PHOTO
Dylann Roof ha 22 anni. È stato condannato a morte da una corte federale. Dylann aveva 20 anni quando ha commesso il suo orrendo delitto. E’ entrato in una Chiesa di evangelici afroamericani, a Charleston, ha assistito per circa tre quarti d’ora alla funzione celebrata dal reverendo Clementa Pinckney, poi ha estratto una pistola. Uccidere un killer nazista è come uccidere Luther King
Ha sparato, prima sul reverendo, poi su otto persone a caso, tutte afroamericane, donne e uomini, e le ha uccise. Ha provato a scappare, ma l’hanno beccato quasi subito. Aveva ancora l’arma in mano, però non l’ha usata contro i poliziotti bianchi. S’è arreso. “Che hai fatto? ”, gli hanno chiesto sgomenti gli agenti. Lui ha risposto che erano sei mesi che si preparava a questa azione, ed era sicuro che il suo attacco avrebbe provocato una rivolta dei neri e poi una specie di guerra civile che avrebbe prodotto il ritorno alla segregazione degli afroamericani. Quello voleva: la segregazione. Per la verità lui non ha detto afroamericani, ha detto “negri”.
Nella politologia americana Dylann Roof è considerato un “suprematista” bianco, cioè un seguace della teoria della “supremazia bianca”. E nel diritto americano il delitto che ha commesso si chiama “delitto dell’odio”. Detto più semplicemente, Dylann è un nazista e il suo delitto è uno dei più orrendi delitti razzisti avvenuti negli Usa nell’ultimo mezzo secolo.
Molti parenti delle nove vittime, in questi mesi, hanno rassicurato Dylann. Gli hanno fatto sapere che sarà perdonato, anzi, che da loro è già stato perdonato. Anche perché sicuramente questa sarebbe stata la posizione del reverendo Pinckney, che aveva dedicato la vita alla lotta per i diritti degli afroamericani, ma anche alle idee della nonviolenza, e del perdono, e si era battuto tante volte contro la pena di morte. Negli Stati Uniti la stragrande maggioranza dei bianchi è favorevole alla pe- na di morte, è contraria invece la stragrande maggioranza o forse la quasi totalità dei neri. Dylann Roof quando ha ascoltato le dichiarazioni di perdono nei suoi confronti, e anche la sollecitazione a pentirsi, a esprimere il suo pentimento, è rimasto immobile, di ghiaccio. Ha detto di non essersi pentito. Di essere convinto della necessità di tornare alla segregazione, e che la via migliore sia quella di innescare una guerra civile tra neri e bianchi. Dylann non ha mostrato nessuna emozione neanche l’altra sera, quando gli hanno letto la condanna a morte. Né impaurito, né esaltato.
Su diversi giornali si sono lette osservazioni, in parte espresse da varie organizzazioni umanitarie, di soddisfazione per una ragione di principio. E’ la prima volta nella storia degli Stati Uniti che viene sentenziata la pena di morte per un “reato dell’odio”.
Ha un senso uccidere Dylann, perché è un assassino, uno stragista, un ammiratore di Hitler?
Non ha nessun senso. Forse uccidere Dylann, allo stesso modo nel quale lui ha ucciso il reverendo Pinckney e altre otto persone, è un delitto meno grave di quello commesso da Dylann. Ma resta un delitto. Uccidere è sempre un reato, è il più grave dei reati, farlo con premeditazione, come sarà in questo caso, è un abominio. Non può esistere il Diritto ad uccidere. Se lo Stato uccide va fuori del diritto.
Molti, moltissimi, hanno scritto tante volte queste cose. Hanno segnalato l’incongruenza di una grande democrazia come quella americana, forse la più grande democrazia moderna, che prevede e ammette ed esercita la pena di morte. Pochi però, pochissimi, insorsero quando l’ 11 giugno del 2001, in una prigione dell’Oklahoma, fu messo a morte un certo Timothy McVeigh. Timothy aveva commesso un delitto ancora più tremendo: con una autobomba micidiale, nell’aprile del 1995, aveva fatto saltare in aria un intero edificio che ospitava uffici del governo e della polizia, e aveva ucciso 168 persone. Il più grave attentato di tutti i tempi, nella storia degli Stati Uniti, prima dell’ 11 settembre. Timothy non seppe mai dell ‘ 11 settembre, perchè lo uccisero due mesi prima. Due mesi esatti. Anche lui era un suprematista bianco, un nazista, e le voci che si levarono per chiederne la salvezza furono flebili flebili. E’ facile chiedere che non sia ucciso Abele, no? Ma Caino, Caino possiamo massacrarlo quando vogliamo? Uccidere un nazista non è un reato, uguale, identico all’uccisione di un missionario, o di Luther King, o di Gandhi, o di Teresa di Calcutta?
Temo che questa domanda raccolga pochissime risposte positive. E Dylann morirà, nel silenzio, o addirittura nella soddisfazione di molti, anche di molti pacifisti, anche di molti combattenti contro la pena di morte. Ieri persino il liberal “Washington Post” ha espresso la preoccupazione che il governo impedisca l’esecuzione. O comunque la rinvii a lungo. Dylann è un nazista? Crepi.
Spero di sbagliarmi