PHOTO
Michela Di Biase PD in occasione del convegno PD 'Premierato e autonomia tra diritti, partecipazione e potere: quale prezzo per le donne?'
Michela Di Biase, deputata dem e membro della Commissione Giustizia, la maggioranza parlamentare ha disertato la seduta straordinaria della Camera sull’emergenza carcere. Come commenta?
Quanto avvenuto fotografa l’assoluto disinteresse del governo a uscire fuori dalla solita propaganda e la volontà di affrontare il problema; l’assenza dello stesso Nordio basta da sola a commentare quanto sto dicendo. I dati ci confermano che siamo davanti ad una vera e propria emergenza: abbiamo registrato 91 suicidi nel 2024, e sono già 22 quest'anno. Ogni quattro giorni, un detenuto sottoposto alla custodia dello Stato, si toglie la vita. Davanti a tutto questo le scelte compiute sul carcere sono del tutto insufficienti, nessuno dei problemi in due anni e mezzo di propaganda è stato risolto: dal sovraffollamento carcerario alla salute mentale, dalla mancanza di personale socio- educativo al rafforzamento delle misure alternative alla detenzione.
Come giudica l'atteggiamento di Forza Italia sul tema?
Le scelte di Forza Italia sono in linea con il governo ma in controtendenza rispetto alla storia di garantismo tanto sbandierata in questi anni. Si pensi alle scelte compiute sulle detenute madri: una eclatante marcia indietro. La verità è che si sono preoccupati della tenuta della maggioranza invece che dell’interesse supremo del minore, che mai dovrebbe pagare per le colpe commesse da un adulto. Il carcere non è un luogo dove un minore dovrebbe crescere.
A proposito delle detenuti madri ci sarebbe una moral suasion del Quirinale affinché si modifichi l’art. 15 del ddl sicurezza insieme a quelli relativi alle sim per i migranti e la resistenza passiva in carcere. Secondo lei come andrà a finire?
Ci auguriamo che maggioranza e governo si fermino, perché il ddl Sicurezza – soprattutto per gli aspetti sottolineati nella domanda – rappresenta una vera e propria violazione dello Stato di diritto. Si tratta di un provvedimento che mette in crisi alcuni baluardi della civiltà giuridica e del diritto internazionale, come la sospensione della pena per le detenute madri. Un disegno di legge che introduce nuovi reati e nuovi aumenti di pena che andranno a colpire i più vulnerabili della società: il populismo penale della destra ha come primo obiettivo quello di colpire i fragili.
Nordio editorialista si era sempre mostrato a favore delle depenalizzazioni e di un carcere come extrema ratio, contro l’ergastolo. Il suo cambiamento secondo lei da cosa deriva?
Quella del ministro Nordio è una piroetta clamorosa. Spiace constatare che nessuna delle affermazioni del Nordio giurista abbiano trovato corrispondenza nei provvedimenti sostenuti dal Nordio ministro. Siamo passati dal sentirlo dire che l’inasprimento delle pene non è la soluzione ai problemi della criminalità alla creazione di più di 50 tra nuovi reati e aumenti di pena. Questa ossessione panpenalista non fa che produrre un aumento del numero dei detenuti, senza mai discutere delle vere soluzioni per ridurre il sovraffollamento, in primis le misure alternative alla detenzione. Anche sulla giustizia minorile ritroviamo lo stesso approccio, le stesse contraddizioni. Con il decreto Caivano hanno minato alle basi il sistema della giustizia minorile, uno dei migliori di tutta Europa. E il risultato è che si è superato il record di minorenni in carcere, facendo diventare il sovraffollamento una realtà drammatica e strutturale anche per gli istituti minorili.
Il sottosegretario Andrea Delmastro mette a rischio la campagna del governo sulla separazione delle carriere, rivendica una visione giustizialista della pena, scatena un nuovo conflitto con la magistratura quando parla di “sentenza politica” nel momento in cui viene condannato. È più una risorsa per il governo o un problema?
Stiamo parlando di un sottosegretario, con delega alle carceri, che durante una manifestazione pubblica ha rivendicato di provare piacere nel togliere l’aria ai detenuti. Lo stesso che ha criticato la separazione delle carriere salvo poi negare di averlo detto. Un sottosegretario che continua ad alimentare il conflitto con la magistratura, come ha fatto in occasione della sentenza emessa nei suoi confronti. Se c’è un tratto che caratterizza Delmastro è il fatto di essere totalmente privo di rispetto per il ruolo che ricopre.
Siamo sinceri: il Pd ha la responsabilità di non aver fatto approvare per timore elettorale tutto il grande lavoro degli Stati generali sull'esecuzione penale. Adesso invece conduce una battaglia costante per i diritti dei detenuti. Non temete che anche adesso possa essere sconveniente portarla avanti?
Il Pd non inizia certo oggi il lavoro sull’esecuzione penale e il carcere. Oggi come ieri trovo doveroso questo impegno, proprio in virtù del grande e complesso lavoro che è stato fatto. L’instabilità politica ha sicuramente pesato sul raggiungimento dell’obiettivo finale ma quel lavoro rappresenta un punto di partenza importante per rilanciare la nostra azione. Nel 2013, con la sentenza Torreggiani, il nostro Paese ha subito una procedura d’infrazione per la condizione delle carceri. Oggi, a distanza di 12 anni, siamo drammaticamente vicini a quella situazione. Questa è la preoccupazione che dovrebbe muovere il governo, che invece continua a perseguire un piano carceri che è stato pomposamente annunciato ma di cui a distanza di anni troviamo solo la nomina di un commissario per l’emergenza carceri e di una struttura commissariale. Nel frattempo disertano le Aule e i detenuti continuano a togliersi la vita.