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“L’affaire Palamara presenta ad oggi molti lati oscuri che nessuno ha voglia di tirare fuori”, afferma Ruben Razzante, docente di Diritto dell’informazione all’università Cattolica di Milano e consulente del sottosegretario all’Editoria Andrea Martella.
Professor Razzante, la gran parte dei grandi giornali è sembrata fredda sul processo disciplinare all’ex presidente Anm: come se lo spiega?
La pandemia sta facendo passare tutto in secondo piano. Nell’affaire Palamara, poi, sono coinvolti molti giornalisti. C’è la volontà di non approfondire l’argomento perché potrebbe mettere in luce il cortocircuito ricorrente fra giustizia e informazione.
Lei è componente della task force anti fake news istituita dal governo per combattere la disinformazione sul covid. Come giudica, su questo tema, l’informazione veicolata dai media? Non le pare che si tenda ad amplificare a dismisura quanto sta accadendo?
Io a tal proposito parlerei di “terrorismo mediatico”. Ci sono tante esagerazioni. Penso alla rappresentazione spesso fuorviante dei dati: ad esempio non viene quasi mai indicata la percentuale degli asintomatici nei positivi.
Perché secondo lei?
Nella prima fase, a marzo intendo, i giornalisti hanno fatto un ottimo lavoro, dando una informazione corretta. Adesso, forse per incrementare le vendite, si punta molto sul sensazionalismo. Mi riferisco, ad esempio, allo spazio dato ai vip che si sono contagiati e che non hanno alcun sintomo.
Il covid, dunque, ha monopolizzato l’informazione?
Grazie, diciamo così, al covid non si parla d’altro.
Neppure di vicende molto gravi. Abbiamo già visto per il caso Palamara, ma c’è anche la questione dei soldi pubblici dati ad aziende decotte, come Alitalia, o della pletora di sussidi improduttivi o iniziative fallimentari come il reddito di cittadinanza. Come dimenticare il Piano Marshall da 400 miliardi di aiuti annunciato dall’esecutivo nei mesi scorsi e che nessuno ha visto?
Cosa dovrebbe fare la stampa?
Dare un'informazione che non esasperi la realtà. Bisogna fare un corretto bilanciamento. I frutti di questa comunicazione stanno spingendo la gente a fare grande uso di farmaci antidepressivi, nessuno esce più di casa, tutti hanno paura di prendere il virus. In altre parole si mina la stabilità sociale, aggravando i danni causati della pandemia. Stiamo mettendo a rischio la democrazia.
Un richiamo alla deontologia professionale?
Soprattutto. Non si deve “rincorre il virus”. Bisogna uscire dal negativo. Ricordo l’ articolo 6 del Testo unico doveri del giornalista: nessun sensazionalismo, notizie verificate e basta correre dietro al virologo che la spara più grossa.
E all’estero?
Negli altri Stati non c’è questa ossessione, nonostante i contagi siano molti di più che in Italia.
Una fake scelta a caso?
Il caso della donna che si è contagiata usando il wc di un aereo. Una circostanza ancora tutta da verificare, ma presentata come assolutamente vera.