicenda di Siniscalco è esemplare e ha scosso l’avvocatura salernitana. Il caso dell’anziano collega, finito in galera per gli effetti retroattivi delle nuove norme, è oggetto di discussione nei palazzi di giustizia e sui social network.Soprattutto considerato che quando a giugno scorso la condanna del professionista campano era divenuta definitiva, non sussistevano dubbi sulla possibilità di ottenere la misura alternativa alla detenzione inframuraria. «La pronuncia con cui la Cassazione aveva detto l’ultima parola sulla vicenda processuale di Siniscalco risale al giugno dell’anno scorso, e inizialmente la Procura generale competente, quella di Napoli, aveva emesso un ordine di esecuzione sospeso, in cui era lasciata al condannato la possibilità di chiedere la misura alternativa», spiega il penalista Francesco Dustin Grancagnolo, che ha assunto la difesa del collega 74enne insieme con il professor Gustavo Pansini. «La detenzione domiciliare sarebbe stata senz’altro concessa, considerata l’età anagrafica. Poi è avvenuto quello che si verifica ormai in molti uffici giudiziari italiani da quando, lo scorso 31 gennaio, è entrata in vigore la legge spazzacorrotti: dal momento che il Tribunale di sorveglianza non si era ancora pronunciato sulla richiesta di misura alternativa, la stessa Procura generale ha revocato il precedente ordine di esecuzione e ne ha emesso uno nuovo che non consente di chiederla.Sappiamo che lo scorso 20 marzo la Cassazione ha emesso una sentenza, la 12541, in cui riconosce la possibile illegittimità costituzionale delle nuove norme sull’esecuzione delle condanne per reati contro la pubblica amministrazione. Pochi giorni prima, insieme con il professor Pansini ci eravamo mossi esattamente in quella direzione, con un incidente di esecuzione nell’ambito del quale porremo appunto la questione di costituzionalità: la spazzacorrotti non dovrebbe potersi applicare in forma retroattiva, vale a dire per reati commessi molti anni prima della sua entrata in vigore». Come suggerisce, appunto, anche la Suprema corte,