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Matteo Salvini e Antonio Tajani (LaPresse)
L’allineamento dei pianeti, in questa fase di avvicinamento alle elezioni europee, è per Matteo Salvini decisamente sfavorevole. La settimana, che culminerà con l'annuncio della discesa in campo in prima persona della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, è iniziata con un'altra roboante vittoria politica del partito diretto concorrente per la piazza d'onore nel centrodestra.
Forza Italia ha infatti agevolmente riconfermato sulla poltrona di governatore della Basilicata Vito Bardi, agevolato certamente da una serie infinita di gaffe e di infortuni del centrosinistra, ma preziosissimo nella sua affermazione, per essere riuscito a far convergere su di sé l'appoggio delle due forze moderate del campo opposto, e cioè di Azione e di Italia Viva.
Esattamente ciò che Antonio Tajani (che la sua candidatura già l'ha ufficializzata) spera di fare a livello nazionale prima per le Europee poi per le prossime Politiche, rivendicando ogni volta che può la vocazione popolare della sua forza politica. Ma quello che aumenta ulteriormente il peso specifico della vittoria di Bardi e degli azzurri in Lucania è che, negli scorsi mesi, vi è stato un momento in cui il Carroccio aveva tentato di impedire che a Fi venisse concesso, da parte del vertice della coalizione, di avere due presidenti di Regione uscenti ricandidati, dopo essere stato costretto alla resa della Meloni in Sardegna, che aveva voluto il “suo” Paolo Truzzu al posto del salviniano Christian Solinas.
Anche in questo caso, l'alea della politica ha sorriso a Tajani, che con la vittoria imprevista della grillina Alessandra Todde ha assistito al mea culpa della premier e alla decisione di non toccare gli uscenti, che nella fattispecie erano Bardi e il piemontese Cirio, per il quale si voterà assieme alla consultazione europea.
Il ministro degli Esteri, col vento in poppa e un fresco mandato parlamentare, si è dunque candidato in tutte le circoscrizioni a parte le isole dove ha schierato un nome prestigioso come quello di Caterina Chinnici, senza ricevere nel perimetro del suo schieramento le critiche che, ad esempio, sta ricevendo la leader dem Elly Schlein per il fatto di fare una campagna elettorale da candidata, senza però andare a Bruxelles. Non solo: Tajani sa che il ferro va battuto finché è caldo e ha affidato all'ex- sindaco di Verona Flavio Tosi ( abilissimo come guastatore dei piani leghisti e meloniani, come visto a Verona quando di fatto ha agevolato la vittoria di Damiano Tommasi) la missione di puntare al voto dei leghisti delusi da Salvini. E pur nel suo stile pacato, ha già affermato in modo sibillino che il via libera definitivo all'Autonomia differenziata “potrebbe slittare” a dopo le Europee, ha piazzato gli ex- pezzi da 90 leghisti Marco Reguzzoni e Roberto Cota nel collegi del Nord, salvo aggiungere quasi beffardamente che la corrente di Tosi «è un'associazione che è nata per dare un segnale di attenzione al Nord» che però «non vuole rubare voti alla Lega». Un ex- dem antimafia al Sud, una pattuglia di ex-bossiani al Nord, l'alleanza coi centristi cattolici di Maurizio Lupi, il leader designato da Berlusconi e benedetto da Gianni Letta a fare da collante: lo schema di Forza Italia appare solido.
Di contro, Salvini sta cercando di creare - come si dice di questi tempi - un po' di hype per quello che dirà il 25 aprile alla presentazione del suo libro Controvento, ma la strada appare in salita, a partire dalla scelta della data. Oltre alle ovvie critiche giunte da sinistra, anche all'interno della Lega non mancano le perplessità per la decisione di non porre l'attenzione sulla Liberazione dal nazifascismo, elemento su cui la Lega bossiana aveva invece puntato fortemente.
Il tutto, mentre due dei ministri a lui riferibili, e cioè Giuseppe Valditara e Matteo Piantedosi, hanno già annunciato la partecipazione ad eventi istituzionali. In questo quadro, l'annuncio giovedì della candidatura del generale Vannacci appare una risposta fiacca alle manovre di Fi e FdI, soprattutto se si considera che si tratta di una scelta contestata da un pezzo importante dello stesso Carroccio e che sulla definizione dei collegi e delle liste la Lega è ancora indietro. Per questo molti addetti ai lavori sono pronti a scommettere che Salvini, nel corso dell'intervista a cui si sottoporrà a Milano, alzerà la posta sull'approvazione dell'Autonomia nei confronti dei suoi alleati, o comunque cercherà in qualche modo di riappropriarsi della scena, prima che i riflettori, il 28, tornino sulla Meloni.