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Ho visto in Tv, l’altra sera, un talk show dedicato al pasticcio- rimborsi dei 5 Stelle, e sono rimasto senza parole. Per come era organizzato, per le cose che si dicevano, per i protagonisti. Lo conduceva Enrico Mentana. Mentana, ma come fai un talk? Solo 5stelle a processare i 5stelle?
Mentana è sicuramente è uno dei giornalisti italiani più bravi. Ed è un professionista di grandissima esperienza, ha lavorato ai massimi livelli in Rai a Mediaset e ora alla Sette.
Eppure la sensazione netta era quella non di assistere a un dibattito ma ad una rappresentazione di regime. Scusate se uso questa parola così aspra, ma è quella giusta. Sia chiaro, non sono mai stato un fanatico della par condicio, anzi penso che sia una pessima cosa. Penso che l’informazione non la si possa fare col bilancino: deve godere di spazi di libertà, e professionali, che le norme della par condicio mortificano. Però una cosa è la discrezionalità della rete, o del conduttore, un’altra cosa è condurre una trasmissione sui 5 Stelle in difficoltà per i rimborsi spariti, con la partecipazione ( nella prima parte) del capo dei 5 stelle, di un conduttore simpatizzante dei 5 stelle, del fondatore del giornale dei 5 stelle e basta. E nella seconda parte con l’intervento di altri due giornalisti decisamente simpatizzanti dei 5 stelle ( o comunque molto ostili al Pd e a Forza Italia) e di un terzo bravo e giovane giornalista, indipendente, al quale però non si concede, o quasi, di esprimere il suo punto di vista.
I protagonisti della trasmissione ai quali mi riferisco sono, nell’ordine, lo stesso Enrico Mentana, Antonio Padellaro ( che, paradossalmente, è stato sicuramente il più serio e anche il più critico verso il movimento di Grillo), Mario Sechi ( tifoso oltre ogni immaginazione dei 5 stelle, a sorpresa per me che lo avevo lasciato tempo fa berlusconiano e poi sapevo che era diventato montiano), Alessandro De Angelis, dell’Huffington Post ( il quale ha il merito di avere rivolto a Di Maio l’unica domanda ragionevole, e però il demerito di non avere preteso una risposta) e infine, isolatissimo e, giustamente, un po’ intimidito, Ilario Lombardo, della Stampa.
Il risultato di tutto questo è stato paradossale. Diciamo che tutti si aspettavano una specie di processo ai 5 stelle ( come sarebbe capitato a qualunque altro partito nelle stesse condizioni), beccati dalle jene con le mani nel sacco e messi di fronte all’evidenza che il loro grado di trasparenza e di onestà non è superiore a quello degli altri partiti. Invece è successo esattamente il contrario. A parte Padellaro ( che ha provato a illustrare alcune critiche anche abbastanza graffianti ai ragazzi di Di Maio e a Di Maio), per il resto la trasmissione ha affermato le seguenti verità indiscutibili.
Prima, che i 5 stelle sono e restano il primo partito e che tocca a loro lo scettro del principe e palazzo Chigi.
Seconda, che gli altri partiti sono molto peggio dei 5 stelle e devono solo starsene zitti ed eventualmente garantire in parlamento ai 5 stelle i voti per governare.
Terza, che i parlamentari a 5 Stelle sono gli unici che restituiscono parte dei loro stipendi anche se non proprio tutti lo fanno. ( In realtà verso la fine della trasmissione è stato mandato in onda un servizio che dimostrava il contrario, ma nessuno si è sentito in dovere di dire: “ohibò, ma allora stavamo sbagliando tutto…”).
Quarta, che le liste elettorali di tutti i partiti che non siano i 5 Stelle sono piene di inquisiti, cioè di impresentabili.
