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Il generale Vincenzo Camporini
Il generale Vincenzo Camporini, ex capo di stato maggiore dell’Aeronautica militare e della Difesa, e candidato per Azione alle Europee, ha le idee ben chiare sul sostegno all’Ucraina. «Stride il ragionamento per cui a un paese che viene aggredito si decide di fornire un aiuto militare e poi gli si impedisce di utilizzarlo per colpire le sorgenti di fuoco origine degli attacchi», dice. Per poi sottolineare che «non esistono armi offensive o difensive». E sull’idea di Marco Tarquinio di sciogliere la Nato, è chiaro: «Sono abbastanza sorpreso del fatto che, pur in una posizione da indipendente, il Pd abbia candidato Tarquinio, perché oggettivamente su un certo numero di argomenti, non solo sull’Ucraina ma ad esempio sull’aborto, dice cose contrarie a quelle che sono le posizioni fondanti del Pd», spiega.
Generale Camporini, Francia, Germania altri hanno aperto all’utilizzo di armi occidentali per colpire le basi russe da dove partono gli attacchi in Ucraina. È d’accordo?
Siamo in presenza di decisioni di tipo nazionale che non sono state dibattute nell’ambito dell’Alleanza atlantica e che quindi riguardano i singoli paesi. Chiaramente se ne dibatterà anche in ambito Nato ma non dimentichiamo che il sostegno all’Ucraina in questa triste vicenda è stato deciso nel formato Ramstein, il quale comprende una cinquantina di paesi e dunque va oltre la sfera della Nato. Ciò detto, stride il ragionamento per cui a un paese che viene aggredito si decide di fornire un aiuto militare e poi gli si impedisce di utilizzarlo per colpire le sorgenti di fuoco origine degli attacchi.
Eppure si continua a parlare di armi difensive, che dovrebbero essere usate soltanto per difendersi. È corretto?
Non esistono armi offensive o difensive, esistono le armi in quanto tali, che possono poi essere usate per difendersi o per attaccare. Nel momento in cui c’è qualcuno che mi spara e io neutralizzo la sorgente di fuoco sto portando avanti un atto offensivo o difensivo? Io dico che è un atto difensivo, perché impedisco al mio avversario di raggiungere il suo scopo, cioè spararmi addosso.
C’è però anche un problema politico, che sta venendo fuori specialmente in questo momento in cui sia in Europa che negli Stati Uniti siamo in piena campagna elettorale, non crede?
Come detto, dal punto di vista logico o tecnico non ci sono dubbi che anche colpire le basi russe sarebbe da parte dell’Ucraina una mossa difensiva. Poi certo, c’è un punto di vista politico sul quale si può ragionare. Come candidato di Azione dico che consentire all’Ucraina di difendersi neutralizzando l’attaccante prima che lanci l’attacco è qualcosa di doveroso. La campagna elettorale influisce ma le decisioni del governo e della maggioranza devono essere prese in totale autonomia e vedremo come si esprimerà il nostro governo. Tuttavia dobbiamo renderci conto che se consentiamo l’uso di questi sistemi d’arma al di là della linea di confine mettiamo l’Ucraina in una situazione molto più confortevole di quanto sia ora.
Mesi fa quattro velivoli russi, senza uscire dallo spazio aereo russo, hanno lanciato bombe contro l’Ucraina e furono abbattuti da missili Patriot americani partiti dall’Ucraina. All’epoca gli Stati Uniti rimproverarono Kyiv perché in quel modo si rischiava di provocare la reazione russa. Io dico che invece fu un atto doveroso, anche perché impedì che quei velivoli reiterassero gli attacchi.
Ha fatto molto discutere la proposta del candidato Pd Marco Tarquinio di «sciogliere la Nato», smentito dallo stesso Pd. Che ne pensa?
Sono abbastanza sorpreso del fatto che, pur in una posizione da indipendente, il Pd abbia candidato Tarquinio, perché oggettivamente su un certo numero di argomenti, non solo sull’Ucraina ma ad esempio sull’aborto, dice cose contrarie a quelle che sono le posizioni fondanti del Pd. È una scelta del partito quella di raccattare più consensi possibile, anche contraddicendo se stesso, e noi questo atteggiamento non lo approviamo. La nostra linea politica è molto chiara sia sulla politica estera internazionale, sia in termini di spinta verso un'ulteriore integrazione europea, sia in termini di diritti civili.
A proposito di integrazione europea, cosa deve cambiare in Ue perché ci si smuova dall’immobilismo attuale?
Deve cambiare la regola dell’unanimità, purtroppo scritta nei Trattati, perché ci sono una serie di materie dove l’azione dell’Unione è paralizzata dal fatto che si dà a qualsiasi paese il potere di esprimere parere contrario e bloccare o quantomeno rallentare le decisioni. Il caso ungherese è emblematico ma non è il solo. Dobbiamo superare questa norma e procedere con un’integrazione di tipo sempre più federale per diventare un partner di pari dignità e di pari peso sullo scacchiere internazionale. Insomma, Kissinger non sapeva chi chiamare quando doveva parlare con i vertici dell’Ue: è bene che questo benedetto numero di telefono si trovi.
Si parla molto di esercito europeo: è fattibile?
Il concetto di esercito comune è abbastanza superficiale. Se intendiamo una formazione militare dell’Unione europea con la stessa uniforme, le stesse armi, le stesse dottrine, ci possono volere anche decenni. Quello che noi auspichiamo è una reale capacità operativa dei paesi europei con il lavoro fianco a fianco delle unità dei singoli paesi, che questi mettono a disposizione dell’Unione. Dal punto di vista tecnico siamo già abituati a operare congiuntamente tra paesi, ma c’è una difficoltà di carattere logistico perché ognuno ha il proprio equipaggiamento rigorosamente nazionale, le proprie catene di approvvigionamento e così via. Quello che serve nella realtà è sapere chi comanda. Insomma, abbiamo bisogno di un centro di comando centralizzato per il quale i singoli paesi mettono a disposizione i propri contingenti.