Probabilmente dobbiamo rassegnarci. I social network sono una realtà libera e anarchica in cui ognuno può dare sfogo ai propri pensieri. La nostra cultura liberale ci impone di non credere mai nella repressione penale delle opinioni, un principio sul quale non siamo disposti a negoziare. Eppure, nella maggioranza dei casi questa libertà sul web si declina solamente attraverso la violenza.Le opinioni diventano sfoghi degli impulsi più retrivi che ci riportano ad uno stadio pre-umano, quasi barbarico, in cui ogni esperienza umana, dalla lotta politica alla fede calcistica, diventa una guerra fra bande.L’ho sperimentato sulla mia pelle proprio recentemente quando dopo avere visto una puntata di Otto e mezzo ho fatto un tweet di congratulazioni nei confronti della deputata Pd Pina Picierno che secondo me era stata molto brava nel fronteggiare il candidato a sindaco di Napoli dei Cinquestelle. Apriti cielo. Il mio account Twitter è stato invaso di insulti e offese di una violenza immotivata. Talmente fuori da ogni logica umana da risultare persino surreale, come un film di Almodovar. Ovviamente il contenuto degli insulti era prettamente a sfondo sessista (nei confronti di Picierno) e omofobo (nei confronti del sottoscritto). Picierno veniva costantemente attaccata, derisa, non perché politica del Pd ma perché donna. No, non è la solita lagna moral-femminista. È la presa d’atto di una situazione che ormai ogni giorno ci circonda.C’è una politica della vergogna messa in atto attraverso le possibilità di anonimato e distacco offerto dagli account social. Twitter e Facebook sono diventare arene in cui il buon senso, l’educazione, il rispetto sono parole prive di alcun significato. E non c’entra solo la battaglia politica, lo scontro quotidiano fra renziani e grillini, laici o cattolici, razzisti e anti-razzisti. La politica della vergogna, dell’infamia, dell’odio, si consuma ogni giorno e si applica ad ogni aspetto della vita senza che nessuno si ribelli. L’obiettivo è l’umiliazione dell’altro.Proprio in questi giorni mi trovo in Sicilia e alcuni amici mi hanno raccontato di certi video privati ritraenti alcune ragazze liceali che fanno sesso. Questi video sono diventati merce di scambio, alimentando il pettegolezzo della realtà di provincia in cui sono stati girati. Come negli anni 50, la sessualità delle ragazzine protagoniste (non certo quella dei loro partner maschili) è stata oggetto di derisione e scandalo. Queste ragazzine si sono ritrovate oggetto di una politica della vergogna che probabilmente le segnerà a vita.E che dire delle forme di bullismo che costantemente si consumano sulle pagine di Facebook nei confronti dei “diversi” ed, in particolar modo, delle persone con una fisicità non conforme ai canoni estetici correnti. I social sono diventati una piattaforma incredibile per i bulli come ci insegnano i numerosissimi episodi di cronaca. In alcuni tristi casi, possono persino portare al suicidio delle vittime.Certo, la cattiveria, la crudeltà, sono sempre esistiti prima dell’avvento di internet. In qualche modo, però, ciò che viene a mancare nell’etere è qualsiasi forma di contenimento. Come se le persone vittime di questi attacchi non fossero più esseri umani. E allora lo schermo della virtualità fa venire meno ogni senso del limite, per riportarci in uno stato dionisiaco di inciviltà, in cui la violenza non viene più stigmatizzata, ma diventa un nuovo linguaggio socialmente e culturalmente accettato.È evidente, poi, che in un paese dopato da trent’anni di scontro fra Berlusconi e gli anti-berlusconiani, l’arena politica è il luogo in cui questa strategia della vergogna acquisisce una dimensione iperbolica. Non c’è tema epocale o questione minore, dall’immigrazioni alla potatura degli alberi fatta dal Comune, in cui lo scontro politico non diventi una guerra civile apocalittica degna di Games of Thrones, dove non solo si insulta chi la pensa diversamente, ma si mira ad annientarlo attraverso la denigrazione e l’umiliazione.Qual è allora la soluzione? Riabilitare nuove forme di bigottismo o moralismo? Mettere il bavaglio a internet, inasprire le pene, costruire nuovi reati? Non credo.Forse l’unico rimedio è parlarne, aprire una discussione vera.Iniziare, per esempio, ad interrogarci sulle conseguenze di questa politica della vergogna produce sulla vita reale (non virtuale) delle persone. Internet non è scritta con la matita, dicono gli americani (“Internet is not written with the pencil”). Ogni insulto, foto, commento rimane per sempre e può in alcuni casi segnare le vite delle persone, addirittura rovinarle o ucciderne la reputazione. Bisognerebbe, inoltre, prenderne atto che non c’è una reale educazione alla privacy sui social. Siamo, infatti, la prima generazione a confrontarsi con le straordinarie potenzialità di Internet e per questo siamo anche la più esposta alle insidie, non conoscendole pienamente. Bisogna confrontarsi, allora, tutti insieme, su come fornire ai cittadini, specie ai più giovani, i mezzi per un reale e consapevole uso dei social e del web.Essere per la libertà d’opinione e il web libero, non significa rassegnarsi alle barbarie, consegnarsi passivamente alla politica della vergogna, accettare il far west.Iniziamo a parlarne seriamente, per costruire consapevolezza e non darla vinta ai violenti.