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Ragiona molto e pesa le parole, Walter Verini. L’uomo chiave nella gestione delle Regionali in Umbria - le prime ad aprire la strada alla stagione dei voti locali in costanza di esecutivo giallorosso - non nasconde il periodo complicato per il suo partito, che ha appena vinto la mano del governo ma ora si trova alle prese con una delicata vicenda interna della scissione.
Renzi sembra pronto a dire addio al Pd, lei ne capisce le ragioni?
Io penso che il Pd sia un partito nato per unire le culture riformiste tutte, costruendo un nuovo pensiero comune. Quando se ne andarono Bersani e D’Alema, credo che chi guidava il partito allora avrebbe dovuto fare di più per impedirlo: quella fu una ferita profonda, causata da chi pensava da un lato che ci fossero grandi praterie a sinistra fuori dal Pd, dall’altro da chi considerava un peso la loro presenza nel partito. Anche oggi, una separazione di Renzi e di altri dal Partito Democratico rappresenterebbe una ferita e un impoverimento, per questo mi auguro che non avvenga.
Se però succedesse ( addirittura si parla di oggi ndr), la scissione metterà in crisi il governo?
Questo non lo credo. La ragione è evidente: il programma di questo governo è stato votato da tutto il Pd e l’esecutivo è composto da ministri e sottosegretari rappresentativi di tutte le anime del partito. Inoltre, l’ambizione è quella di durare fino alla fine della legislatura, non semplicemente ad evitare l’aumento dell’Iva e l’esercizio provvisorio. Questo è un governo che si propone di incidere in modo netto, per migliorare la vita e il futuro dei cittadini italiani.
Uno dei nodi controversi è quello sulla giustizia. E’ possibile un punto di incontro?
Sicuramente sì. Prenda la corruzione: nella scorsa legislatura abbiamo dimostrato di volerla combattere, solo non abbiamo usato termini demagogici come “Spazzacorrotti”. Siamo stati noi a creare l’Anac, a nominare Raffaele Cantone, a fare la legge sul falso in bilancio e sul reato di autoriciclaggio, per elencare solo alcune cose.
La prescrizione è un altro tasto dolente.
Noi abbiamo aumentato fino a 36 mesi la prescrizione per reati di corruzione contro la pubblica amministrazione, perchè sono reati spesso si scoprono tardi e dunque è ragionevole dare più tempo per procedere. Il punto è uno: noi lottiamo contro la corruzione, ma tenendo fermo che siamo in uno stato di diritto. I cittadini hanno diritto che i processi abbiano una durata ragionevole, dunque una prescrizione che non scade è inaccettabile. La lotta alla corruzione si può e si deve fare senza violare i diritti soggettivi.
Favorevole anche alla modifica dell’uso delle intercettazioni?
Anche su questo tema, la riforma Orlando teneva insieme due diritti fondamentali. Fermo restando che le intercettazioni sono uno strumento di indagine irrinunciabile e noi ne abbiamo ampliato l’uso per i reati contro la p. a., crediamo che vadano tenuti insieme il diritto all’informazione con il diritto alla privacy. Per questo avevamo stabilito che fossero pubblicabili le intercettazioni con rilievo penale, ma non tutte le altre. E’ impensabile che, in uno stato di diritto, la vita privata dei cittadini possa finire in piazza. Ecco, l’obiettivo sulla giustizia è cercare soluzioni di equilibrio, senza sfociare in estremismi e ricordano sempre che gli indagati sono innocenti fino al terzo grado di giudizio.
Per i politici, però, l’avviso di garanzia è la fine...
Anche in questo senso bisogna riconvertire il senso comune, anche per la politica. Un avviso di garanzia non è una condanna passata in giudicato, al di là di ogni giudizio politico che si può dare. Insomma, il nostro è un garantismo serio e credo che in questo quadro si potranno trovare punti di incontro con la maggioranza, ma anche con l’opposizione in Parlamento.
A livello nazionale la quadra dell’alleanza è stata trovata. Lei è commissario per la regione Umbria, la sua regione sarà laboratorio di un uguale esperimento sul territorio?
E’ possibile, fermo restando che ogni territorio sarà autonomo. In Umbria, il Pd è stato colpito duramente dalla questione morale, ma il nostro non è un partito di criminali, anzi: abbiamo fatto e facciamo tutt’ora la storia di questa regione. Anni di governo hanno creato delle incrostazioni, è vero, ma la nostra sfida ora è di mostrare che siamo una sinistra coraggiosa, che capisce i suoi errori e vuole cambiare. Per questo abbiamo fatto un passo indietro, sollecitando modi civici e sociali a uno sforzo: questi mondi hanno risposto ed è stata messa in campo la candidatura autorevole di Andrea Fora, che viene dal mondo della cooperazione sociale. Ecco, io credo che con lui e a partire dai temi del lavoro, della lotta alla povertà, della legalità e della riconversione verde del territorio ci sia margine di dialogo anche coi 5 Stelle.
Insomma la condivisione sui temi c’è?
A me sembra di sì e sicuramente il quadro nazionale favorisce il dialogo. Le condizioni per il dialogo ci sono.
Teme la ricorsa della Lega?
L’Umbria è una ragione con tradizione di dialogo e coesione sociale, dobbiamo impedire che arrivi la Lega a intaccare il nostro Dna, iniettando i suoi elementi di divisione e intolleranza. L’Umbria non deve essere la clava di Salvini contro il governo e la sinistra, grazie al dialogo coi 5 Stelle, può scrivere una nuova pagina di futuro per la regione.
Ma i territori e gli elettori risponderanno a un accordo che, per ora, nasce nel Palazzo?
Partiamo da un dato: in Umbria il Pd era al 45%, oggi è al 25%. Moltissimi nostri elettori si rifugiano nell’astensionismo, altri sono andati verso i 5 Stelle. Il tema non è con chi si allea il Pd, ma se il Pd dimostrerà di aver capito la lezione e tornerà a vivere quotidianamente i problemi della gente che non ce la fa più e che va protetta, ma anche della gente che con intraprendenza si sta rialzando. Insomma, se il Pd torna a fare quello per cui è nato, gli elettori torneranno a capirci e a votarci. Ma questo dipende da noi, non dal tipo di alleanze.