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La Giunta per le Immunità del Senato sta per completare l’esame sul caso Savini- Diciotti e la proposta del suo presidente e relatore, il forzista Maurizio Gasparri, è di negare l’autorizzazione a procedere nei confronti del ministro dell’Interno. La motivazione: «sussistono nel comportamento di Salvini quei requisiti che la legge costituzionale dell’ 89 ipotizza, ovvero che si può negare l’autorizzazione a procedere qualora sussista la tutela di un preminente interesse pubblico o un’attività governativa orientata a principi costituzionalmente rilevanti».
In altre parole, la decisione di Salvini di tenere per sette giorni un gruppo di migranti a bordo della nave militare italiana Diciotti è stata presa per tutelare l’interesse pubblico. Dunque, nessun giudice può sindacarla. Faceva «parte di un tentativo strategico dell’esecutivo di risolvere in maniera strutturale il problema dell’immigrazione irregolare», ha argomentato Gasparri, secondo il quale la Giunta «non può che limitarsi al riscontro delle finalità indicate dalla legge costituzionale, senza estendere la propria valutazione alla scelta dei mezzi per conseguirle» e dunque «L’autonomia della funzione di Governo ( presupposto della legge costituzionale) presuppone anche autonomia nella scelta dei mezzi e non solo quindi dei fini da perseguire».
La Giunta ha esaminato e accolto anche la richiesta presentata da Pietro Grasso ( Leu) e sostenuta da Gregorio De Falco ( ex M5s) di rinviare ai magistrati di Catania i documenti del premier Conte e dei ministri Di Maio e Toninelli che Matteo Salvini ha allegato alla sua memoria. L’obiettivo, dunque, è di far valutare ai giudici anche la posizione degli altri esponenti del governo sulle accusa di sequestro di persona, per ora formulata solo nei confronti del ministro Salvini.
I lavori della Giunta, dunque, sono quasi conclusi: i suoi componenti si riuniranno di nuovo oggi e domani, per discutere la relazione del presidente e poi votare, probabilmente mercoledì 20 febbraio. Sulla questione, infine, dovrà pronunciarsi l’Aula.
E qui iniziano i guai politici, che rinfocolano un fronte incandescente per il governo gialloverde.
Ad oggi, il Movimento 5 Stelle non ha ancora sciolto le riserve sul suo voto in Giunta. A chi gli chiedeva se il Movimento avesse deciso se schierarsi con gli alleati leghisti, il componente pentastellato Michele Giarrusso è rimasto criptico: «Sicuramente. Dove avere pazienza, aspettate e vedrete». Più cauto, invece, è stato Francesco Urraro, anche lui componente pentastellato della Giunta: «È in atto una discussione. Siamo sulla buona strada». Fuori dai non detti, i grillini si trovano di fronte a un’inedita partita lose- lose: negare l’autorizzazione a procedere significherebbe abidcare agli ideali originari del Movimento per non rompere con l’alleato di governo, di fatto scegliendo l’interesse politico all’intransigenza movimentista. Votare per il rinvio a giudizio di Salvini, invece, sazierebbe il bisogno di ortodossia di alcuni big del Movimento ( in testa a tutti, Alessandro Di Battista), ma manderebbe su tutte le furie Salvini, che lo vivrebbe come un tradimento dell’alleanza di governo. Lasciare libertà di coscienza, infine, esporrebbe pubblicamente le divisioni interne al ventre pentastellato. Quale tra queste strade sia il male minore, tuttavia, non è ancora chiaro.
Per uscire dalle ambasce, cresce l’idea di un voto online. Questa è stata definita «la cosa migliore» da Gianluigi Paragone, anche lui membro della Giunta. Alla domanda, però, sul suo orientamento, di è trincerato dietro il fatto che «il governo intero si è auto- incolpato per quella decisione» e dunque «È venuto meno il principio per cui Salvini deve rispondere da solo. Anche noi del Movimento, nel nostro dibattito interno, abbiamo capito che si rischia di esporre tutta la catena del governo.
Concretamente, Salvini non dovrebbe avere nulla da temere, grazie all’appoggio “esterno” al no, già espresso sia da Forza Italia che da Fratelli d’Italia. Politicamente, a rischiare è il governo, già vicino alla rottura sul fronte della politica estera e della Tav.
Per ora, nessuno si espone. Dalla sua trasferta in Sardegna per tirare la volata alle regionali, Salvini ostenta sicurezza. A chi gli ha chiesto un commento, ha offerto solo un lapidario «Va bene, viva la democrazia. Ma prima devo risolvere i problemi dei pastori sardi». Sul fronte pentastellato, il leader Luigi Di Maio ( dopo due giorni di assenza dopo la debacle abruzzese) continua con la linea del silenzio. Affida le sue riflessioni al blog delle stelle, ma tocca solo temi elettorali. Ad oggi, dunque, la posizione ufficiale del Movimento rimane quella espressa dal vicepremier qualche giorno fa: in generale il Movimento è «sempre stato contro l’utilizzo dell’immunità», ma quello di Salvini «è un caso specifico». Una frase criptica a sufficienza da non far sbilanciare nè in una direzione nè nell’altra. Eppure, il conto alla rovescia per il voto è partito e, a breve, non ci sarà più spazio per i dubbi.