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GIORGIO TONINI PD FUNZIONARIO CAMERA
Giorgio Tonini, riformista ed ex parlamentare Pd, giudica la spaccatura dem al Parlamento europeo «un disastro totale» e incolpa la segretaria Elly Schlein. «Ha messo i parlamentarti europei di fronte alla scelta tra la fiducia a lei e la disciplina interna al gruppo socialista», spiega.
Come giudica quanto accaduto a Strasburgo?
Onestamente ero convinto che si sarebbe arrivati a una composizione non solo e non tanto dentro al gruppo del Pd ma tra il gruppo del Pd e il gruppo Socialista. E invece è stato fatto un vero disastro. Mi sarei aspettato che la segretaria lavorasse per far notare le giuste critiche del Pd rispetto al piano di riarmo ma senza spaccare il gruppo. Questo mi sarei aspettato da un leader nazionale, peraltro leader della principale delegazione nel gruppo socialista.
E invece?
Invece, anziché arrivare a una sintesi con gli altri leader nazionali della famiglia socialista, ha messo i parlamentarti europei di fronte alla scelta tra la fiducia a lei e la disciplina interna al gruppo socialista. È stata una scelta assurda che non poteva che produrre il disastro che ha prodotto, cioè un gruppo spaccato in due e una parte che proprio perché europeista non ha voluto votare le spalle alla famiglia socialista.
E così si è arrivati alla spaccatura del gruppo, con 11 astensioni e 10 voti a favore del piano von der Leyen.
La metà con la bandiera del Pd si è trovata a rompere con i Socialisti e finire in questa terra di nessuno assieme a una trentina di scappati di casa, gente strana che per diverse ragioni non ha votato come il gruppo a cui appartiene. Una collocazione senza alcun significato politico.
Perché sia arrivati a tanto?
Onestamente non so quale sia la ragione. Capisco tante motivazioni nel considerare questo passaggio come un percorso delicato e anche doloroso. È evidente a tutte le forze politiche che chiedere in questo momento a tutti gli europei e in particolare agli italiani uno sforzo per sopperire al venir meno della certezza della copertura militare americana in ambito Nato sia una posizione impopolare. E che sia molto più semplice coltivare un pacifismo facile, non che costruisca la pace ma del “lasciateci in pace', che è un po’ diverso. Tuttavia questo esito della vicenda è il peggiore possibile perché di fatto il Pd che Schlein rappresenta si trova attaccato su due fronti: da una parte da Conte e dai signori del no assoluto, dall’altra abbiamo svenduto un patrimonio di credibilità del Pd e attraverso il Pd dell’Italia.
In che senso Schlein ha svenduto la credibilità del Pd?
La forza più credibile sul piano europeo, dagli anni del berlusconismo, è sempre stato prima l’Ulivo poi il Pd. Siamo sempre stati noi i più europeisti di tutti, anche più di Berlusconi. Se c’è un partito dell’Europa in Italia è il Pd. E Schlein per tenere la sua posizione ha ignorato gli appelli di Prodi, di Veltroni, di Letta, di Gentiloni e potremmo continuare la lista includendo anche chi non c’è più come Ciampi e Napolitano. Per fortuna c’è ancora Sergio Mattarella che fa il presidente della Repubblica e che certamente non ha lasciato dubitare di come veda questo passaggio storico e della necessità di difendere l’Ucraina e l’Europa.
Per tutti questi motivi pensa anche lei, come Zanda e altri, che sia necessario un Congresso?
Se stiamo allo statuto, nel 2026 il presidente del Pd deve convocare il Congresso, sei mesi prima della scadenza della segretaria. Anticiparlo prima del 2026 mi pare complicato ma in ogni caso il tema vero non è in quale sede incontrarsi ma capire il senso della posizione che l’attuale dirigenza del partito vuole assumere. Da quel che ho capito Schlein porta avanti una linea federalista che vuole subito la difesa europea e non vuole il piano von der Leyen perché prevede una fase intermedia di integrazione tra gli stati nazionali. Se il punto di dissenso è questa fase intermedia, a me sembra assurdo fare una conta interna su questo. Anche perché la fase intermedia ormai c’è, punto e basta. Il punto non è il se ma il come stare nella fase intermedia. E su questo non penso sarà difficile trovare un punto d’incontro. Altrimenti c’è un terzo scenario.
Cioè?
Non vorrei che il grande obiettivo storico della difesa comune venga utilizzato in maniera strumentale. Per arrivare alla moneta comune c’è stata una fase intermedia, dal 1979 al 1998, cioè lo Sme. Ebbene, il Pci votò contro lo Sme, non vorrei che facessimo la stessa cosa. Abbiamo nostalgia di una sinistra così, che fa obiezione di coscienza alle fasi intermedie dicendo si all’impossibile purché non si faccia il possibile? Questo si chiama benaltrismo. Se siamo questi allora temo un Congresso sia pure troppo poco, perché rischia di essere l’ultimo.
Schlein è ancora la persona giusta per guidare il Pd?
Io non l’ho votata perché non condividevo la sua piattaforma. Ho stima per lei e fino a ieri le avevo dato atto che sulla politica estera e di difesa aveva sempre tenuto la linea giusta e condivisa. Naturalmente declinata a modo suo. Dopo il voto di ieri sono incerto perché vorrei prima capire da lei e da chi la sostiene come va letta questa mossa, fermo restando che si è risolta in un disastro tattico. Perché i partiti possono reggere tutti i dissensi, ma non quelli radicali sulla collocazione internazionale.