PHOTO
Nonostante le denunce e l’impegno contro il linguaggio dell’odio, Laura Boldrini non riesce e fermare quello contro se stessa. La sua pagina facebook continua a essere presa d’assalto con offese e minacce. E lei, ora senza partito, sembra sola, troppo sola. Contro di lei un mix pericolosissimo di sessismo e antipolitica.
Purtroppo dovendo parlare del linguaggio dell’odio in politica c’è una persona che incarna più di tutti, in quanto vittima, come questo odio possa essere violento e senza freni. Questa persona si chiama Laura Boldrini. La presidente della Camera è diventata in questi anni, per le sue battaglie ma anche perché donna, uno degli obiettivi privilegiati degli odiatori di professione attivi sul web.
Qui naturalmente non si sta discutendo della libertà di dissentire, di criticare e anche di attaccare duramente l’avversario politico. Né si vuole sostenere che Boldrini abbia sempre ragione. Non voglio neanche dire se e quanto sono d’accordo con lei. Se mi piaccia o meno il suo modo di fare politica. Questo è secondario. Il punto è un altro. Si tratta di stabilire un confine netto, inviolabile tra critica e sentimento dell’odio che sfocia nelle offese volgari, nei discorsi privi di nesso logico, negli attacchi personali.
La pagina facebook della presidente della Camera lascia spesso di stucco, talmente è alto il livello di aggressività e di insulto contro di lei. Non è un caso infatti che Boldrini è oggetto di continue fake news sul suo conto. È una specie di virus che, con cadenza abbastanza regolare, infesta la sua immagine e le notizie che riguardano la sua vita privata o le sue dichiarazioni pubbliche. Sono notizie totalmente inventate che si diffondono in un batti baleno e che alimentano l’odio nei suoi confronti. È il nesso, tutto da indagare ma ormai molto chiaro, tra linguaggio dell’odio e fake news: sono infatti notizie false costruite ad hoc per assecondare o alimentare il sentimento di antipatia nei confronti di qualcuno. Sono notizie che pur essendo evidentemente false diventano “vere” per migliaia di utenti che le diffondono, senza alcuna verifica, sui social.
Boldrini è odiata da molti probabilmente per le sue battaglie sui migranti. Ma c’è un altro fattore che pesa. Il suo essere donna. Lo scontro che nei giorni scorsi c’è stato sui vitalizi con Alessandro Di Battista supporta questa interpretazione. Ha dato fastidio non tanto che abbia chiesto rispetto, ma che lo abbia fatto in quanto donna. L’accusa infatti è stata da parte di un altro parlamentare grillino, Alfonso Bonafede, quella di non essere «né la maestra né la madre di Di Battista». Avete sentito mai un politico che viene appellato allo stesso modo? Il tentativo è quello di ridurre, sminuire, di non riconoscere il valore istituzionale della carica ricoperta.
Sul web gli insulti sono pesanti, volgari, con molti riferimenti sessuali. Il motivo di tanto odio è legato anche a quel sentimento di antipolitica di cui parlava, mercoledì scorso, in un bellissimo editoriale del Corriere della sera, Angelo Panebianco. «L’antiparlamentarismo è oggi molto forte nel Paese come lo è stato in altre fasi della nostra storia, per esempio alla vigilia della marcia su Roma». Secondo Panebianco ci sono anche altri due motivi: «la potenza del circo mediatico giudiziario, che fa sì che le persone credano che l’Italia sia il Paese più corrotto del mondo, e il fallimento della scuola».
Sono considerazioni importanti e condivisibili che aiutano ad inquadrare meglio ciò di cui stiamo parlando. L’odio contro Boldrini incarna l’odio contro le istituzioni democratiche, contro lo stato di diritto. Stiamo cioè parlando di un meccanismo pericolosissimo che, oltre a far male alla persona presa di mira, fa male alla convivenza civile. Ed è per questo che va fermato. Ma in questo momento Boldrini, non avendo più neanche un partito alle spalle, sembra molto sola, come se in pochi avvertissero la necessità di difenderla, di non lasciarla senza aiuto per contrastare il fiume in piena degli odiatori.
Panebianco fa un confronto con il clima che si respirava prima della marcia su Roma, cioè con quel clima da cui nasce il fascismo. E’ un paragone che ha fatto arrabbiare il direttore del Fatto quotidiano Marco Travaglio, che ha scritto il suo editoriale contestando in particolare l’accostamento tra antipolitica e tirannia. E se fosse invece un paragone con un fondo di verità? Ciò che è comunque certo è che il linguaggio dell’odio e i significati sottesi non vanno più minimizzati.