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Forse la verità è che io sono un relitto del novecento, e non riesco a capire il nuovo, il linguaggio politico duepuntozero, la portata filosofica della tecnologia. Eppure a me resta il dubbio di avere ragione quando mi stupisco, non tanto dei toni del dibattito politico, ma dei temi. Leggo sui giornali infinite polemiche, anche molto impegnative, su argomenti di questo tipo: un deputato dei 5 Stelle che se ne va in barca; i nomi dei possibili presidenti dell’Istat e della cassa Depositi e Prestiti; il colore delle unghie di una immigrata scampata all’annegamento nel mar Tirreno; l’abolizione dei vitalizi con un risparmio di circa 50 milioni.
Quanti titoli in prima pagina, anche di appertura dei giornali, avete letto, su questi temi, nei giorni scorsi? Decine, centinaia. Non discuto sull’importanza della scelta del capo della Cassa depositi e prestiti, mi pare che anche nella prima e nella seconda repubblica fosse oggetto di lotta politica, e però, forse, si dava meno importanza alla questione. Il cambiamento starebbe nel fatto che ora ci si mette più attenzione mediatica? Può darsi.
Quello che però mi lascia più ancora stupito sono i temi che non suscitano discussione.
Ieri per esempio nessun giornale ( neanche questo giornale) ha dedicato il titolo principale della prima pagina al fatto che quello che è considerato il leader vero, o il deus ex machina, del più grande partito italiano, e cioè i 5 Stelle ( parlo di David Casaleggio), ha proposto, in una intervista, di abolire il Prlamento. Cioè di archiviare più o meno due millenni e mezzo di democrazia politica. A mia memoria non era mai successo che un leader proponesse l’abolizione del Parlamento. Ipocritamente, non lo fanno neanche i dittatori. Possibile che ora la proposta venga da un leader democratico e che questa proposta sia lasciata cadere come una quisquilia? E’ un paradosso. Come si spiega?
Prima di provare a rispondere, vorrei segnalare un altro paradosso. La discussione sui migranti e sulla politica per i migranti.
Qui non intendo esprimere nessuna idea su chi abbia ragione e chi torto, se coloro che ritengono che l’afflusso dei migranti vada bruscamente interrotto, o chi pensa invece che esista un dovere - e persino un interesse nazionale, di tipo demografico - all’accoglienza. Ho delle mie opinioni, al riguardo, ma me le tengo. Quel che mi lascia davvero senza parole è la totale assenza, in questa discussione, della variabile “morti”. Che non è una variabile “ideologica” ma assolutamente concreta. Immagino che il problema di ridurre il numero dei morti interessi nella stessa identica misura sia i favorevoli alla chiusura dei porti sia i favorevoli all’accoglienza. Invece è diventato un elemento del tutto estraneo alla discussione e alla polemica. I dati che riportava ieri l’Avvenire sono impressionanti. Nei primi 15 giorni del mese di luglio, i morti nei mari italiani sono passati ( rispetto agli stessi giorni dell’anno precedente) da 68 a 153. Nonostante una fortissima riduzione degli sbarchi e anche delle partenze dall’Africa. La differenza è di 85 vite umane. Una quantità incredibile, una strage paragonabile soltanto alle più sanguinose stragi provocate in Italia dal terrorismo ( 85 furono i morti del devastante attentato del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna).
Non si tratta di attribuire questi morti alla responsabilità di qualcuno. ( Oltretutto l’aumento dei morti è iniziato prima dell’insediamento di questo governo, quando il governo era di centrosinistra). Semplicemente trovo assurdo che nella discussione non entri il tema dei morti. A me parrebbe che chiunque - di destra o di sinistra, giallo verde rosso o blu - debba considerare il problema del salvataggio della vita umana come prioritario. E solo successivamente iniziare la discussione sugli ingressi in Italia.
Da che dipende questo squilibrio nella discussione politica, tra questioni gigantesche ignorate e tante piccole quisquilie ingigantite?
Penso che dipenda da una sorta di cecità che riguarda tutti e a tutti i livelli. Riguarda l’establishment, la classe politica e anche l’opinione pubblica. Questa cecità produce la confusione tra realtà e percezione. Che cresce sempre di più e rende difficilissimo sia il ragionamento che la lotta politica.
Provo a spiegarmi. Sarò anche molto novecentesco, ma nessuno, credo, potrà mai convincermi che esista una sola ragione al mondo per considerare 85 morti in mare, in pochi giorni, un problema irrilevante di fronte alla questione dei 50 milioni di euro di vitalizi da risparmiare. E invece i giornali, i politici, l’opinione pubblica, percepiscono così. E allo stesso modo non riesco a capire per quale ragione fu considerata una gigantesca ferita all’idea stessa di democrazia la proposta di Renzi di passare dal bicameralismo al monocameralismo, e venga invece considerata di scarso rilievo la proposta di abolire il parlamento e sostituirlo con una piattaforma web.
Temo che il problema di fondo che abbiamo davanti sia questo. E cioè la difficoltà a misurarsi con il reale, con il vero. La confusione tra notizia e favola. Tra news e fakenews.
C’è un famoso passo di Hannah Arendt, che ricopio qui, e molti di voi probabilmente conoscono. Scrisse la Arendt, tra le massime studiose del totalitarismo: « Il suddito ideale del regime totalitario non è il nazista convinto o il comunista convinto, ma l’individuo per il quale la distinzione fra realtà e finzione, fra vero e falso non esiste più».
Non vorrei sembrare troppo allarmista, ma secondo non aveva torto Hannah Arendt.