L’ economista Giulio Sapelli spiega che «l’economia mondiale è ormai un incrocio di costellazioni, per cui un dazio che viene imposto su un’impresa avversaria, dato che quella crea prodotti che servono anche alla mia impresa, finisce per danneggiare la mia impresa» e che «rispondere con la stessa moneta imponendo ulteriori dazi è un concetto stupido perché si finirebbe per importare inflazione».

Professor Sapelli, con i nuovi dazi imposti da Trump andremo verso l’ignoto o pensa che l’Europa sa come affrontarli?

Per non andare verso l’ignoto occorre avere buone basi di economia e del commercio mondiale, come quelle che ci ha dato Paul Krugman premio Nobel nel 2008. Il quale ci ricorda che il commercio mondiale non è fatto di barriere doganali statuali ma di filiere di imprese che negli ultimi 50 anni si sono sempre più non solo globalizzate ma disintermediate. L’economia mondiale è ormai un incrocio di costellazioni, per cui un dazio che viene imposto su un’impresa avversaria, dato che quella crea prodotti che servono anche alla mia impresa, finisce per danneggiare la mia impresa.

Perché allora Trump prosegue con questa politica?

In sostanza la politica di Trump è la continuazione sotto altra specie della politica di Biden che era fondata sugli aiuti di Stato e sussidi diretti ad arginare la profonda deindustrializzazione degli Stati Uniti, la quale avanza da una trentina d’anni. Gli Usa sono il più grande importatore al mondo e sono sempre stati degli esilissimi esportatori, all’incirca su cifre del 6- 7% del loro PIl. Ma sia la politica di Biden che quella di Trump non avranno alcun effetto sulla deindustrializzazione.

In che modo l’America potrebbe contrastarla?

Si potrebbe arginare con una politica di investimenti ma siccome quelli privati sono ormai in gran pare diretti verso la finanza e il guadagno generato dai futures, quella che comunemente si chiama speculazione finanziaria, l’unico modo per arginare la deindustrializzazione sono investimenti pubblici diretti a creare industrie. Può essere fatto facilmente negli Stati Uniti perché loro del debito se ne fregano, visto che viene acquistato dalla Federal Reserve e il tetto imposto ogni anno viene aumentato con un accordo bipartisan.

Quali effetti avranno i dazi statunitensi sulle economie europee, compresa quella italiana?

Io penso che avranno pochissimi effetti. Naturalmente possono avere effetti su quei settori che esportano molto, ad esempio l’industria farmaceutica che è quella che esporta di più negli Stati Uniti e che produce prodotti essenziali. L’industria farmaceutica italiana è tra le migliori al mondo, anche se non lo dice nessuno. Un altro settore colpito sarà quello automobilistico, ma d’altronde è già stato colpito e non poco dalla transizione energetica di stampo woke.

Pensa sia opportuna la risposta di imporre altrettanti dazi, come fatto da Canada e Messico?

Rispondere con la stessa moneta imponendo ulteriori dazi è un concetto stupido perché si finirebbe per importare inflazione. Bisogna negoziare e lavorare sul diritto doganale.

Come si sposala guerra commerciale con le vicende geopolitiche che stiamo vivendo?

Siamo in un’economia di guerra. È finita l’era della centralizzazione capitalistica che gli stupidotti chiamano globalizzazione. È iniziata l’era del confronto imperialistico. Si sta sciogliendo l’artico e chi possiede punti di riferimento e dei territori in quella direzione è avvantaggiato. La Siberia finisce a due passi da Pechino, non dimentichiamolo. Siamo di fronte a un mondo in cui il possesso territoriale diventa fondamentale, anche se speriamo che la guerra venga solo minacciata. Basta pensare che l’Alaska prima era della Russia zarista. I tempi della storia tornano.

Quale ruolo potrà giocare l’Italia in questo contesto?

Sarà un futuro interessante. L’Italia giocherà un ruolo importante perché abbiamo una delle migliori Marine al mondo. Non facciamoci trascinare dal pensare che possiamo avere un ruolo nell’area danubiano- balcanica, pensiero che poteva avere Cavour. L’interesse prevalente dell’Italia è nel fianco Sud della Nato, cioè in Mediterraneo e in Africa. Ed è lì che dobbiamo concentrare gli sforzi.