L’ingerenza di Elon Musk nelle decisioni della magistratura, sul caso dei migranti trasferiti prima in Albania e poi riportati in Italia, ha suscitato l’immediata risposta del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Dal Quirinale la presa di posizione chiara in difesa dell’Italia che «sa badare a se stessa». Quanto il potere economico e finanziario può andare d’accordo con le istituzioni democratiche? Ne abbiamo parlato con il professor Tommaso Greco, ordinario di Filosofia del diritto nel Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Pisa, dove è anche direttore del Centro interdipartimentale di Bioetica. Greco dirige, inoltre, la collana “Bobbiana” dell’editore Giappichelli e la rivista di Storia della filosofia del diritto “Diacronìa”. È autore del libro “La legge della fiducia. Alle radici del diritto” (Laterza), che ha ricevuto il “Premio nazionale letterario Pisa 2022” per la saggistica, e di “Curare il mondo con Simone Weil” (Laterza). Nel 2024 gli è stato assegnato il “Premio Bartolo da Sassoferrato” per le scienze giuridiche politico-sociali nella sezione “Pensare la pace”.

Professor Greco, lo spropositato potere economico di Elon Musk rischia di trasformarsi in delirio di onnipotenza?

Come insegna la migliore tradizione del pensiero politico, chiunque si trovi ad esercitare un potere, di qualsiasi natura esso sia, tende naturalmente ad espanderlo e anche ad abusarne. A meno che non incontri qualche altro potere che lo limita. La tentazione di fare come gli ateniesi nei confronti degli abitanti dell’isola di Melo, ne parla Tucidide, di dire cioè che per natura il forte comanda e il debole soccombe, è sempre forte.

Essere l’uomo più ricco del mondo legittima Musk anche ad interferire negli affari interni di altri Stati?

Certamente non lo legittima il fatto di essere l’uomo più ricco del mondo. Io credo però che l’argomento da usare per criticare il suo intervento non sia quello della sovranità intoccabile degli Stati. Credo che noi tutti, come cittadini del mondo, abbiamo il diritto-dovere di poter pensare e anche di dire ciò che pensiamo con riguardo a ciò che succede anche fuori dai confini dei Paesi in cui abitiamo. Questo, naturalmente, sempre nel rispetto degli altri e, soprattutto, con la dovuta prudenza quando si ricoprono ruoli pubblici e istituzionali. Il problema delle cose dette da Musk riguarda piuttosto il loro contenuto e i mezzi attraverso i quali questi contenuti vengono veicolati.

Le esternazioni sui giudici italiani da parte dell’uomo più ricco del mondo sono un precedente pericoloso? È stato lanciato un messaggio non solo all’Italia?

Ecco, il punto è proprio questo. Le cose dette da Musk sono preoccupanti proprio perché esprimono in maniera forte, provenendo da una fonte particolarmente potente, un pensiero che si sta diffondendo sempre di più tra le classi dirigenti delle democrazie occidentali, e cioè che i limiti costituzionali al potere sono diventati insopportabili per chi si trova a ricoprire posizioni di vertice. È la dottrina della separazione dei poteri che diventa problematica quando chi esercita il potere esecutivo avverte i poteri di controllo come un limite all’esercizio della volontà politica. Questo tra l’altro viene fatto ripetendo che si tratta di attentati alla volontà popolare. Ma come insegnava benissimo Aristotele nella “Politica”, è tipico dei demagoghi ricondurre tutto alla volontà del popolo perché sono loro stessi i padroni della volontà del popolo, cosa che nel caso di Musk è particolarmente vera. Aristotele spiega che sulla base di questo argomento i demagoghi, oggi li chiamiamo populisti, tendono a sfasciare le “magistrature”, cioè le istituzioni, e conclude che nelle democrazie in cui avviene questo non c’è costituzione.

Musk domina la scena in ambito tecnologico, nelle neuroscienze, vuole andare alla conquista di Marte. È una figura troppo ingombrante per la politica? Ci sono dei rischi per la democrazia?

