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Lo stato d’animo degli italiani è chiaro: il Paese si sente poco sicuro. A raccontarlo è un sondaggio Ixè, presentato ad Agorà, secondo il quale il 79% degli intervistati percepisce un’emergenza sicurezza in Italia. Il 19%, invece, non ritiene ci sia nulla da temere. Il sondaggio è stato realizzato su un campione di 1.000 soggetti maggiorenni ( su 9.239 contatti complessivi), di età superiore ai 18 anni. Un campione che racconta un punto di vista degli italiani sulla situazione del paese, ritenuta a rischio terrorismo e stretta nella morsa della criminalità organizzata. Ma i dati diffusi dal Viminale raccontano un’altra storia. Negli ultimi anni i delitti sono infatti crollati. Se poi consideriamo un passato più remoto e arriviamo agli anni ‘ 90, ci accorgiamo che gli omicidi sono passati dagli oltre 1000 del ‘ 91, ’ 92 e ‘ 93, ai 468 del 2016.
E proprio nel 2016, secondo il ministero del’Interno, si è ridotto non solo il numero di omicidi, ma anche quello delle rapine, delle violenze sessuali, dei furti e delle estorsioni.
Rispetto all’anno precedente i reati “generali” sono scesi del 16,2 per cento, passando da un milione e 347mila a un milione e 129mila. «Il nostro Paese può essere considerato sicuro», aveva evidenziato l’allora ministro dell’Interno Angelino Alfano, analizzando i dati emersi dal Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica che si è tenuto stamani. «Gli investimenti per la sicurezza crescono, il contrasto alla criminalità organizzata ha ottenuto importanti risultati sia sul piano della cattura dei latitanti che del sequestro dei beni», aveva aggiunto. Sono stati ottantacinque gli estremisti per terrorismo islamico arrestati e 110 i foreign fighters monitorati. Secondo la relazione del Viminale pubblicata lo scorso 9 febbraio, «in Italia, nel corso degli ultimi anni ( 2008-2015), il totale generale dei delitti ha mostrato un trend altalenante, in quanto, alle flessioni del 2009 e 2010 ha fatto seguito un incremento nei tre anni successivi; il valore è nuovamente diminuito nel 2014 e nel 2015, anno, quest’ultimo, che ha fatto registrare un decremento del 4,47% rispetto a quello precedente». Gli omicidi volontari, che erano 249 nel primo semestre del 2015, nei primi sei mesi del 2016 sono scesi a 196 (21,3%), le violenze sessuali sono passate da 1982 a 1579. Oltre il 20 per cento in meno anche di rapine, passate da 1563 a 1200. Scese pure le estorsioni ( 4401 nel 2016 contro le 4937 del 2015), l’usura ( 167 contro 212), i furti ( 636mila contro 730mila). Netta diminuzione anche dei furti in abitazione ( da 109mila a 90mila).
Ciò, però, non ha influito sulla percezione del rischio criminalità in Italia. I dati Istat diffusi a dicembre scorso, infatti, raccontano che il 38,9% delle famiglie italiane indica il rischio di criminalità come un problema presente nella zona in cui abitano ( 30,0% nel 2014). Nel Lazio una famiglia su due percepisce tale rischio ( 50,0% delle famiglie), seguono Veneto ( 45,7%), Emilia- Romagna ( 45,5%) e Lombardia ( 44,3%); quest’ultima occupava la prima posizione nel 2014 con il 37,2%. La Campania si trova in quinta posizione, come nel 2014, ma la quota di famiglie è ben superiore ( 43,5% contro 33,3%). Le ragioni? Nonostante il calo dei reati, sono aumentati quelli più percepiti dai cittadini, come furti in casa, borseggi, scippi e così via. Insomma, la microcriminalità è socialmente più avvertita della macrocriminalità. E anche i media ci mettono lo zampino: giornali e talk show, negli ultimi anni, hanno enfatizzato l’allarme sulla sicurezza, distorcendo la realtà e alimentando una percezione distorta dell’insicurezza, sia dal punto di vista quantitativo sia per le cause che la originano.