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Esterno del Palazzo della Consulta
Via libera della Cassazione al quesito referendario sulla abrogazione totale della legge per l'autonomia differenziata. Come spiegato in una nota ufficiale di Piazza Cavour: «Si comunica che l’Ufficio Centrale per il Referendum presso la Corte di cassazione, con un’unica ordinanza, depositata il 12 dicembre 2024: ha dichiarato conformi a legge le richieste di referendum relative all’abrogazione totale della legge n. 86 del 2024 sull’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato non conforme a legge la richiesta di referendum relativa all’abrogazione parziale della stessa legge n. 86 del 2024». Pertanto gli ermellini hanno ritenuto legittimo il quesito proposto dai comitati per la richiesta di soppressione totale della cosiddetta legge del regionalismo targato Calderoli, non quello sull’abrogazione parziale.
L’ordinanza di ieri di piazza Cavour fa seguito al pronunciamento della Corte Costituzionale dello scorso 14 novembre che aveva considerato “illegittime” sette specifiche disposizioni della legge, ritenendo però non fondata la questione di costituzionalità dell’intera legge sull’autonomia differenziata delle regioni ordinarie. I giudici della Cassazione hanno dunque esaminato in queste settimane regolarità e legittimità del quesito alla luce delle motivazioni della Consulta. Nelle 30 pagine dell’ordinanza si legge, tra l’altro, che «il quesito di abrogazione totale deve avere corso pur dopo la pronuncia numero 192/ 2024 della Corte Costituzionale».
La Cassazione era chiamata a pronunciarsi su due quesiti, uno appunto di abrogazione totale e l’altro di abrogazione parziale. Il primo è passato perché la legge è ancora vigente, nonostante il pesante intervento deolitorio dei giudici della Consulta. Il secondo, portato avanti sia con iniziativa popolare mediante la raccolta di oltre 500mila di elettori, sia con la richiesta avanzata da cinque Consigli regionali (Campania, Emilia Romagna, Puglia, Sardegna e Toscana), è stato giudicato al contrario superato dopo le osservazioni dei giudici costituzionali.
Lo scorso 3 dicembre vi era stata già una pronuncia interlocutoria della Cassazione nella quale aveva disposto l’unificazione dei quesiti relativi all’abrogazione totale, aveva proposto le denominazioni per i quesiti, ed aveva assegnato ai soggetti promotori la possibilità di inviare entro il 9 dicembre delle osservazioni. La parola definitiva torna ora alla Corte Costituzionale che si riunirà entro il 20 gennaio 2025 per stabilirne l’ammissibilità totale. Il referendum, qualora fosse confermato, essendo abrogativo richiederà il raggiungimento del quorum.
Il nuovo giudizio di Piazza del Quirinale dovrà tenere adesso conto anche del legame tra la legge sull’autonomia e la legge di bilancio: essendo la prima formalmente legata alla seconda, per alcuni giuristi sarebbe coperta dalla “non referendabilità” prevista per essa dall’articolo 75, comma 2 della Costituzione (“Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali”). Ma, secondo i sostenitori del referendum, tale ipotesi è puramente strumentale. Quella sull’autonomia infatti è una legge «priva di qualunque contenuto finanziario e si occupa solo della proceduralizzazione delle intese tra Stato e Regioni e dunque è difficile che si possa considerare alla stregua delle leggi tributarie e di bilancio, su cui la Costituzione vieta i referendum», ha spiegato Carmelo Palma su Public Policy. Ha aggiunto in una nota l’ex parlamentare di Forza Italia, Peppino Calderisi, noto per la sua competenza in materia di sistemi elettorali e per aver partecipato all'elaborazione dei più importanti quesiti referendari radicali: «La legge n. 86/ 2024 non è certamente una legge costituzionalmente necessaria ( perché essa non prevista dalla Costituzione e perché le intese per la devoluzione potrebbero essere realizzare con leggi ad hoc) e certamente non basta il collegamento solo formale con la legge di bilancio per dichiararne l’inammissibilità. Ma secondo la giurisprudenza costituzionale, il quesito referendario deve anche avere il requisito della chiarezza, semplicità e non contraddittorietà, per essere intellegibile e non coartare la libertà di voto dell’elettore».
«Prendo atto di quello che è stato detto dai giornali, quando avremo l'ordinanza si potrà commentare. È un ulteriore passo avanti in vista del referendum, ora c'è lo scalino più arduo della valutazione di ammissibilità della Corte costituzionale», ha commentato invece a Lapresse Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Consulta e presidente del Comitato promotore del referendum contro l'Autonomia differenziata.