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Dalla Tav alla Via della Seta, di argomenti sui quali litigare davvero come sulla Torino- Lione o distinguersi molto come sull’accordo con Pechino, Lega e Cinque Stelle da qui al 26 maggio ne troveranno uno al giorno. Perché questa è la prima campagna elettorale delle Europee di tutti contro tutti.
Certo, c’è da sempre il proporzionale, ma questa è la prima volta che le posizioni non saranno più riconducibili al bipolarismo classico centrodestra- centrosinistra, la prima volta che i due alleati- contraenti di governo per forza di cose dovranno distinguersi sempre più l’uno dall’altro: i Cinque Stelle per non soccombere, perché stavolta non potranno più dire come per le amministrative che loro non si sono volutamente strutturare sul territorio in quanto sono contro “le clientele”; la Lega per fare bingo, diventare anche nelle urne la prima forza perno del sistema politico, e cambiare gli equilibri di forza nell’esecutivo e, seppur a parlamento italiano invariato, prendere ancora di più il comando di una maggioranza, «dove dobbiamo essere sempre più noi a governare la baracca», è il mantra dei leghisti.
Perché la Lega non ci pensa proprio a staccare la spina né ovviamente prima delle Europee ma neppure dopo. Del resto lo dice chiaramente lo stesso Matteo Salvini: «Chi aspetta che il governo cada, aspetterà a lungo». E nel frattempo il Carroccio si tiene ben stretto il suo secondo forno con il centrodestra, alleato alle amministrative, con Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni.
La tattica leghista appare questa, secondo gli umori che vengono registrati nel Carroccio: «Ridimensionare sempre di più i contraenti, non dare loro il pretesto di dire che è la Lega che vuole aprire la crisi, ed evitare a tutti i costi il trappolone di un governo semitecnico giallo- rosso e chissà cosa altro perché tanto le elezioni anticipate non ce le danno».
Ovvio che finché starà con i Cinque Stelle, la Lega apparirà sempre più come «la vera forza responsabile». Non a caso “il Capitano”, come chiamano Salvini in Via Bellerio, ha rilanciato su economia, sviluppo e detassazione, non parla più solo di sicurezza e immigrazione. Il resto si vedrà, ma come dice Guido Crosetto di Fratelli d’Italia: «La Lega si vuole mangiare i grillini». E del resto nel Carroccio è opinione diffusa: «Con questi comandiamo già da ora noi».
Ma le insidie che potrebbero mettere la Lega in difficoltà con il suo storico elettorato di riferimento e non solo non mancano, a cominciare dalla Tav. Anche sull’accordo con Pechino tanto voluto dai pentastellati e sponsorizzato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, anche con una lunga intervista a Il Corriere della sera, i timori della Lega sovranista contro “la colonizzazione” non mancano. Non è scontro aperto come sulla Tav, ora rinviato, ma sulla Via della Seta il capo leghista dice di condividere con il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, «la necessità di essere estremamente prudenti e cauti».
Poi, una battuta che suona come un modo per non prendere troppo sul serio l’intesa con i cinesi: «Cosa mi preoccupa di più? Il derby di domenica prossima tra Milan e Inter». Berlusconi, intanto, tuona: «La Cina è un Paese totalitario, possono diventare padroni del mondo con l’intelligenza artificiale e 5G». La capogruppo azzurra al Senato Annamanria Bernini: «L’Italia non sia un protettorato della Cina».
Stavolta, come sulla Tav, dove, dice il Cav c’è «una situazione ridicola e vergognosa», la Lega, pur in modo meno tranchant, sostanzialmente la pensa come Fi. Basta sentire gli umori di leghisti di rango, in Transatlantico. Edoardo Rixi, sottosegretario alle Infrastrutture: «Dobbiamo cogliere tutte le opportunità per le nostre aziende, cosa completamente diversa da quella di esser invece comprati e in Italia le cose purtroppo da tanti anni ormai sono andate così». Insomma, si teme sempre più il rischio colonizzazione: «Come a Prato con il tessile – sottolinea Rixi – e comunque noi siamo euro atlantici».
Al di là dei tanti sospetti e gossip sul legame con la Russia di Putin, come osserva un deputato leghista storico, ex segretario delle Marche, Luca Paolini: «Noi siamo euro atlantici, la nostra attenzione è puntata sugli Usa, sugli alleati».
A Berlusconi non può che fare piacere questa posizione di forte perplessità sull’ accordo con i cinesi. Ma, intanto, la Lega sembra voler continuare il suo “matrimonio” politico. Roberto Occhiuto, vicepresidente vicario alla Camera di Forza Italia con Il Dubbio osserva: «E’ comprensibile che la Lega non voglia cambiare schema, perché stando al governo con questi non può che crescere.
Ma appena i Cinque Stelle imploderanno, la Lega non potrà che staccarsene, tornando con il centrodestra». Elezioni o meno. Per ora le più vicine sono quelle del 24 marzo in Basilicata. Di questo, ma soprattutto delle candidature in Piemonte, si sarebbe parlato, secondo le indiscrezioni riportate dalle agenzie di stampa, nel corso di un vertice del centrodestra non si sa se avvenuto a Palazzo Grazioli o dintorni. Un vertice per la prima volta senza il Cav ma con il suo vice Antonio Tajani. Sembra che la Lega ora, dopo lo scontro rinviato sulla Tav con i Cinque Stelle, voglia un candidato dei suoi o vicino al Carroccio. Ma la novità nell’iconografia è parsa un’altra. Per la prima volta, ammesso che di vertice vero e proprio si sia trattato, non c’era Berlusconi, ma al suo posto Tajani, a discutere con Salvini e Meloni. Che sia stato uno stratagemma uscito dal cilindro del Cav per proteggere Salvini dalle “gelosie” di Di Maio?