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«È stata una giornata storica per tre ragioni: perché è arrivata in Aula una legge di iniziativa popolare, perché si trattava di una legge promossa dall’Unione Camere penali italiane e perché l’aula di Montecitorio rappresenta in ogni caso una straordinaria cassa di risonanza, dove siamo riusciti ad anticipare quello che accadrà: attuare la parità tra le parti nel processo anche all’interno dell’ordine giudiziario». Francesco Paolo Sisto, deputato di Forza Italia, non considera una débacle il ritorno in commissione a cui è irrimediabilmente destinata la separazione delle carriere. Nella discussione generale andata in scena lunedì a Montecitorio scorge anzi auspici di vittoria. Sia per gli avvocati, che attraverso l’Ucpi hanno raccolto 74mila firme e messo sul tavolo del legislatore la riforma costituzionale, sia per Forza Italia, «perché noi siamo stati sempre in primissima linea, veri sostenitori in Parlamento di questa sacrosanta riforma».
Tanto che lunedì avete quasi monopolizzato il dibattito in Aula.
Siamo stati gli unici a utilizzare l’intero tempo messo a disposizione del gruppo, con gli interventi dei colleghi Calabria e Battilocchio, oltre a quello del sottoscritto. Il Movimento 5 Stelle non è pervenuto. Di fatto non si è visto, eppure con Fraccaro erano stati loro a presentare la proposta tranchant sulle leggi di iniziativa popolare. Ne arriva una per la prima volta all’esame dell’Aula e non dicono neppure cosa ne pensano? Il pentastellato Giuseppe Brescia è intervenuto solo nella sua qualità di presidente della commissione Affari costituzionali: “Non esprimo valutazioni di merito”, ha detto.
Invece Bazoli ha spiegato la prudenza dem anche col rischio di scatenare reazioni nella magistratura: dimostra che nel merito la riforma è difficile da contestare?
Certo, il fatto che si senta quasi il bisogno di giustificarsi con una controindicazione politica attesta quanto sia difficile criticare la separazione delle carriere nel merito. Ma vorrei citare un magistrato del calibro di Renato Bricchetti, presidente di sezione della Suprema corte, intervenuto lunedì sera, dopo la seduta alla Camera, a un webinar organizzato proprio dall’Unione Camere penali: “Le vere riforme non si possono fare con l’accordo di chi le subisce”, ha ricordato. Parliamo di una figura dalla grande onestà intellettuale. La separazione delle carriere attua il principio del giusto processo affermato all’articolo 111 della Costituzione, e una riforma che attua un principio già sancito dalla Carta non richiede, credo, il consenso di un sindacato dei magistrati.
Ma se di qui a qui a qualche tempo il centrodestra approvasse la separazione delle carriere, Pd e M5S secondo lei avrebbero il coraggio di chiederne la bocciatura al referendum confermativo?
Più che la mobilitazione dei partiti si creerebbe quella di chi non vuol perdere il privilegio della commistione tra attività giudicante e requirente. Perché di privilegio si tratta. E io temo che, in quel caso, Pd e 5 Stelle possano farsi veicolo di quella forte spinta prodotta dalla magistratura.
Però lei considera maturo il tempo per una svolta sulle carriere dei magistrati, giusto?
Sì, credo siano maturi i tempi per una rivoluzione culturale, possibile però solo attraverso una rivoluzione meccanica sulle carriere: cioè, va restituita autorevolezza e forza al giudice, innanzitutto al gip, rispetto al pm, attraverso la separazione di chi giudica da chi accusa.
FI è certamente l’avanguardia garantista in Parlamento: avvertite su di voi il pregiudizio di chi ritiene abbiate una simile vocazione solo perché coincide con l’interesse del leader?
Il fatto che Berlusconi sia stato uno sgradevole teste per il garantismo non cancella il fatto che noi abbiano avuto sempre lo stesso atteggiamento anche con chi apparteneva ad altre aree politiche, pure opposte alla nostra. Noi siamo garantisti innanzitutto in opposizione ai giustizialisti, a chi esalta solo decisioni di condanna, anziché le decisioni ispirate dalla serenità.
Le divaricazioni dal Pd sulla giustizia stroncano ogni ipotesi di alleanza tra voi e loro?
Non sono mai stato un fan di una simile ipotesi. Credo non stia in piedi soprattutto per la scarsa affidabilità del Pd. Se si pensa all’opposizione da loro condotta contro il governo M5S- Lega e poi al profilo che esibiscono ora, viene in mente la maschera bifronte del teatro greco: pianto da un verso, riso dall’altro. La giustizia dem è per noi indigeribile, al punto da non poter ipotizzare neppure sinergie occasionali. Loro la declinano secondo l’ottica di una parte della magistratura, noi con lo sguardo rivolto ai diritti dei cittadini.