COMMENTO

Certamente è un caso, però sembra proprio l’offensiva di Natale della magistratura contro i presidenti ( ormai ex) delle regioni. Il più famoso di loro, il fondatore di Comunione e Liberazione Roberto Formigoni, è stato condannato in primo grado a sei anni di prigione. Beppe Scopelliti, ex potentissimo sindaco di Reggio Calabria e poi ex potentissimo governatore della Calabria, si è beccato cinque anni abbondanti in appello. Per Raffaele Lombardo, ex Presidente della Sicilia, bisognerà aspettare un po’: la sentenza d’appello arriverà a metà gennaio. Il Pm ha chiesto la conferma a una decina d’anni.

Formigoni è stato condannato per corruzione, Scopelliti per abuso d’ufficio, Lombardo, in primo grado, per il reato sempre molto fumoso di concorso esterno in associazione mafiosa. Quanti governatori rischiano la galera? Il 30 per cento

Lui si difende. Dice: «Ma io non ho mai incontrato un mafioso in vita mia!». I magistrati rispondono: «Infatti, ti diamo concorso esterno, mica interno...».

Scopelliti, se non interverrà la Cassazione ad annullare le condanne, finirà in carcere tra qualche mese, perché una condanna superiore ai tre anni non ammette condizionale. Formigoni può sperare nell’appello, ma rischia. E così rischia molto Lombardo. Se pensate che il predecessore di Lombardo ha scontato cinque anni di carcere, senza nemmeno il permesso di andare al letto di morte della madre, e che il governatore dell’Abruzzo, prima di essere assolto dalla Cassazione, ha trascorso diversi mesi in cella, per l’arresto preventivo, e ha trascorso dieci anni di inferno, e che il governatore del Veneto, Galan, sta scontando ai domiciliari una condanna per l’affare del Mose di Venezia, siamo a sei governatori, quattro del sud e due del nord, che hanno avuto a che fare o che rischiano di avere a che fare con le manette e con le sbarre alla finestra. Le Regioni in Italia sono venti, mica tante. Sei su venti è una bella media, precisamente una media del 30 per cento. ( E non abbiamo voluto mettere nel conteggio alcuni governatori che hanno avuto la carriera stroncata dai procedimenti giudiziari, ma poi se la sono cavata, ottenendo l’assoluzione piena prima di finire in cella: per esempio Vasco Errani, in Emilia Romagna, o Antonio Bassolino, assolto da tutti i reati dopo cinque anni di campagne martellanti contro di lui e l’obbligo a ritirarsi dalla vita politica. Né abbiamo messo in elenco l’attuale governatore della Campania, De Luca, che di avvisi di garanzia e rinvii a giudizio né riceve abitualmente, tutti gli anni, e con egual frequenza ottiene assoluzioni. Se contassimo anche questi casi, arriveremo a quasi la metà delle regioni italiane).

Ci sono due possibili conclusioni da trarre, visto che in nessun altro paese del mondo libero succede niente di simile. Due ipotesi in alternativa tra loro ( o forse no). La prima è che la politica italiana abbia deciso, per qualche motivo che non conosciamo, di mandare al vertice delle Regioni gente poco racco- mandabile. La seconda è che la magistratura italiana abbia deciso di fa pagare ai presidenti delle regioni ( ma spesso anche ai sindaci: vale per tutti il recente caso di Marta Vincenzi, sindaca di Genova condannata a 5 anni di prigione perché ha fatto piovere troppo forte sulla sua città) la difficoltà ad arrestare i deputati, per via di una fastidioisissima norma costituzionale che impedisce irruzioni con le manette in Parlamento ( che invece, per esempio, sono possibili in Turchia). I presidenti delle regioni non godono dell’immunità dall’arresto, e poi sono coinvolti in un numero altissimi di atti amministrativi, nei quali compare la loro firma, e che spessissimo riguardano assegnazione di opere pubbliche o di altre attività che muovono quattrini. Talvolta, in questi casi, il confine tra illecito e lecito è molto labile, e reati come l’” abuso d’ufficio” sono ancor più labili e nebbiosi. L’esercizio dell’ufficio è un dovere, non è opzionale, e stabilire quando è abuso e quando no, non è cosa agevolissima. Un amministratore serio non resta con le mani in mano, che in fondo è il comportamento più semplice e senza rischi: con rischi enormi però sulla vita pubblica della propria città o della regione. Se si finirà per percepire, da parte degli ammimnistratori, come rischiosa l’iniziativa politica ed economica, avremo tra poco un esercito di amministratori impauriti e immobili ( un po’ come sta succedendo a Roma) e lop Sdtato va a scatafascio.

Non conosco abbastanza bene il caso Formigoni per poter giudicare, ma l’impressione che ci sia un certo accanimento contro di lui non mi sembra del tutto campata in aria. Conosco meglio il caso calabrese, e sono convinto che Scopelliti ha governato in modo spavaldo e un po’ arrogante – e probabilmente ha meritato la punizione da parte degli elettori – ma non ha commesso reati. Del resto la Procura di Reggio, ai tempi di Pignatone - che pure non mi pare un tipo tenero – lo aveva considerato sempre innocente. Conosco il caso di Del Turco e credo che ormai sia evidente a tutti che fu un errore giudizio di quelli brutti. Ho seguito un pochino le vicende siciliane, e ritengo di poter dire con una certa tranquillità che né Lombardo né Cuffaro sono mafiosi. Né interni né esterni.

Allora c’è un problema di inadeguatezza della classe politica regionale? Penso che questo problema ci sia, non ovunque, ma ci sia. La politica si deve porre il problema, altrimenti perde ancora credibilità, e nell’opinione pubblica si crea un collasso pericolosissimo.

Dopodiché penso anche che bisognerebbe che la stessa politica avesse il coraggio di difendersi e lanciare l’allarme. C’è un pezzo di magistratura che è travolta da un complesso di superiorità e di “missione”, si sente mandata da Dio per radere al suolo la politica e lo sta facendo. Ieri Silvio Berlusconi ha definito Dell’Utri un prigioniero politico. Secondo me ha ragione. E non è il solo prigioniero politico. Se non si trova un modo per moderare l’eccesso di protagonismo della magistratura che porta a veri e propri, non infrequenti, fenomeni di persecuzione verso la politica, il pericolo di un corto circuito della democrazia diventa altissimo.

Non è la prima volta – lo so – che questo giornale denuncia queste cose. Temo che non sarà l’ultima.