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IL GIUDICE VENNE SEQUESTRATO NELL’ 81
«Quaranta anni fa, il 12 dicembre 1980, le Brigate Rosse rapirono Giovanni D'Urso, magistrato direttore dell'ufficio detenuti del ministero della Giustizia. D'Urso venne più volte “interrogato” dai terroristi: per il suo silenzio venne condannato a morte e rischiò di essere ammazzato». Così il togato Sebastiano Ardita, in apertura del plenum di oggi, ha ricordato il giudice Giovanni D'Urso, sottolineando che «dopo qualche giorno il Governo in modo unilaterale decise di chiudere il carcere dell'Asinara, ma quando le Br, in cambio del suo rilascio, chiesero molto piu' banalmente di pubblicare alcuni comunicati sui giornali tutti si opposero fermamente. Nanni rimase solo, con l'eccezione di Marco Pannella che mise a sua disposizione lo spazio tv del partito Radicale, nel corso del quale la figlia Lorena lesse quei comunicati, in cui il padre veniva definito “boia”, facendo commuovere l'Italia intera».
In effetti il 4 gennaio 1981 le BR diffusero un comunicato nel quale si dichiarava la condanna a morte del giudice D'Urso al termine del processo proletario a suo carico. In cambio della sua vita dovevano essere pubblicati integralmente sui maggiori quotidiani italiani i testi dei comunicati dei comitati di lotta di Trani e Palmi. Molti quotidiani si rifiutarono di pubblicare i testi brigatisti, altri invece lo fecero. Il 10 gennaio 1981 i radicali concessero alla famiglia D'Urso lo spazio a loro assegnato nella tribuna politica flash, trasmessa dalla RAI, e fu in questa occasione che la figlia Lorena, dopo aver rivolto un appello lesse ampi stralci dai due comunicati e fu in tal modo costretta a definire suo padre come ' il boia D'Urso'.
«Nanni - ha continuato Ardita - fu poi rilasciato e concluse la carriera come presidente della prima sezione della Cassazione, ma si ammalò e morì prematuramente». Al suo funerale, ha sottolineato ancora Ardita, «mi recai mentre occupavo il posto di direttore dell'ufficio detenuti che gli era appartenuto. A quella cerimonia era presente qualche decina di persone, solo parenti e amici piu' stretti. A parte 4 colleghi della Cassazione, lo Stato era assente: non vi era neppure una corona, una divisa o una figura istituzionale a rappresentarlo. Nanni - ha aggiunto - tenne un comportamento eroico ad occupare un posto dopo che due direttori erano stati uccisi, Girolamo Tartaglione e Girolamo Minervini, e a resistere 40 giorni al rapimento, agli interrogatori ed alla tortura psicologica della condanna a morte da eseguire. Oggi - ha concluso niente lo ricorda: né una via, neppure una sperduta sala di uno spaccio per agenti porta il suo nome. La vita di Giovanni, il suo abbandono in prigionia, la sua dimenticanza, rappresentano una mancanza imperdonabile per le Istituzioni».