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Schlein e Conte
In una realtà allucinata nella quale gli Usa si possono ritrovare quasi alleati con la Russia di Putin contro l’Ucraina di Zelensky sembra quasi normale che il Pd italiano sfiori la rotta di collisione con il Pse. Però normale non è e i tentativi di ricucire lo strappo saranno serrati sino alla riunione dell’eurogruppo parlamentare Socialisti e Democratici, fissato per oggi a Bruxelles subito prima del Consiglio europeo straordinario.
La decisione di Elly Schlein di schierare il suo partito, o più precisamente la parte maggioritaria del suo partito, contro il ReArm Europe, il piano di riarmo proposto da Ursula von der Leyen, non deve essere stata affatto facile. Prima di spingersi così oltre la segretaria aveva parlato al telefono con il premier spagnolo Sanchez cercando una sponda che non è arrivata. Le delegazioni spagnola, francese e tedesca del Pse condividono in parte i suoi dubbi ma non al punto da schierarsi contro la proposta Ursula.
A convincere la leader del Pd è stato un calcolo pragmatico del tutto comprensibile. Appoggiare il ReArm quando i 5S e Avs lo avevano già non solo criticato ma bersagliato sparando a palle incatenate avrebbe significato rendere quasi impraticabile il solito “Campo”. Non che ci sia nulla di nuovo: i due partiti più vicini all’alleanza con il Pd hanno sempre votato contro l’invio delle armi. Non era immaginabile che prendessero una posizione diversa da quella drasticamente contraria che hanno assunto immediatamente. Quel che è diverso è il contesto. Fino a pochi giorni fa era ancora immaginabile, anche se sempre di meno, considerare la politica estera meno determinate di quella interna. In tutta evidenza non è più così e ritrovarsi su sponde opposte sul riarmo forse non avrebbe precluso del tutto ogni alleanza ma ci sarebbe andato molto vicino.
Il prezzo da pagare per evitare la nuclearizzazione del Campo, però, è una lacerazione senza precedenti nel partito. Il giorno dopo l’esplosione tutti cercano di minimizzare quel che non è minimizzabile. Paolo Gentiloni, che nel gruppo che non si riconosce nella scelta di Elly è forse il più autorevole, tiene a bada i toni, e dato il carattere non gli torna difficile: «È un dibattito che va avanti e in cui ognuno dà il suo contributo». Ma nella sostanza è drastico: «È un primo passo e chiaramente può essere migliorato. Però un conto è dire questo e un altro accusare la Ue di essere bellicista». Il riferimento è ai toni adoperati da Conte ma anche da Fratoianni e Bonelli.
Di segno opposto il commento di Dario Franceschini, già sponsor numero uno dell’outsider Schlein nella corsa alla segreteria: «Condivido le affermazioni di Schlein. Il piano va profondamente rivisto perché non porta alla difesa comune ma a 27 difese nazionali». Il pronunciamento di Franceschini è meno limpido di quanto non appaia. Nei giorni scorsi l’ex segretario aveva incontrato Gentiloni e i due avevano condiviso dubbi in quantità industriale sulla politica estera della segretaria, troppo sbilanciata sul versante M5S- Avs.
Franceschini con il suo appoggio aperto ha voluto evitare chiacchiere più o meno fantasiose sulla sua collocazione ma probabilmente anche indicare una strada possibile. Quella richiesta di «rivedere profondamente» il Piano apre almeno uno spiraglio a una futura mediazione. Lo stesso gruppo S&D parla del resto del ReArm come di «un punto di partenza, non un traguardo». Significa che i conti nel Pd e nel Pse, si faranno solo dopo il vertice di oggi, quando sarà più chiaro se e quanto il piano della presidente sia passibile di modifiche ma anche quanto spazio ci sia nel Pse per un riavvicinamento.
Il prezzo che rischia di pagare Schlein non è solo all’interno del suo partito dove nomi pesanti come Pina Picierno, Lia Quartapelle, e Alessandro Alfieri sono schierati su una linea opposta. Il guaio è persino più grave con i centristi, schierati senza esitazioni con Ursula. Anche senza vagheggiare improbabili alleanze strategiche di quei voti alle prossime elezioni Elly sa di averne bisogno e una rottura su un fronte che è ormai identitario come il riarmo europeo rischia di lasciarla invece a secco.
Anche per questo la segretaria sperava che il suo allineamento contro la proposta von der Leyen potesse convincere Conte a partecipare alla manifestazione del 15 marzo, quella proposta da Michele Serra e che ha ora cambiato radicalmente di significato. Rischia di figurare come manifestazione a favore del riarmo, nella quale a questo punto la presenza del Pd sarebbe a dir poco ambigua. La partecipazione dei 5S avrebbe sgombrato il campo da ogni possibile ambiguità ma, come era ovvio, per l’ “avvocato del popolo” nemmeno se ne parla.