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Per fortuna che esistono. I franchi tiratori sono un alibi formidabile: consentono di svicolare dalle responsabilità e di far fare un’inossidabile bella figura, basta scagliarcisi contro. Facendo attenzione a lasciare in tasca la mano che un attimo prima ha votato da pirata. Insomma una bella cortina fumogena. Invece il problema riesploso mercoledì a Montecitorio con il voto contrario agli arresti domiciliari chiesti per il deputato forzista Diego Sozzani è grande, grandissimo. Perché attiene ai rapporti tra politica e magistratura, tribolati da decenni; alle prerogative del Parlamento e all’equilibrio istituzionale tra poteri dello Stato.
Com’è noto la Costituente scrisse l’articolo 68 della Carta prevedendo l’autorizzazione a procedere: un modo per mettere al riparo i rappresentanti del popolo da incursioni giudiziarie strumentali. Per intenderci: non fu una scelta di Berlusconi, Salvini, Di Maio o Renzi. Bensì di personaggi del calibro di De Gasperi, Togliatti, Nenni, Mortati. La bufera di Tangentopoli cancellò tutto, complice il fatto che quella speciale guarentigia infinite volte era stata usata come scudo d’impunità. Tuttavia fu una decisione che lasciò un vuoto, che provocò uno squilibrio.
Un atto poco lungimirante i cui effetti negativi ancora paghiamo. Ecco dunque il nocciolo del problema. Se un ramo del Parlamento dice no alla richiesta di un magistrato, è riprova della Casta che si autoprotegge. Se dice sì, è la Politica che si spoglia dei suoi doveri e si piega alla volontà delle toghe. Altresì così confermando che Camera e Senato sono il nascondiglio di personaggi loschi e disonesti. Non può essere. Non è così che funziona. Quella del Parlamento che esamina una richiesta restrittiva di libertà di un suo componente è una prerogativa costituzionale, non un fuoco d’artificio. Quando la esercita, svolge un ruolo politicamente legittimo e istituzionalmente necessario. Qualunque responso, negativo o positivo, va accolto come espressione di un potere che bilancia quello di un altro: in sostanza un esercizio di libertà. Strumentalizzare le decisioni, inalberando a seconda di interessi di parte il vessillo del giustizialismo manettaro o del garantismo peloso, serve solo a deprezzare il Parlamento, a denigrare uno strumento fondamentale del bilanciamento dei poteri e della democrazia rappresentativa. Quale sia il risultato, non c’è bisogno di dirlo.