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L’impresa va «concepita come risorsa non solo economica». Così il presidente del Cnf, Andrea Mascherin è intervenuto portando il suo indirizzo di saluto all’ apertura della XX edizione della Conferenza Internazionale “Criminal Justice and Corporate Business”. La tre giorni di dibattito e convegni organizzata presso l’università Luiss Guido Carli di Roma cominciata ieri ha visto la partecipazione di oltre seicento iscritti, tra professori, giuristi e avvocati provenienti da tutto il mondo.
Un successo, come sottolineato dalla vicerettrice dell’Ateneo ed ex Guardasigilli, Paola Severino, che ha aperto i lavori leggendo un messaggio del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. Mascherin ha sottolineato come «Fare impresa non deve essere un'impresa particolarmente complicata. Invece abbiamo una politica che si occupa troppo del momento repressivo rispetto al momento preventivo» e ha commentato come «se si rende difficile fare impresa, allora gli imprenditori rischiano di rimanere legati dalla burocrazia e di rivolgersi allora a un ordinamento parallelo rispetto a quello statale, quello criminale. Invece serve uno Stato che rispetti i suoi obblighi nei confronti delle imprese, che devono essere considerati soggetti affidabili e non oggetti di sospetto».
Per farlo «È importante rafforzare il momento della prevenzione, utilizzando diversamente l'Antitrust ma anche la Corte dei Conti. Anche il mondo della pubblica amministrazione deve essere semplificato. Viviamo nel nostro Paese un tale sistema di complicanze amministrative per cui l'amministratore evita di operare, per non rischiare di trovarsi di fronte a responsabilità erariali, penali o civilistiche».
In apertura dei lavori è intervenuto anche il presidente della Corte costituzionale, Giorgio Lattanzi, il quale ha affrontato il tema della conferenza spiegando come «oggi esistono forme di criminalità economica e finanziaria che ormai sono globalizzate, sovrastano i singoli stati condizionandone la sovranità, perchè i reati ignorano le frontiere, mentre i giudici rischiano di essere fermati».
Quindi, ha detto Lattanzi, «è necessaria una riflessione sulle fattispecie di reato, affiancata a quella sugli strumenti processuali per perseguirli». La cooperazione è fondamentale, «attraverso organismi comuni, coordinamento di indagini e dell’azione penale, potenziamento di corti come l’Eurojust e di strumenti come il mandato di arresto europeo». Infine, secondo il presidente della Consulta, «è necessario procedere sul livello della responsabilità degli enti, potenziando questo tipo di responsabilità nel sistema penale, il quale però deve portare avanti di pari passo il suo sistema di prevenzione».
A seguire, sono intervenuti anche il residente aggiunto della Corte di Cassazione, Domenico Carcano, la consigliera dell’Unione camere penali italiane, Paola Rubini e il giudice della Corte penale internazionale, Rosario Aitala, il quale ha rimarcato che ancora oggi bisogna lavorare sulla «cooperazione, perchè la Corte penale internazionale ha ancora molti spazi per migliorarsi, e il primo imperativo è ridurre la durata dei procedimenti, che viola i diritti della difesa e quelli delle persone offese. L’azione, però, deve essere orientata al realismo: bisogna concentrarsi sulle indagini che hanno prospettive di successo, non inseguendo illusini di legittimazione di breve termine con annunci solo mediatici». Inoltre, «la giurisprudenza va rivista: nei modelli di imputazione delle condotte, nel dolo e nei principi di individualità della responsabilità penale».