Il ddl a prima firma del senatore di Fi Pierantonio Zanettin, “Modifiche al codice di procedura penale in materia di sequestro di dispositivi, sistemi informatici o telematici o memorie digitali”, è tra le riforme sbloccate del vertice di maggioranza che si è tenuto martedì sera. Approvato in Senato l’aprile scorso, dovrà ora ricominciare il suo iter nella Commissione giustizia della Camera. Ne parliamo con l’avvocato Guido Camera, presidente dell’associazione ItaliaStatodiDiritto, che sin dall’inizio ha seguito l’elaborazione della norma.

Finalmente si parte: abbiamo atteso troppo?

Siamo abbondantemente oltre la più generosa zona Cesarini. Bisogna fare davvero in fretta, perché l’attuale normativa è assolutamente inadeguata per regolamentare in modo coerente con i valori costituzionali un mezzo di ricerca della prova utilizzato oramai sistematicamente per la maggior parte dei reati. Viviamo una società digitale, in cui l’intelligenza artificiale è già una realtà negli ordinamenti di molti Stati, anche nella materia penale, e da noi ancora non si è neanche colta l’importanza di introdurre garanzie minime per i dati, le informazioni e la corrispondenza contenute negli smartphone. Lo trovo inaccettabile.

Perché è fondamentale questa riforma?

Perché le comunicazioni sono completamente cambiate dalla fine degli anni ’80, quando è entrato in vigore il nuovo codice di procedura penale. Anche le modifiche negli anni apportate non sono già più attuali. L’attuale sistema, di fatto, consente l’acquisizione indiscriminata dei contenuti di un device senza limiti rispetto a categorie di reati e senza che sia previsto il controllo di un giudice. È infatti il pm che con un decreto decide di adottare una misura così invasiva per la libertà individuale. C’è poi il tema della corrispondenza. Le regole attuali devono essere, a maggior ragione, modificate in considerazione di quanto ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 170/2023 nella vicenda Open, ovvero che anche i messaggi chat e di posta elettronica archiviati sono corrispondenza: corrispondenza che merita una tutela rafforzata, rispetto all’attuale, ai sensi dell’articolo 15 della Costituzione. Ciò significa, a mio giudizio, che queste forme di comunicazioni devono essere tutelate allo stesso modo delle intercettazioni.

Facciamo un esempio.

Prendo spunto da un caso di cronaca, cioè quello dell’inchiesta milanese sul c.d. “SalvaMilano”. Ma le sembra giusto che un assessore subisca l’acquisizione di una sua chat – che poi finisce sui media, costringendolo alle dimissioni – pur non essendo indagato e senza che ben sia chiaro il nesso di pertinenzialità con reati? Secondo me una captazione del genere deve avvenire solo se ci sono indizi di reato, in relazione alle fattispecie delittuose individuate dal legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, in un catalogo di reati di gravità medio/alta, e in seguito a un rigoroso controllo preventivo di un giudice circa la legittimità, la pertinenza e la proporzionalità della misura. Altrimenti è il grande fratello dell’inquisizione e la morte del giusto processo.

Secondo il ministro Nordio si tratta di una delle modifiche che non dovrebbero scatenare forti proteste della magistratura, altrimenti non sarebbe stata accantonata come quella sulla giornata delle vittime degli errori giudiziari. Proprio lei, qualche mese fa, è stata relatore in un convegno sul tema in cui si sono confronti avvocatura, magistratura e politica. Che impressione ha avuto delle possibili convergenze e punti di distanza? 

Quel convegno fu molto proficuo, perché impostato a un vero confronto tra soggetti – magistrati, avvocati e politici - che magari la pensano diversamente su alcuni aspetti, ma hanno una chiara comunanza di valori e idee sull’importanza di rispettare il bilanciamento tra riserva di legge e riserva di giurisdizione. Un approccio molto importante, perché è l’unico che riesce a produrre buone mediazioni, cioè la migliore garanzia del rispetto della democrazia. Spero che quello spirito ispirerà anche la ripresa dell’iter parlamentare.

Quali sono invece gli aspetti della norma che si possono migliorare attraverso il lavoro emendativo per rafforzare maggiormente la tutela difensiva?

Se devo fare un ragionamento più politico, devo ricordare che la norma, date le condizioni di partenza, è sicuramente buona, e dunque va privilegiata l’approvazione in tempi rapidi. Nel mio libro dei sogni di avvocato e strenuo fautore dello Stato di Diritto c’è però un rafforzamento del controllo del giudice anche sui contenuti diversi dalla corrispondenza, e un contraddittorio preventivo con la difesa sui contenuti rilevanti da selezionare, mutuando la procedura che si usa per l’incidente probatorio. Si devono inoltre rafforzare le garanzie di riservatezza delle comunicazioni con il difensore, in modo omogeneo a quanto stabilisce l’articolo 103 del codice di procedura penale, anche grazie alle modifiche contenute nella legge 114/ 2024.