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I recedenti. La decisione presa due giorni fa da Christine Lagarde va oltre le attese, persino le più rosee, e mette al riparo l'Italia dal rischio peggiore, quello di una crisi finanziaria, lo spettro temutissimo di un debito pubblico insostenibile. Altri 600 mld sul piatto, prolungamento degli acquisti sino al giugno 2021, ma con licenza di estendere ulteriormente se sarà necessario. Particolare fondamentale, fra le motivazioni della decisione non figurano più i rischi legati alla pandemia ma le necessità della ripresa.Per l'Italia significa quasi tutto. E' la garanzia di poter continuare a spendere in deficit sino a quando sarà necessario. Una rete di protezione che para non solo per il presente ma anche per il futuro la minaccia di un crollo finanziario, persistente nonostante i più che confortanti risultati ottenuti dall'allocazione dei titoli sul mercato nei giorni scorsi. Non si tratta di magnanimità o di un ritrovato spirito unitario europeo, o almeno non solo e non soprattutto. Il punto è che l'interdipendenza tra l'Italia e gli altri grandi Paesi europei, in particolare tra Italia e Germania, è tale da rendere impossibile un crollo dell'Italia senza che ciò comporti lo sfascio di altre economie e in definitiva lo sfaldamento dell'Unione. Salvare l'Italia significa oggi impedire che la Germania finisca nei guai fino al collo e mettere al riparo un'Unione altrimenti destinata alla rovina.In Italia la prima reazione, probabilmente, sarà la decisione del governo di mettere in cantiere un quarto decreto emergenziale dopo il Cura Italia, il Liquidità e il Rilancio, che peraltro subirà probabilmente modifiche serie in fase di conversione. Un ulteriore intervento emergenziale era in realtà già nell'aria, e lo aveva fatto capire tra le righe anche Conte nella conferenza stampa di mercoledì scorso. Non ci saranno probabilmente altri interventi a pioggia ma almeno il prolungamento delle casse integrazione e del blocco dei licenziamenti è indispensabile per evitare l'esplodere della crisi sociale in autunno.La nota dolente è infatti questa: la Bce, ma anche il Recovery Fund quando sarà infine erogato, sono aiuti fondamentali. A patto di saperli usare e questa è una responsabilità che ricade solo sul governo di Roma. Non può essere condivisa con Bruxelles o Francoforte. Significa in concreto due cose diverse, una di valenza strategica a medio termine ma l'altra immediata. Bisogna spendere bene perché, per quanto gli interventi della Bce possano rinviarlo, il momento dei conti arriverà inevitabilmente. Se a quel punto una vera ripresa sarà in atto il debito resterà sostenibile, altrimenti i guai evitati ora dalla Bce arriveranno tutti insieme.Il secondo ordine di problemi è però molto più immediato. I sussidi e gli aiuti stanziati dai tre dl sin qui erogati sono arrivati a macchia di leopardo e col contagocce. Senza una svolta sul piano dell'efficienza e dunque dell'efficacia la crisi sociale in autunno sarà inevitabile e travolgente nonostante la Bce. Il governo, inoltre, confida forse troppo nel sostegno europeo, e rischia di restare deluso. I Paesi contrari al progetto di Recovery della von der Leyen sono diventati 7 con l'aggiunta negli ultimi giorni della Finlandia: una qualche forma di mediazione, cioè di condizionalità, sarà probabilmente inevitabile. I tempi saranno lunghi: la riunione del Consiglio europeo del 19 giugno, infatti, sarà molto difficilmente decisiva ma solo interlocutoria. Servirà un altro vertice e forse altri due. L'Italia conta intanto sul fondo Sure per coprire le casse integrazione, ma al Sure per ora dagli Stati europei , che dovrebbero finanziarlo, non è ancora arrivato un solo euro.Tanto più urgente si fa di conseguenza la scelta sul prestito Mes, che permetterebbe di stornare risorse dalla sanità, finanziata da quella linea di credito, per concentrarle sull'emergenza sociale. Nonostante l'annuncio di tassi d'interesse non solo a zero ma addirittura negativi, tali cioè da dover restituire meno di quel che si riceve, il no del M5S è appena scalfito. E' una spia delle divisioni politiche ad alleanza variabili che travagliano la maggioranza: sul Mes ma anche su Atlantia, sul dl Semplificazioni che vede Pd e LeU da un lato, 5S e Iv dall'altro, divisi sul cosiddetto “modello Genova”, affidamenti e subappalti sino a 5-10 mln senza gara e senza controlli. Chea sostenere questa strada siano proprio i 5S rende l'idea del caos ideologico che regna nella maggioranza stessa.Se l'emergenza finanziaria è, almeno per il momento, un rischio minore, quella sociale e quella politica, del resto strettamente correlate. Anche perché la stessa erogazione del Recovery sarà comunque vincolata a specifici investimenti, progetti precisi, riforme epocali come la giustizia e la Pa: tutti obiettivi che non possono essere conquistati senza una coesione politica della maggioranza e una visione strategica comune del governo. La domanda, insomma, non è se ci sarà ono l'Europa ma se c'è l'Italia.