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Il ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli durante il Question time alla Camera dei deputati a Roma, Mercoledì, 10 Luglio 2024 (Foto Roberto Monaldo / LaPresse) Minister for Regional affairs Roberto Calderoli during Question time in the Chamber of deputies in Rome, Wednesday, July 10, 2024 (Photo by Roberto Monaldo / LaPresse)
Il ddl Calderoli sull'Autonomia differenziata non è da considerarsi incostituzionale in toto, ma presenta diverse criticità che ne rendono illegittime ampie parti, che pertanto dovranno essere rivedute dal Parlamento. È quanto anticipato da una nota della Consulta, che rimanda al prossimo deposito della sentenza, ma che nel frattempo fissa dei paletti, e non di poco conto, rispetto ai ricorsi presentati nei mesi scorsi da Puglia, Toscana, Sardegna e Campania e dai controricorsi di Lombardia, Piemonte e Veneto, che invece sostenevano il testo del governo.
Il primo rilievo dei giudici costituzionali è di ordine generale: si premette infatti che «la distribuzione delle funzioni legislative e amministrative tra i diversi livelli territoriali di governo debba avvenire in funzione del bene comune della società e della tutela dei diritti garantiti dalla nostra Costituzione. A tal fine, è il principio costituzionale di sussidiarietà che regola la distribuzione delle funzioni tra Stato e regioni».
Premesso questo, la Corte osserva di aver riscontrato l’incostituzionalità di alcuni profili. Il primo è che «la devoluzione debba riguardare specifiche funzioni legislative e amministrative e debba essere giustificata, in relazione alla singola regione, alla luce del richiamato principio di sussidiarietà», ma la maggior parte dei rilievi dei giudici costituzionali si concentrano sulla definizione dei Lep (i Livelli Essenziali di Prestazione), punto su cui, tra l'altro, si sta concentrando la polemica politica.
Per la Consulta i Lep non possono essere stabiliti dal governo attraverso una delega ricevuta dal Parlamento «con la conseguenza che la decisione sostanziale viene rimessa nelle mani del Governo, limitando il ruolo costituzionale del Parlamento». Inoltre, non va bene «la previsione che sia un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (dPCm) a determinare l’aggiornamento dei LEP; il ricorso alla procedura prevista dalla legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio per il 2023) per la determinazione dei LEP con dPCm, sino all’entrata in vigore dei decreti legislativi previsti dalla stessa legge per definire i LEP; la possibilità di modificare, con decreto interministeriale, le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali, prevista per finanziare le funzioni trasferite, in caso di scostamento tra il fabbisogno di spesa e l’andamento dello stesso gettito».
In sostanza, «l’iniziativa legislativa relativa alla legge di differenziazione non va intesa come riservata unicamente al Governo; la legge di differenziazione non è di mera approvazione dell’intesa (“prendere o lasciare”) ma implica il potere di emendamento delle Camere». In tal caso, prosegue la nota della Consulta, «l’intesa potrà essere eventualmente rinegoziata; la limitazione della necessità di predeterminare i LEP ad alcune materie (distinzione tra “materie LEP” e “materie-no LEP”) va intesa nel senso che, se il legislatore qualifica una materia come “no-LEP”, i relativi trasferimenti non potranno riguardare funzioni che attengono a prestazioni concernenti i diritti civili e sociali; l’individuazione, tramite compartecipazioni al gettito di tributi erariali, delle risorse destinate alle funzioni trasferite dovrà avvenire non sulla base della spesa storica, bensì prendendo a riferimento costi e fabbisogni standard e criteri di efficienza, liberando risorse da mantenere in capo allo Stato per la copertura delle spese che, nonostante la devoluzione, restano comunque a carico dello stesso».
«Spetta al Parlamento», concludono i giudici costituzionali, «nell’esercizio della sua discrezionalità, colmare i vuoti derivanti dall’accoglimento di alcune delle questioni sollevate dalle ricorrenti, nel rispetto dei principi costituzionali, in modo da assicurare la piena funzionalità della legge».
Le prime reazioni politiche sono giunte dal fronte delle opposizioni, che hanno cantato vittoria: per il Pd si tratta di «un’altra sconfitta del governo» e la legge Calderoli è stata «colpita e affondata», mentre per il leader del M5s Giuseppe Conte è un «importante stop». Italia Viva torna alla carica col referendum “per cancellarla», ma nel perimetro della maggioranza le valutazioni sono, prevedibilmente, opposte: per il governatore del Veneto Luca Zaia «la Corte Costituzionale ha confermato la legittimità della legge sull'autonomia differenziata, sancendo ancora una volta che il nostro percorso è in linea con la Costituzione. È una conferma importante e rappresenta un passaggio storico per il Veneto e per tutto il Paese».
Dentro Forza Italia, rilevanti sono le parole del presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, voce critica del centrodestra, soddisfatto del pronunciamento dei giudici: «Avevo suggerito al governo un surplus di riflessione e una moratoria sull'autonomia differenziata. Oggi la moratoria, con molta più autorevolezza del sottoscritto, la impone la Corte Costituzionale».