Per rimanere alla lezione degli antichi Greci, che poi sono coloro che hanno inventato la democrazia, quando qualcuno diventava troppo potente veniva impiegato un istituto che era quello dell’ostracismo. Non si tratta ovviamente di rispolverare istituti come questo, peraltro spesso abusato dalle maggioranze per far fuori personaggi scomodi, ma certamente le democrazie, nel solco della loro tradizione, devono fare in modo che nessuno possa esercitare un potere troppo grande senza incontrare limiti e senza essere sottoposti a controlli. Nel caso specifico di Elon Musk, esiste il grande problema di un soggetto privato, che gestisce con criteri del tutto privatistici, quella che oggi è la principale agorà pubblica nella quale si formano le opinioni politiche di milioni di cittadini. Questo vuol dire che il suo potere di influenza è enorme. Una delle sfide del pensiero giuridico e costituzionalistico di oggi riguarda proprio l’aggiornamento della mappa dei poteri e quindi la necessità di fare una rinnovata riflessione sui limiti ai quali essi devono essere sottoposti.

Il patron di Tesla e Space X ha aperto una nuova fase in cui le scelte dei cittadini-elettori diventano meno rilevanti di fronte a chi ha il dominio delle piattaforme social e delle nuove tecnologie?

Stiamo assistendo in generale ad una profonda trasformazione delle nostre democrazie. Qualcuno parla di democratura, per evidenziare il fatto che molti fenomeni rappresentano una decisa sfida ai modi in cui siamo abituati a pensare la democrazia. Ci sono alcuni evidenti processi in atto: una verticalizzazione del potere, una marginalizzazione della partecipazione attiva, una scomparsa dei luoghi reali in cui si forma il consenso, un restringimento delle possibilità del dissenso, si pensi al disegno di legge sulla sicurezza approvato dalla Camera lo scorso 18 settembre, una lotta politica che sempre più assume le sembianze di una guerra civile. È significativo, ad esempio, che il neoeletto presidente Trump abbia detto a Biden che la transizione avverrà in modo pacifico, come se questo non dovesse essere scontato. Vi è una tendenza da parte dei governanti a cambiare a loro favore le regole del gioco. Mi vengono in mente, in questo caso, i ricorrenti tentativi di allungare il numero dei mandati quando le regole lo impedirebbero. La sfida politica e tecnologica alla democrazia, nel caso specifico di cui stiamo parlando, appare evidente. Anche qui, si tratta di fare delle scelte di fondo, per capire quali sono i valori ai quali vogliamo volgere la nostra attenzione e che vogliamo tutelare in futuro. È chiaro che se l’unica cosa che conta sono la velocità e l’efficienza delle decisioni, il modello verticistico e tecnologico non incontrerà più alcun ostacolo.

Il "modello politico" rappresentato dal neoeletto presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, potrebbe essere imitato nel resto del mondo? L’Europa, con la sua storia, riuscirà a resistere a certe sollecitazioni?

Direi che Donald Trump incarna alla perfezione tutte le tendenze di cui parlavo poc’anzi. Anche il pensiero, di cui qualcuno ha parlato di recente, di un terzo mandato, e mi permetta di aggiungere che è davvero incredibile che queste notizie vengano date dagli organi di informazione senza mai discuterle criticamente, fa parte di questa fase critica della vita democratica. L’Europa ha un patrimonio costituzionale da preservare e difendere, anche se i segnali di un cedimento nel Vecchio continente non sono affatto pochi. Qui però va sottolineata la responsabilità che compete a ciascuno, non solo ai politici e ai governanti.

Servono cittadini responsabili e attivi?

Proprio così e non solo. Serve un’informazione che sia esercitata con piena consapevolezza dei diritti e dei doveri che la libera informazione comporta, a maggior ragione quando i politici, con i loro potenti alleati, mostrano di avere grandi capacità manipolatorie. Servono pure intellettuali e studiosi in grado di interpretare la realtà e di evidenziarne gli aspetti più problematici, che siano anche capaci di inventiva, perché il nostro tempo richiede nuove soluzioni giuridiche e politiche. Oggi, ad esempio, serve un pensiero della pace che sia in grado di contrastare il tanto diffuso pensiero della guerra. Occorrono soluzioni e proposte che siano capaci di portare l’uomo del terzo millennio oltre questa situazione nella quale sembra tanto naturale continuare a usare lo strumento arcaico della guerra. Anche su questo piano, l’Europa ha molto da dire e si spera che i suoi leader ne diventino sempre più consapevoli.