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Federica Sciarelli, entrambi indagati per rivelazione del segreto d’ufficio nell’ambito della fuga di notizie sull’inchiesta Consip. All’origine dell’indagine, lo scoop del Fatto Quotidiano sull’iscrizione nel registro delle notizie di reato del generale del Carabinieri, Tullio del Sette e del ministro allo Sport, Luca Lotti, in una serie di articoli a firma Marco Lillo, tra il 21 e il 23 dicembre 2016.
Secondo la prima ipotesi degli inquirenti, a fornire le informazioni al giornalista del Fatto sarebbe stato proprio il pm partenopeo, titolare di un filone dell’inchiesta Consip, che avrebbe usato la giornalista Sciarelli come tramite e contatto con Marco Lillo. La circostanza era immediatamente stata negata sia dagli indagati che da Lillo, il quale aveva lasciato trasparire in alcuni articoli che la fonte sarebbe stata un legale napoletano.
Il procuratore Giuseppe Pignatone, l’aggiunto Paolo Ielo e il pm Mario Palazzi avrebbero, infine, ricevuto conferma della versione degli indagati dall’analisi dei loro tabulati telefonici e dei messaggi WhatsApp, riferiti anche a un altro indagato, Giampaolo Scafarto - il famigerato capitan riscrivo - che nella veste di ufficiale del Noe aveva condotto buona parte degli accertamenti su Consip.
Depennati i due principali indagati, però, il quesito rimane: chi è la talpa del Fatto Quotidiano, che ha rivelato alla stampa informazioni riservate e altamente compromettenti sulle posizioni processuali di due membri del cosiddetto “Giglio magico”, in un’inchiesta che - stando agli sviluppi recenti - doveva essere la «bomba» ( come avrebbero detto Scafarto e De Caprio alla procuratrice modenese titolare di un filone dell’inchiesta Consip) che minava la posizione dell’ex presidente del Consiglio, Matteo Renzi?
Le indagini non sono concluse e l’attenzione dei magistrati romani, oggi, sembra sia rivolta direttamente al maggiore del Noe Gianpaolo Scafarto, all’epoca titolare delle indagini, e ai suoi stretti collaboratori. La richiesta di archiviazione della posizione di Woodcock, di fatto, scagiona completamente il pm dalle ipotesi penali nei suoi confronti: la seconda contestazione di falso in concorso proprio con Scafarto in merito all’informativa prodotta dal Noe che implicava Tiziano Renzi, sulla supposta presenza dei servizi segreti durante l’attività investigativa di recupero dei “pizzini” nella spazzatura degli uffici romani dell’imprenditore Alfredo Romeo - era infatti stata archiviata in luglio, dopo l’interrogatorio.
Con la probabile chiusura del procedimento penale nei suoi confronti, rimane aperto a carico di Henry John Woodcock il procedimento disciplinare davanti alla Prima Commissione del Csm, per i fatti riconducivili alla gestione dell’inchiesta Consip.
La Procura di Roma ha fatto sapere di aver trasmesso per conoscenza al Csm la richiesta di archiviazione, che ha provocato immediate reazioni politiche. «Matteo Renzi si è accorto che la procura di Roma ha chiesto l’archiviazione sia di Henry John Woodcock, che della giornalista Rai Federica Sciarelli, dopo che gli stessi sono stati trattati dalla politica e in parte dalla stampa quasi come delinquenti?», attaccano in una nota i parlamentari del Movimento 5 Stelle, «Si è accorto che il pm di Modena Lucia Musti ha smentito pubblicamente di aver dichiarato quelle frasi al Csm (su Cpl Concordia e Consip a lei descritte come «due bombe» «per arrivare a Renzi» da parte di Scafarto e De Caprio ndr), frasi che, estrapolate dall’audizione e alterate strumentalmente, sono state utilizzate dallo stesso Renzi e da tutto il Pd per gridare ad un complotto a loro carico, che in realtà non è mai esistito?
Non ha nulla da commentare Renzi sul fatto che ad oggi restano, invece, indagati per rivelazione di segreto istruttorio, traffico illecito e favoreggiamento nell’inchiesta per mazzette ai danni dello Stato il ministro Luca Lotti, suo amico fraterno, suo padre Tiziano e il caro amico di famiglia Carlo Russo?». Un attacco diretto al segretario del Pd, dopo che la settimana scorsa il Csm aveva desecretato l’audizione della procuratrice Musti, provocando un piccolo scossone interno tra i vertici della magistratura e la Procura di Roma.
«Matteo Renzi abbia coraggio e senso istituzionale e racconti tutta la verità ai cittadini su Consip», è la conclusione dei 5 Stelle. Per ora, le uniche certezze portate dalla richiesta di archiviazione sono che, nonostante un’indagine sia stata avviata da qualche mese, ancora non si conosce la “gola profonda” che ha anticipato alla stampa delle indagini su Consip con le relative intercettazioni telefoniche, irrilevanti per l’inchiesta ma destabilizzanti per il clima politico del Paese.