Da Luigi di Maio a Lucia Azzolina: chi ha abbandonato la casa dei 5 Stelle ora dovrà saldare il conto. O meglio, dovrà versare quasi l'intero importo previsto dal trattamento di fine mandato: una somma di circa 45mila euro che i parlamentari ricevono dopo aver perso lo scranno. E di cui la pattuglia dei fuoriusciti dal Movimento potrà trattenere solo una parte: 15mila per sé, e gli altri 30mila al partito. A riportare la notizia è la
Repubblica, secondo la quale il leader dei pentastellati Giuseppe Conte starebbe preparando un nuovo regolamento sul trattamento economico degli eletti e sul tfr degli ex parlamentari, con una specifica clausola per i deputati e i senatori che non sono più iscritti al Movimento. Tutti coloro, in sostanza, che la scorsa estate hanno deciso di seguire l'ex ministro degli Esteri
dopo il divorzio con Conte. Discorso a parte invece per chi è uscito dal Palazzo ma risulta ancora iscritto al Movimento. Per i big esclusi dalla tagliola del doppio mandato - come Vito Crimi, Paola Taverna e Roberto Fico - il conto sarà decisamente meno salato: circa il 20% dell'assegno di fine mandato.
M5S, per i parlamentari uscenti sconto dell'80% sul tfr
L'ipotesi di "scontare" di ben l'80% la restituzione dell’assegno di fine mandato che, tra novembre e dicembre, i parlamentari uscenti del Movimento vedranno accreditato sul loro conto, sembra ormai concreta. Si tratta della liquidazione di circa 45mila euro per legislatura - dunque poco meno di 90mila euro per chi è saltato sulla tagliola del doppio mandato - che, per le regole del M5S volute agli albori da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, i deputati e senatori 5 Stelle dovrebbero rendere alla comunità. Come hanno fatto, all’epoca, Alessandro Di Battista ma anche il senatore Luigi Gaetti, solo per citarne alcuni. Tre legislature fa, quando il M5S approdò in Parlamento, il tesoretto del Tfr andava reso per intero. Poi Luigi Di Maio, da capo politico, intervenne sulla norma, "sforbiciando" la restituzione di un terzo: due terzi alla comunità, un terzo tenuto dai parlamentari come liquidazione. Di acqua sotto i ponti da allora ne è passata, e molti big grillini non hanno mandato già la mancata deroga alle regola dei due mandati. Complice anche questo fattore, molti - i più dei 46 uscenti - hanno puntato i piedi, convinti di non dare indietro nemmeno un euro. Ragion per cui, riferiscono autorevoli fonti all’Adnkronos, ai piani alti si sta ragionando su uno sconto «corposo, ovvero chiedere indietro il 20% della liquidazione spettante agli uscenti». Euro più euro meno, si tratterebbe di poco più di 8mila euro per singola legislatura al posto di 45mila. Il che, tuttavia, farebbe crollare un potenziale tesoretto teso anche a ridare ossigeno alle casse del Movimento, rilanciandone ad esempio l’azione politica sui territori: si passerebbe, infatti, da circa 4 milioni di euro a meno di 400mila. L’eventuale "sforbiciata" dovrebbe passare il vaglio del comitato di garanzia grillino, composto da Roberto Fico, Laura Bottici e Virginia Raggi. Poiché la regola che prevede di rendere la liquidazione di fine legislatura è messa nero su bianco sul codice etico del M5S, una delle stelle polari dell’associazione: «Ciascun parlamentare italiano, europeo e consigliere regionale eletto all’esito di una competizione elettorale si obbliga a rinunciare ad ogni trattamento pensionistico privilegiato e all’assegno di fine mandato, a doppie indennità e a doppi rimborsi», si legge. Per chi non renderà indietro la somma dovuta, sono previste sanzioni commutate dai probiviri del M5S, ovvero Danilo Toninelli, Fabiana Dadone e Barbara Floridia: due su tre, coinvolti in prima persona perché giunti ormai a fine corsa.