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«Si può fare buon giornalismo bilanciando il diritto di cronaca con la tutela della verità e della dignità della persona. Se riusciremo a spiegare che questo equilibrio è possibile, avremo fatto un importante lavoro sociale». Si avvia nel segno di un impegno culturale profondo il sodalizio tra il Consiglio Nazionale Forense e il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei giornalisti, che nella giornata di ieri hanno siglato un protocollo di intesa presso la sede del Cnf. Il presidente Andrea Mascherin per il Cnf e Carlo Verna per il Cnog hanno firmato un documento congiunto per stabilire una collaborazione tra le due categorie professionali nell’ambito della formazione continua obbligatoria. Un gesto simbolico, che potrà concretizzarsi nella realizzazione di eventi formativi e dibattiti rivolti agli iscritti dei rispettivi ordini al fine di promuovere i valori che distinguono le due professioni: la tutela della persona e la corretta informazione. «Saremo un’agenzia culturale comune», convengono i due presidenti. Avvocati e giornalisti sono così chiamati a condividere delle “best practice” in materia di protezione dei diritti fondamentali, dalla libertà di stampa alla tutela della riservatezza. «Sono veramente felice di firmare questo accordo, che si potrà sviluppare soprattutto sul terreno del linguaggio», spiega Andrea Mascherin. In qualità di avvocato e giornalista, anche il presidente Verna saluta con entusiasmo l’iniziativa come «salto culturale importante». Il documento siglato ieri, e valido per i prossimi tre anni, prevede nello specifico azioni sinergiche tra le due strutture rappresentative e una serie di obiettivi comuni: dal contrasto al linguaggio d’odio, soprattutto nelle piattaforme digitali di comunicazione di massa, alla tutela di entrambe le categorie professionali sotto il profilo della remunerazione del lavoro, richiamando i principi e le norme dell’equo compenso; dalla elaborazione di progetti comuni sui temi del diritto alle modifiche dei rispettivi codici deontologici al fine di raggiungere un «ragionevole bilanciamento tra l’esercizio del diritto di cronaca e la tutela della riservatezza, nella convinzione che l’intervento sulle norme di comportamento costituisca una modalità di regolazione flessibile particolarmente idonea all’individuazione di punti di equilibrio nel necessario bilanciamento tra situazioni giuridiche soggettive dotate di protezione costituzionale». Da entrambe le parti si è sottolineata l’importanza di promuovere una riflessione critica sugli sviluppi tecnologici che attraversano la nostra società. «Con la nascita dei social network a partire dal 2007, la professione giornalistica sta vivendo una fase di trasformazione epocale: abbiamo perso la prerogativa di parlare “uno a tanti”» . Spiega Verna al plenum del Consiglio Nazionale Forense, esprimendo brevemente le difficoltà della categoria, soprattutto in termini di precariato e ruolo sociale: il giornalista come mediatore culturale nel mondo della disinformazione. «Le bufale di propaganda sono sempre esisiste - aggiunge il presidente del Cnog - ma oggi la diffusione delle fake news attiva meccanismi esplosivi e il problema si riverbera nell'occupazione. Abbiamo avuto una contrazione di circa il 20% nei nostri istituti di previdenza, con la perdita di circa 3000 posti di lavoro. Il lavoro giornalistico si sta trasfor-mando da lavoro dipendente a lavoro autonomo, e ci troviamo ad affrontare situazioni sempre meno decifrabili in contesti in cui le tecnologie superano la fisicità delle redazioni». Sull’immaterialità delle redazioni e del rapporto verbale torna anche il presidente del Cnf, che sottolinea l’importanza di recuperare la “personalizzazione” della comunicazione. Le sfide aperte al futuro della professione vanno così ben oltre gli obiettivi di formazione degli iscritti. «I poteri di controllo sono sempre stati individuati nell'informazione e nella magistratura. Questo è un errore, che simbolicamente con questo protocollo ci impegniamo ad arginare: i diritti di controllo sono anche i diritti della difesa. Con le nuove riforme il potere della magistratura, e in particolare quello dei pubblici ministeri, è destinato a crescere . E noi come giornalisti dobbiamo orientare l'opinione pubblica verso una visione consapevole. Tra i meccanismi di controllo il giornalista deve includere l'avvocatura», conclude Verna.