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Capelli rosso fuoco e l’immancabile bandiera No Tav attorno al collo: il volto storico della lotta in Val di Susa, Nicoletta Dosio, 73 anni, si stampa sugli striscioni dei militanti raccolti nella notte di capodanno davanti al carcere Lorusso e Cotugno di Torino in cui la donna è detenuta da lunedì. «Sto bene, sono contenta della scelta che ho fatto perché è il risultato di una causa giusta e bella, la lotta NoTav che è anche la lotta per un modello di società diverso e nasce dalla consapevolezza che quello presente non è l’unico dei mondi possibili», fa sapere Nicoletta in una lettera dal carcere indirizzata ai tanti che in queste ore le stanno esprimendo solidarietà e sostegno.
In tutta Italia infatti i militanti che si oppongono all’alta velocità si sono raccolti nelle piazze per «brindare simbolicamente con Nicoletta» nella notte più lunga dell’anno ed esprimerle vicinanza e affetto. Dopo il presidio del 31 dicembre a Susa, il fitto programma di incontri è proseguito nella giornata di ieri con una fiaccolata serale a Bussoleno.
«Sento la solidarietà collettiva e provo di persona cosa sia una famiglia di lotta. L’appoggio e l’affetto che mi avete dimostrato quando sono stata arrestata, e le manifestazioni la cui eco mi è arrivata da lontano, confermano che la scelta è giusta e che potrò portarla fino in fondo con gioia. Parlo di voi alle altre detenute e ripeto che la solidarietà data a me è per tutte le donne e gli uomini che queste mura insensate rinchiudono», scrive ancora Dosio, arrestata lunedì nella sua casa di Bussoleno, dove i cittadini si sono riversati in strada per rallentare l’auto che la trasportava.
Ex insegnante in pensione, la pasionaria del movimento NoTav, da due anni anche tra le coordinatrici nazionali di Potere al Popolo, era stata condannata di recente in via definitiva a un anno di carcere per violenza privata e blocco autostradale per una dimostrazione del 2012 sull’autostrada del Frejus: un gruppo di manifestanti aveva aperto le sbarre di un casello autostradale della Torino- Bardonecchia, causando danni alla società autostradale.
A differenza degli altri undici attivisti condannati, Dosio aveva sempre dichiarato di essere pronta ad andare in carcere e di non voler chiedere misure alternative come i domiciliari. «Per ottenerle dovrei riconoscere il disvalore della mia condotta, esercito così, ancora una volta, la mia libertà», aveva ripetuto la donna in questi mesi. Le reazioni di sdegno e denuncia per la sua carcerazione hanno attraversato la politica e le istituzioni, e non solo negli ambienti più vicini al movimento NoTav.
«C’è davvero uno strano concetto di giustizia in questo Paese», ha affermato Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana-Leu, mentre l'esponente Pd e sottosegretario all'Ambiente Roberto Morassu ritiene l’arresto «sproporzionato, una misura sbagliata e senza senso». «Non condivido nulla del movimento No Tav, ma le proteste anche scomode e con le quali non si è d'accordo non vanno ignorate», ha commentato Morassut. Rifondazione comunista e Partito comunista italiano invece parlano di decisione «ingiustificabile» da parte della Procura Generale di Torino che avrebbe dato «dimostrazione dell’ossessione repressiva contro il movimento No Tav».
L’unica “colpa” della donna, prosegue Rifondazione, «è di essere irriducibilmente No Tav, di continuare ad anteporsi alla realizzazione di un’opera affaristica, inutile, dissipativa di colossali somme di denaro pubblico».
Anche l’Unione sindacale di base esprime piena solidarietà a Nicoletta e «invita tutte le proprie strutture a mobilitarsi per la sua liberazione». Intanto il procuratore generale di Torino, Francesco Enrico Saluzzo, che ha «personalmente emesso il provvedimento di revoca della sospensione dell’esecuzione della pena» replica alle espressioni di critica sulla vicenda definendole «infondate e inappropriate».
«Il mio Ufficio ha applicato con rigore, come fa ogni giorno, le norme che ci sono date e che sono presidio di legalità e di imparzialità», ha spiegato Saluzzo, sottolineando che «la signora Dosio ha avuto molte possibilità di scelta, decisioni, esclusivamente sue, che, come per ogni altro condannato in situazione simile, le avrebbero consentito di non espiare la pena in carcere. Dopo la sospensione dell’ordine di esecuzione, disposta dal mio Ufficio, ha avuto trenta giorni di tempo per chiedere una delle misure alternative previste dal nostro ordinamento. Non lo ha fatto; anzi, ha pubblicamente proclamato di non avere alcuna intenzione di presentare istanze».
Per I Giuristi Democratici si tratta invece di «una storia sbagliata» e intervengono sul caso per esprimere il loro impegno «a difesa del sacrosanto diritto alla protesta contro la regina delle grandi opere inutili».
«I giuristi democratici - si legge in una nota - chiedono un radicale cambio di rotta nella gestione dei conflitti sociali e ambientali, quale è certamente quello relativo al progetto Tav, che dovrebbe tornare a essere materia di un serio, civile, realistico e produttivo confronto tra comunità e governi locali e centrali, anziché materia di giudizi penali e ostentazione di potere militare e di ordine pubblico».