La decisione definitiva sull’ammissibilità spetterà alla Consulta e poi si dovrà aspettare l’eventuale esito delle urne, considerando la difficoltà a raggiungere il quorum che si è registrata alle ultime consultazioni referendarie. In ogni caso, la riforma sta creando non poco allarme nel Mezzogiorno e pare in grado di provocare ulteriori tensioni anche all’interno del centrodestra, con Forza Italia che è stata costretta a mordere il freno in più occasioni e nonostante la presa di posizione critica di diversi governatori azzurri del Sud, a partire dal calabrese Roberto Occhiuto.

Il timore che ci possano essere penalizzazioni per le regioni più deboli, soprattutto in settori delicati come sanità e istruzione, va di pari passo con le incertezze sul finanziamento dei Lep, i livelli essenziali delle prestazioni, da garantire in tutto il territorio nazionale. Lo stesso Antonio Tajani ha fatto fatica a tenere buoni i suoi. Abbiamo fatto il punto con il deputato Gianfranco Rotondi, presidente della “Democrazia cristiana con Rotondi” ed eletto all’uninominale in Campania nella lista centrista “Verde è Popolare”, a sostegno della premier Giorgia Meloni.

Da parlamentare del Sud come valuta l’allarme sociale in atto nelle regioni meridionali sull’autonomia differenziata?

Mi fa sorridere il tentativo di presentare l’autonomia differenziata come figlia di questo governo, che ne completa al massimo il percorso. L’apporto determinante all’autonomia differenziata fu dato dalla riforma del 2001, fortemente voluta dal centrosinistra nella convinzione di tagliare così le basi del consenso alla Lega nel Nord. È un tic della sinistra post- comunista, e il Pci questi errori non li faceva: quando un avversario cresce, loro ne sposano le ragioni pensando di ridimensionarlo, e invece lo santificano e lo rilanciano. Così hanno fatto coi leghisti, servendogli l’autonomia più velocemente del centrodestra; e così hanno fatto coi cinque stelle, varando leggi speciali distruttive della politica, dalla Severino all’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti. Da trenta anni la questione settentrionale ha sostituito quella meridionale, con buona pace di Gramsci, Gobetti e Guido Dorso. Questo è il tema, non il completamento dell’autonomia che è condizionato dal vero dei Lep, e dunque rinviato al mese di poi dell’anno di mai.

I dubbi sulla riforma non sono soltanto di natura politica, ma sono arrivati anche dalle associazioni e dalla stessa Chiesa. C’è un reale rischio di dividere in due il Paese?

C’è una propaganda astuta e abile del Pd della Schlein, che si rivela un’avversaria tostissima perché capace di narrazioni convincenti, anche quando poggiate su presupposti non veritieri. Oggi il Pd attacca una riforma voluta da D’Alema, e la presenta come una scelta della Meloni: è bravura anche questa, chapeau!

La raccolta delle firme per il referendum, però, è un segnale chiaro dell’umore dei cittadini. Secondo lei è possibile arrivare al quorum dopo tanti anni di tentativi andati a vuoto?

Non saprei, perché non è ancora chiaro il quadro delle reali scelte dei partiti. I referendum da tempo consentono una previsione in base alla somma delle percentuali dei partiti favorevoli al quesito, ma in questo caso il tema è quanto astensionismo ci sarà e penso moltissimo francamente .

Anche nella maggioranza di centrodestra ci sono punti di vista diversi sul tema. Forza Italia in particolare sembra in difficoltà…

Bisognava pensarci prima, molto prima, quando potevamo evitare una strumentalizzazione che sarà negativa per il centrodestra. Magari vinceremo il referendum, ma perderemo le regioni del Sud. In politica la propaganda funziona anche quando è falsa, e la suggestione di una riforma antimeridionale purtroppo è passata.

Diversi governatori del Sud hanno espresso critiche sia all’autonomia che al sistema di finanziamento dei Lep, Roberto Occhiuto in testa. Crede che ci potrebbero essere ulteriori spaccature sul piano territoriale o problemi di tenuta per la maggioranza guidata da Meloni?

Il governo Meloni regge sulla maggioranza di centrodestra, di cui la Lega è asse portante. Aggiungo che la Lega è stata asse portante di quasi tutti i governi della seconda repubblica, Conte e Draghi compresi. Forse una riflessione doveva farla proprio Salvini, che oggi ha più consenso a Sud che a Nord. Il capo della Lega ha scelto di blindare il consenso a Nord, ma rischia effetti negativi a Sud. Tuttavia, la Lega è una grande forza di governo, e sicuramente sta già pensando soluzioni di riequilibrio che raddrizzeranno la traiettoria. Non ci sarà bisogno di dividerci per individuare percorsi virtuosi.

Se la riforma Calderoli superasse indenne il passaggio referendario, quali sarebbero le priorità nella sua attuazione per evitare squilibri eccessivi soprattutto in settori vitali come sanità e istruzione?

Gli squilibri nel campo sanitario sono già esistenti. Chiesi una volta a un collega siciliano quale fosse il miglior presidio sanitario dell’isola, mi rispose: gli aeroporti.