Quinto, che di conseguenza i 5 Stelle restano il partito dell’onestà, anche se fanno sparire un po’ di quattrini, e che questa caratteristica non viene per niente intaccata dal fatto che un bel gruppetto di parlamentari ha falsificato i bonifici e un altro bel gruppetto di dirigenti del movimento ( ma di questo neanche se ne è parlato) ha falsificato le firme. Personalmente penso che nessuna di queste cinque verità sia vera. Si tratta delle classiche verità non vere.
1) Che i 5 Stelle siano e restino il primo partito è un ottimo slogan elettorale, ma è circostanza tutta da verificare. Chi ha vinto si stabilisce dopo le elezioni, non prima. Oltretutto si tratterà di vedere come si calcola la consistenza delle forze politiche: per coalizione o per liste? Per percentuali o per seggi? Per risultati all’uninominale o al proporzionale? Mi chiedo: è compito di un talk show sostituire le analisi politiche con uno slogan a favore di un partito? Può darsi di sì, però è una novità nell’etica giornalistica.
2) Perché mai gli altri partiti sono peggio dei 5 Stelle? E’ una verità rivelata, un teorema che non ha bisogno di dimostrazione? E poi, a nessuno viene il sospetto che se gli altri partiti non hanno linciato i 5 Stelle dopo il pasticcio rimborsi è perché sono più civili e hanno un rispetto maggiore dello Stato di diritto? Certo, è facile immaginare cosa sarebbe successo se le parti fossero state invertite, e se a finire sotto accusa fossero stati il Pd o Forza Italia. Ci sarebbe stata l’ordalia. E’ una colpa - e non un merito - evitare l’ordalia?
3) Non è assolutamente vero che i 5 Stelle sono gli unici a donare. Lo fanno quasi tutti i partiti. Alcuni, come Sinistra Italiana, in misura molto maggiore ai 5 Stelle. Loro però dicono: ma noi li doniamo alle imprese, voi ai partiti. Non ho capito dove sia scritto che donare i soldi a una impresa ( senza nessun controllo) sia moralmente più nobile che donarli al proprio partito ( nelle cui idee, si suppone, uno crede; e del quale si fida ed è in grado di controllare democraticamente l’amministrazione). Ci siamo tutti convinti che Dio ha stabilito che un imprenditore è un sant’uomo, un missionario, e un partito politico ( tranne il proprio) è letame?
4) Inquisiti e colpevoli non sono parole intercambiabili. Possibile che Mentana e Sechi e De Angelis non lo sappiano? Possibile che non conoscano la Costituzione italiana? Un inquisito non è impresentabile. Ognuno poi stabilirà nell’urna se lo considera meritevole o no e se considera meritevole o no un candidato che ammette di avere contraffatto un bonifico e di essersi gloriato di avere donato soldi che ha intascato. Cioè: lo stabiliranno gli elettori, perché tocca a loro questo compito.
5) Può un partito con una percentuale abbastanza alta di disonestà accertata nel suo gruppo dirigente presentarsi con la parola d’ordine ( unica): onestà? Devo dire che questa domanda - l’unica vera domanda politica - l’ha posta con una certa insistenza Padellaro, ma non molto ascoltato. Ha chiesto: sicuri che un elettore possa fidarsi del rigore di un partito che non è capace neppure di controllare il suo gruppo parlamentare? Infine vorrei raccontarvi della domanda ( a cui accennavo all’inizio) di De Angelis a Di Maio. Gli ha chiesto se accetterà il duello con Renzi in Tv. Di Maio ha preso tempo e ha iniziato a dire che a lui non è chiaro chi sarà il candidato premier del Pd e neanche quello della destra, e dunque finché non saprà questi nomi non può fare nessun duello. Qualunque giornalista un po’ scafato, e in particolare un giornalista “drastico” e bravo come Mentana, avrebbe commentato: «Ho capito, lei non vuole partecipare a nessun duello». Un giornalista un po’ più cattivo avrebbe detto: «Ho capito, lei ha paura di Renzi». Mentana ha detto: «Ho capito, tutto dipende dalla soluzione dei problemi negli altri schieramenti». Beh.