Era il leghista più affabile, morbido, sornione e jazzy, con quell’aria da travet gentile, mai contrita, mai urlante, mai sopra le righe. Il contraltare borghese di Umberto Bossi con cui ha formato un tandem memorabile che ha fatto la storia della Seconda repubblica di cui, piaccia o no, sono entrambi padri nobili, dagli scantinati padani, alle sagre di paese, fino al parlamento e poi al governo dell’Italia sotto l’ala protettiva di Silvio Berlusconi.

Antropologicamente agli antipodi del “senatur”, Roberto, “Bobo” Maroni, che si è spento ieri nella sua casa di Lozza in provincia di Varese dopo una lunga malattia, sembrava un progressista americano, sempre in maniche di camicia e sorriso ottimista buono per ogni occasione; non a caso è salito alla ribalta nei primi anni 90 quando oltreoceano iniziava a brillare la stella di Bill Clinton e con l’ex presidente Usa condivideva la passione per il sassofono, suonato a tempo perso e con un discreto livello.

Uno spirito artistico e creativo che forse gli ha regalato quella leggerezza che si è portato dietro per tutta la carriera politica. Non dava mai l’impressione di essere arrabbiato, di avercela con qualcuno, sempre sereno e appagato, e mentre i vari Bossi, Borghgezio, Speroni, Gentilini facevano a gara a chi la sparava più grossa, Maroni gettava acqua sul fuoco, mitigava gli ardori e ti faceva pensare che se c’era uno come lui in fondo la Lega non poteva essere un partito estremista, che dietro la retorica razzistoide e separatista si annidava un’anima tranquilla e ragionevole, capace di stringere compromessi e, perché no, di governare. Se non fosse per le “cattive compagnie” si sarebbe detto quasi uno di sinistra o comunque un moderato capace di ascoltare gli altri e di cambiare pisizioni.

Sudi classici al liceo Ernesto Cairoli di Varese, un'esperienza come conduttore radiofonico in una radio libera, “Radio Varese” e una laurea in giurisprudenza, in gioventù Maroni non dedica troppo tempo alla politica, un interesse laterale. Almeno fino al 1979 l'anno dell'incontro con Umberto Bossi che gli cambierà la vita, i due si attraggono nonostante la diversità di carattere e poi si scoprono perfettamente complementari. Una coppia perfetta, il poliziotto rude e quello buono. Sono anni pionieristici di grande marginalità ma anche di grandi passioni. Nell’ 89 partecipa alla fondazione della Lega Nord, di cui ricopre dal 2002 l'incarico di coordinatore della segreteria politica federale presieduta dal segretario federale Bossi.

Il battesimo alla Camera dei deputati avviene nel 1992, dove è nominato dal partito presidente del gruppo parlamentare leghista. È stato ministro dell'Interno nei governi Berlusconi I e Berlusconi IV, diventando il primo politico esterno alla Democrazia Cristiana a ricoprire l'incarico nella storia repubblicana, poi ministro del lavoro e delle Politiche sociali nei governi Berlusconi II e Berlusconi III. Inoltre è stato presidente della Regione Lombardia dal 2013 al 2018, succedendo a Formigoni.

Negli ultimi anni, quando era rimasto defilato un po’ per le condizioni di salute un po’ perché forse nella Lega di Matteo Salvini non ci si ritrovava molto, si era anche cimentato anche con la scrittura, portando a termine un romanzo di fantapolitica, Il Viminale esploderà ( edito da Mursia) che narra le gesta di un giovanissimo ministro dell’interno che si trova alle prese con una terribile minaccia terroristica alla vigilia di un summit con i grandi del pianeta che deve ospitare in patria.

«Questa notte alle 4 il nostro caro Bobo ci ha lasciato. A chi gli chiedeva come stava, anche negli ultimi istanti, ha sempre risposto ' bene'. Eri così Bobo, un inguaribile ottimista. Sei stato un grande marito, padre e amico'. Con queste parole, postate su Instagram, la famiglia di Roberto Maroni ha annunciato la scomparsa dell'ex ministro dell'Interno. Nel post si legge una citazione di Emily Dickinson: ' Chi è amato non conosce morte, perché l'amore è immortalità, o meglio, è sostanza divina'. Ciao Bobo'.