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«La verità è che per noi Grillo è un mega problema». La sincerità con cui i parlamentari M5S si sfogano dietro anonimato è disarmante. Quel video con cui il “garante” difende il figlio a discapito della presunta vittima ha lasciato tutti a bocca aperta. Perché questa volta la “sparata” del fondatore non era rivolta a un avversario politico, né annunciava per editto novità epocali per la vita del Movimento, minava alle fondamenta l’intera narrazione grillina degli ultimi quattordici anni. «Sembrava pazzo, completamente fuori di senno», confida un altro eletto, preoccupato per le possibili ricadute elettorali del messaggio.
Lo sconcerto è tale che poco prima di cena è costretto a intervenire Giuseppe Conte, il leader in pectore del M5S che per un giorno aveva preferito eclissarsi, senza riuscire però a non dare nell’occhio. Ma il tenore della nota dell’ex premier non è troppo distante dalle parole già pronunciate 24 ore prima da Vito Crimi: un colpo al cerchio e uno alla botte. «Comprendo le preoccupazioni e l’angoscia di un padre, ma non possiamo trascurare che in questa vicenda ci sono anche altre persone, che vanno protette e i cui sentimenti vanno assolutamente rispettati, vale a dire la presunta vittima, la giovane ragazza direttamente coinvolta nella vicenda e i suoi familiari che stanno vivendo anche loro momenti di dolore e sofferenza», dice l’avvocato Conte, prima di provare a mettere una toppa all’altro scivolone consumato dal fondatore: quello nei confronti della magistratura, da sempre stella polare dell’azione politica grillina. «L’autonomia e il lavoro della magistratura devono essere sempre rispettati», insieme «alla lotta contro la violenza sulle donne», mette in chiaro Conte, prima di provare a rassicurare l’elettorato: «Questi principi continueranno a informare la nostra azione politica e le nostre battaglie culturali».
Ma l’intervento dell’ex premier, col suo mix ragionato di biasimo e indulgenza, non contribuisce a dissipare le nubi tra i pentastellati. Anzi, in tanti sono convinti che il fondatore abbia causato un danno enorme al partito, esponendolo agli attacchi violenti di chi vorrebbe far saltare l’alleanza col Pd: renziani in testa.
«Non ci fanno andare in televisione, ci danno i compiti a casa per imparare a parlare in pubblico e poi arriva Grillo col suo video imbarazzante in difesa del figlio», si sfoga un deputato spedito a seguire i corsi di “public speaking” del professor Morosini. «È un autogol comunicativo pazzesco». Ma a taccuini aperti nessuno si sbilancia, è tutto un giustificare il gesto inconsulto di un papà disperato. Del resto «come si fa a dissociarsi pubblicamente da Grillo?», si chiede un pentastellato, «voglio dire, è il fondatore, l’ultimo punto fermo rimasto. È davvero complicato». E infatti i big “storici” tacciono, si tengono alla larga da una vicenda che potrebbe solo produrre rogne. A cominciare da Luigi Di Maio, ben felice di cucirsi addosso un nuovo ruolo istituzionale al riparo dalle beghe grilline e dagli sketch del fondatore.
A sfidare a viso aperto Grillo restano quindi in pochi. Anzi in poche, visto che si tratta quasi esclusivamente di donne, e non di livello apicale. Fatta eccezione per Elisabetta Trenta, ex ministra della Difesa e volto noto del Movimento, che sente «il dovere di dire che il contenuto di quel video rinnega i nostri valori», scrive su Facebook. «Qui non ci sono vittime e carnefici, sono tutti vittime, anche “il gruppo che ride», scrive Trenta, «vittime di una cultura che alza i limiti di ciò che si può fare e ciò che non si può e non si deve fare. Mi fanno pena anche loro sì, perché non hanno capito il limite delle sballo». Ma c’è una vittima che ha denunciato e va rispettata ed aiutata, precisa subito l’ex ministra. «La nostra civiltà giuridica garantisce la presunzione d’innocenza fino all’ultimo grado di giudizio, ma garantisce anche l’attenzione, la cura e la tutela della vittima».
E in questo clima da processo in piazza c’è chi non perde il cinismo per interrogarsi sul futuro del Movimento, ancora senza una dirigenza e in piena guerra con Davide Casaleggio, nelle mani di un garante così provato dalle vicende familiari. «Se Grillo è così umorale come potrà gestire un processo di cambiamento così delicato?».