«È l’inizio di un percorso». Da via Arenula arriva il sì ufficiale alla revisione dell’abuso d’ufficio, prima tappa di un cammino che porterà anche ad un restyling della legge Severino, per eliminare la tagliola che impone ai sindaci di mettere in un cassetto la fascia tricolore dopo una condanna in primo grado. E il pacchetto di richieste consegnate ieri dal presidente dell’Anci Antonio Decaro e dal vicepresidente vicario Roberto Pella al ministro della Giustizia Carlo Nordio e al suo vice Francesco Paolo Sisto contiene anche una revisione del Tuel, per ridefinire le responsabilità in capo ai sindaci. «C’è disponibilità da parte del ministro e del viceministro a rivedere alcune norme che per evitare che i sindaci possano essere ritenuti responsabili qualsiasi cosa accada all’interno del Comune. Noi non riteniamo che la responsabilità possa essere sempre del sindaco solo per il fatto che ha un ruolo. Non esiste il reato di ruolo», ha riferito Decaro al termine dell’incontro. «La revisione dei temi dell’abuso d’ufficio, della cosiddetta responsabilità oggettiva di posizione, della responsabilità erariale e della sospensione dalla carica in caso di procedimento penale - ha dunque aggiunto Pella - ha carattere di urgenza per tutti gli amministratori locali». Il percorso verrà affrontato in Parlamento, questa volta senza grandi intoppi, dal momento che il Partito democratico, proprio alla vigilia del vertice a via Arenula, ha depositato due proposte per limitare i lacci che stringono le mani dei primi cittadini. Disegni di legge che rappresentano risposte concrete a due delle richieste avanzate dai primi cittadini: lo stop alla sospensione di 18 mesi previsto dalla legge Severino solo per i sindaci e una migliore definizione del confine tra le responsabilità politiche e amministrative. «È stato avviato un percorso - conferma al Dubbio il viceministro Sisto - con una tecnica di interfaccia con il Paese che io condivido: il ministero ascolta e condivide il disagio manifestato dai sindaci. Abbiamo dichiarato una disponibilità a rimedi che possano intervenire su quanto lamentato. Si partirà dall’abuso d’ufficio, il resto verrà affrontato successivamente». Un lavoro in discesa, dato il probabile appoggio dei dem, oltre a quello dichiarato di Carlo Calenda e Matteo Renzi. «Devo dire che il Pd ha ripreso quello che avevo detto all’Anci, su incarico del ministro - ha aggiunto Sisto -. Avevamo già rappresentato un possibile terreno d’incontro, ben venga la condivisione di sensibilità da parte del Partito democratico, vuol dire che il Paese, una volta tanto, è capace di ragionare su certi temi all’unisono». Mentre è arrivato subito il no del M5S: «Questo reato è stato già meglio specificato e circoscritto nel 2020, non serve alcun nuovo intervento- affermano in una nota le capogruppo alla Camera e al Senato Valentina D'Orso e Ada Lopreiato -. Si parla ancora di “paura della firma” per atti assolutamente privi di margini di discrezionalità? Impegniamoci allora come legislatori a scrivere leggi chiare e lineari: questo semmai è l'unico antidoto. Il M5S non è disponibile ad intraprendere altre strade che indeboliscano la difesa della legalità, specie in un momento in cui bisogna spendere bene e in piena trasparenza le ingenti risorse del Pnrr. Quanto alla legge Severino, introdotta per liberare le istituzioni da persone condannate, bisogna farla funzionare e nel caso migliorarla, non depotenziarla». Il tema, ha spiegato il primo cittadino di Bari Decaro - accompagnato anche dal segretario generale di Anci, Veronica Nicotra, e dal sindaco di Treviso, Mario Conte è proprio circoscrivere le responsabilità penali e civili. «Non vogliamo l’immunità né l’impunità – ha precisato -. Non vogliamo un trattamento di favore ma sapere quali sono le regole da rispettare in maniera rigorosa e le vogliamo rispettare». Nordio ha dato dunque la propria disponibilità «a fare delle verifiche rispetto alla questione della sospensione» prevista dalla legge Severino, una norma che violerebbe il principio costituzionale della presunzione d’innocenza e la cui revisione sarebbe caldeggiata anche dall’ex Guardasigilli che le ha dato il nome. Sul punto la posizione del ministro è sempre stata chiara: sia l’abuso d’ufficio sia la legge Severino, ad avviso dell’ex procuratore aggiunto di Venezia, andrebbero addirittura eliminate. «Non c’è amministratore che non abbia paura di incappare, un domani, in una denuncia aveva spiegato al Dubbio ben prima di immaginare di poter diventare ministro -. I tempi si triplicano, nel migliore dei casi: si chiama amministrazione difensiva. Ma il risultato è la paralisi delle amministrazioni, che sono l’alter ego delle imprese». Immaginare che la presidente del Consiglio voglia eliminare un reato spia come l’abuso d’ufficio è forse troppo. Ma da Giorgia Meloni erano arrivate comunque garanzie ai sindaci nel corso dell’assemblea nazionale dell’Anci, dove la premier aveva garantito l’intenzione del governo di riscrivere le regole per definire meglio il perimetro di ciò che è lecito e ciò che non lo è. «Il 93 per cento delle contestazioni di abuso d’ufficio si risolve con assoluzioni o archiviazioni - aveva sottolineato Meloni -. Però dal momento dell’avviso di garanzia al momento dell’assoluzione passano anni. Reputazione e famiglia vengono distrutte, perché per una persona per bene il processo è già una pena. Ed io penso che noi non possiamo lasciare i nostri amministratori in balia di norme così elastiche da prestarsi ad interpretazioni così arbitrarie». Buona la prima, dunque.