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Per Giorgio Spangher, professore emerito di Diritto processuale penale alla Sapienza di Roma, sulla soluzione dell'improcedibilità proposta dalla Ministra della Giustizia Marta Cartabia per ridurre la durata dei processi «sono emerse troppe e motivate critiche per non pensare seriamente di abbandonarla». Partendo dal presupposto che siamo ancora in una fase non definitiva, qual è il suo giudizio sulla riforma? Si tratta davvero di una riforma epocale di cui il processo penale aveva bisogno da tempo oppure no? Con tranquillità si può affermare che non è una riforma epocale anche perché si innesta, emendandola, sull'impianto della riforma Bonafede. Benché ci sia una novità significativa nel rinnovato sistema sanzionatorio che supera la filosofia carcero-centrica, fino a quando non si ridurranno le ipotesi criminose tutto si scaricherà sul processo e quindi sui suoi tempi. Quindi anche Lei ritiene, come ha detto l'avvocato Valerio Spigarelli nella puntata dell'Asterisco, che innestare un frutto buono (gli emendamenti Cartabia) su uno marcio (legge Bonafede) non possa portare dunque alla riforma che si aspettava da anni? L'impianto proposto è condizionato da un lato dallo stop alla prescrizione dopo il primo grado, come voluto dall'ex Ministro grillino, dall'altro dalle richieste della Commissione europea. Ci chiedono di intervenire sia sul processo civile che su quello penale ma la riforma di cui avremmo bisogno non si può realizzare con questi presupposti e in tempi così brevi. Da più parti stanno arrivando delle riserve su questo restyling – nulla sulla modalità di svolgimento del dibattimento, nulla sulle prove, la cancellazione dell’archiviazione meritata, il temperamento del patteggiamento, solo per fare alcuni esempi – che meriterebbe maggiore attenzione in questa fase in cui ci si avvicina all’approvazione finale. Invece temo che tutta l'attenzione che verrà concentrata sulle criticità del nuovo istituto dell'improcedibilità metterà in ombra il resto. Passiamo infatti alla questione più spinosa: l'improcedibilità. Il suo collega Paolo Ferrua ha scritto: «La folle improcedibilità. Non è chiaro a chi risalga la luminosa idea di inserire nella riforma del processo questa folle ‘improcedibilità’ che ora pone il parlamento di fronte a un ricatto. Da un lato, votare contro la riforma in nome dei principi costituzionali, a partire dall’art. 112 cost.; dall’altro, approvarla, voltandosi altrove, per non perdere i fondi europei». È d'accordo? L'opinione del professore è assolutamente condivisibile. Sono emerse troppe e motivate critiche alla soluzione proposta per non pensare seriamente di abbandonarla e lavorare sulla proposta alternativa della commissione Lattanzi, ovvero l’ipotesi A. Sulla soluzione proposta, oltre al necessario chiarimento sulla sua natura sostanziale o processuale in merito ai suoi effetti, bisogna chiedersi se si riuscirà a rispettare i tempi previsti - due anni per terminare l’Appello - considerate le differenze tra i diversi Distretti. Inoltre il discorso della durata media dei processi andrebbe sviscerato meglio, in base alla produttività delle singole sezioni. A ciò si aggiunge che l’ipotesi dell’improcedibilità non consente una priorità tra un processo che ad esempio in primo grado è durato 7 anni e uno per direttissima, dovendosi rispettare la medesima deadline. Il dover concludere tutti i processi, a prescindere dai reati, in quei tempi prestabiliti esclude che gli uffici giudiziari possano scegliere tra ciò che si vuole o non vuole dichiarare improcedibile. Una larga parte del tempo sarà impegnata dalle attività di cancelleria, ipotizzandosi aumenti di impugnazioni. Non si pensi di introdurre filtri di accesso. Ci sono altre criticità? Non sono chiare le implicazioni di questa decisione sia sulla sentenza di condanna sia di proscioglimento di primo grado. Per le differenze con le altre ipotesi di improcedibilità andrebbe ricostruita con molta precisione. Rispetto alla prima relazione Lattanzi ci sono state appunto delle modifiche, frutto del dialogo con le parti: giusto compromesso o marcia indietro che annacqua i propositi iniziali? Credo che la proposta iniziale sia stata svuotata di alcuni elementi positivi. Il dialogo con le parti – avvocatura, accademia, magistratura – è giusto ma su alcuni aspetti ci sarebbe voluto più coraggio. Non vorrei che per concentrarsi troppo sulla prescrizione, si sia preferito cedere su altri punti. Si riferisce al fatto che la commissione non ha mantenuto il punto sull'inappellabilità per il pm delle sentenze di assoluzione? Esatto. L’errore iniziale, leggendo in modo non corretto la sentenza della Corte Costituzionale sulla legge Pecorella, è stato quello di legare la legittimazione del pm ad appellare alla critica vincolata per accedere al secondo grado. In pratica uno svantaggio al pm – inappellabilità della sentenza di assoluzione – doveva per forza essere controbilanciato da uno svantaggio per la difesa – fondatezza dei motivi di appello. Se salta uno, salta anche l’altro. Dal nuovo pacchetto emendativo è scomparsa l'archiviazione meritata per esempio. Che ne pensa? Era una bandiera del Pd che credo presenterà un sub emendamento per farla rientrare, sempre se si andrà in Commissione Giustizia, prima che in Aula: questo è un punto politico non da poco. Nella scelta di sopprimerla, si consentirà al pm di proporre la messa alla prova. Bisogna comunque dire che non è con la moltiplicazione dei riti che si risolve il problema. Il segretario di Area, Albamonte, ha detto però che si è avuto poco coraggio sul tema del patteggiamento. Si era detto che poteva arrivare fino alla metà della pena, ora questa possibilità è scomparsa. È d'accordo con lui? Non è stato solo il patteggiamento a cadere. Si è fatta una riscrittura generale della premialità, limitandone le posizioni alte. Per omogeneità è stato ritoccato anche il patteggiamento. Forse per qualche forza politica non era sostenibile che un imputato potesse avere tale sconto di pena. Se lo si vuole reintrodurre come previsto dall’inizio, occorre ri-armonizzarlo con il sistema. Poi, come sottolineato anche dal presidente dell'Unione delle Camere Penali Caiazza, non comprendo la marcia indietro sull’abbreviato condizionato che avrebbe eliminato il dibattimento e consentito lo sconto di un terzo della pena. Se ben delineato, posta l'adesione del giudice del dibattimento, avrebbe costituito un importante strumento deflattivo. Qual è il suo parere sulla scelta dei criteri affidati in parte al Parlamento? In realtà, nella nuova disciplina, anch'essa modificata rispetto all'impianto iniziale, ognuno può vederci ciò che gli pare. Si è accontentata l’avvocatura facendo scomparire il riferimento al CSM, si è accontentata la parte della politica sfumando il ruolo del Parlamento e infine la magistratura consentendo alle Procure di predisporre le indicazioni programmatiche temporali. Secondo la mia opinione il riferimento alle risorse e ai carichi di lavoro e ai progetti organizzativi sposta ogni decisione nelle indicazioni dei diversi uffici di procura in un generico quadro delle indicazioni di legge.