PHOTO
Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, partecipa alla Riunione informale su Ucraina e sicurezza a Parigi
Oltre tre ore di riunione, per un vertice dalla formula inedita che, se da un lato non aveva l'ambizione di incidere nel breve sullo sviluppo dei negoziati per la fine del conflitto ucraino, dall'altra ha provato a inviare un segnale a Washington, dove Donald Trump appare orientato ad estromettere il Vecchio Continente dalla partita. Attorno al tavolo apparecchiato all'Eliseo dal presidente francese Emmanuel Macron, come detto, un parterre composto dai rappresentanti di Italia, Regno Unito, Spagna, Germania, Polonia, Olanda, Danimarca, dalla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, dal presidente del Consiglio Europeo Antonio Costa e dal segretario generale della Nato Mark Rutte.
L'obiettivo dichiarato dal padrone di casa era quello di bilanciare l'attivismo degli Usa, soprattutto dopo le dichiarazioni particolarmente aggressive rese dal vicepresidente Usa Vance nei giorni scorsi nei confronti di Bruxelles, ma soprattutto dopo l'iniziativa presa dall'amministrazione americana di parlare con Mosca senza considerare il punto di vista di Bruxelles e senza coinvolgere il diretto interessato Zelensky, col rischio di imporre a Kiev i desiderata di Mosca. Per evitare uno scontro diplomatico aperto, il presidente francese ha tenuto a far sapere che prima dell'inizio del vertice parigino ha avuto una conversazione telefonica col suo omologo alla Casa Bianca. Ed è proprio su questo punto che tutti i partecipanti alla riunione all'Eliseo hanno concordato, senza alcuna eccezione: il governo ucraino non può subire decisioni che riguardano il suo futuro e il suo assetto territoriale, così come l'Europa, anche in virtù della vicinanza geografica al teatro del conflitto, non può giocare un ruolo subalterno nel processo di pace. Ma, al di là delle dichiarazioni di principio, ieri a Parigi è stato già affrontato un tema concreto su cui sono già emerse delle divisioni: l'invio di truppe sul territorio ucraino come forza di peacekeeping e di garanzia contro ulteriori aggressioni da parte di Mosca.
Da ciò che è filtrato, al tavolo del vertice si sono profilate due posizioni, che hanno visto come capofila degli “interventisti”, coerentemente a quanto dichiarato nei mesi scorsi, lo stesso Macron e il premier britannico Starmer, a cui si è contrapposta la posizione più prudente del cancelliere tedesco Scholz e della nostra presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Nel suo intervento, quest'ultima ha fatto ribadire le proprie perplessità sull'iniziativa lanciata da Macron, sia per il formato ristretto che per l'intenzione di inviare un messaggio di reazione nei confronti degli Usa, escludendo i governi sovranisti dal tavolo. Secondo la premier, infatti, le conversazioni avute nella capitale francese sono interlocutorie, «e non potrebbe essere altrimenti considerato il formato». «Ho voluto essere presente», ha fatto filtrare Meloni al termine del vertice, «per non rinunciare a portare il punto di vista dell’Italia, ma ho espresso le mie perplessità riguardo un formato che esclude molte Nazioni, a partire da quelle più esposte al rischio di estensione del conflitto, anziché includere, come sarebbe opportuno fare in una fase storica come questa. Anche perché la guerra in Ucraina l’abbiamo pagata tutti. Le questioni centrali», ha sottolineato, «rimangono le garanzie di sicurezza per l’Ucraina, perché senza queste ogni negoziato rischia di fallire».
Riguardo al dispiegamento di soldati europei in Ucraina, Meloni ha giudicato l'ipotesi «la più complessa e forse la meno efficace», esprimendo la perplessità dell’Italia. «Vanno esplorate altre strade», ha affermato la premier, «che prevedano il coinvolgimento anche degli Stati Uniti, perché è nel contesto euro- atlantico che si fonda la sicurezza. L’attuale amministrazione americana ha lanciato una sferzata sul ruolo dell’Europa, ma dobbiamo dirci che prima di questa analoghe considerazioni sono state già state fatte da importanti personalità europee. È una sfida per essere più concreti e concentrarsi sulle cose davvero importanti, come la necessità di difendere la nostra sicurezza a 360 gradi, i nostri confini, i nostri cittadini, il nostro sistema produttivo. Dobbiamo farlo non perché lo chiedono gli americani, ma perché sono i nostri cittadini a farlo. Non dobbiamo chiederci cosa gli americani possono fare per noi, ma cosa noi dobbiamo fare per noi stessi. Questo non è un formato anti-Trump, tutt’altro. Gli Stati Uniti lavorano a giungere ad una pace in Ucraina e noi dobbiamo fare la nostra parte».
Infine, un riferimento alle parole di Vance dei giorni scorsi: «Ne condivido il senso», ha affermato la presidente del Consiglio, «ho espresso concetti simili da molto tempo. Ancora prima di garantire la sicurezza in Europa, è necessario sapere che cosa stiamo difendendo». In precedenza Scholz aveva affermato che «è altamente inappropriato discutere ora dell'invio di truppe in Ucraina». Per il Cancelliere tedesco, a differenza di Meloni, ha pesato anche l'imminente tornata elettorale ne suo paese.