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Secondo il Fondo Monetario Internazionale, lo shock conseguente al grande lockdown sarà di forti proporzioni sia per l’economia mondiale, che avrà una discesa, nel caso migliore, del 3% sia, soprattutto, per le economie europee e ancor più per l’economia italiana, per la quale si prevede, per il 2020, una discesa del PIL del 9,1%, seconda solo a quella della Grecia in Europa. Sempre per quanto concerne l’Italia, il deficit esploderà quest’anno all’ 8,3% e, sempre secondo le previsioni degli esperti di Washington, la disoccupazione crescerà al 12,7%.
Si tratta, secondo gli esperti del FMI, della più grande recessione dopo la grande depressione degli anni Trenta negli USA. Vale la pena richiamare sia in relazione all’eccezionalità di questi dati sia in relazione alla tragedia sanitaria che stiamo vivendo le parole, di straordinaria attualità, con cui si presentò sulla scena americana dopo le elezioni il presidente Franklin Delano Roosevelt prima di annunciare le prime misure di risposta alla grande depressione: «Sono convinto che, se c’è qualcosa da temere, è la paura stessa, il terrore sconosciuto, immotivato e ingiustificato, che paralizza. Chiederò al Congresso il potere di agire per dichiarare guerra all’emergenza». Roosevelt scelse di collocare al suo fianco alcuni fra i migliori cervelli del Paese in qualità di suoi consiglieri che componevano quello che fu definito il “brain trust” ( una formula che poi avrebbe avuto ed ha ancora oggi molto successo). Una concentrazione di cervelli certamente di qualità molto elevata ma più ristretta dei 17 membri di quello che il Presidente del Consiglio Conte ha definito nella conferenza stampa “gruppo di lavoro” senza ben delinearne le attribuzioni, composto da 17 personalità con le più svariate professionalità sotto la guida di un top manager di indubbia competenza e autorevolezza e di prestigio internazionale come Vittorio Colao, che dovrebbe seguire oltre alla seconda fase anche la terza fase, quella della ricostruzione. A questo proposito, sono d’accordo con Stefano Folli che su Repubblica del 12 aprile ha proposto, non essendo chiare le competenze, i confini, i rapporti con i vari soggetti istituzionali del comitato e, soprattutto, del suo responsabile, che sia attribuito a Colao il rango di Ministro senza portafoglio per la ricostruzione.
Lasciando da parte gli aspetti della manovra finanziaria, monetaria e bancaria, il New Deal prevedeva uno stanziamento di 500 milioni di dollari di allora per impiegare i disoccupati in programmi di lavori pubblici e l’istituzione del Civilian conservation corps che assoldò oltre 3 milioni di disoccupati per curare la manutenzione e la conservazione delle risorse naturali, con un salario di 30 dollari. Da qui può venire lo spunto per una riflessione soprattutto per quanto riguarda il Mezzogiorno per un parziale ripensamento del reddito di cittadinanza e prevedere, magari con qualche forma di limitato rimborso spese aggiuntivo, un progetto di lavoro di cittadinanza. In questo modo potrebbero essere avviati quei progetti, da tempo più che mai necessari, soprattutto nel Mezzogiorno, di risanamento del territorio, dei seri piani di riassetto idrogeologico in cui utilizzare i giovani che godono del reddito di cittadinanza, cui aggiungere altre quote di giovani con una retribuzione un po' più elevata di quella del reddito di cittadinanza.
Si tratterebbe di un progetto ad alta valenza economica, sociale e civile, che in parte potrebbe essere esteso alla ricostruzione delle aree terremotate del centro Italia che scontano grandi ritardi e che potrebbe essere per parte significativa finanziato con ricorso ai fondi europei. C’è poi la grande questione delle opere pubbliche e infrastrutturali, per le quali ci sono fermi, stanziati ma non utilizzati, 36 miliardi. Va accelerata, superando gli ingorghi burocratici, la messa in opera dei progetti e dei cantieri perché questo è un polmone fondamentale per l’economia. Ciò che va inoltre sottolineato e che va tesaurizzato da quell’esperienza è il ruolo di un presidente rieletto per quattro mandati che con le sue “chiacchiere dal caminetto” trasmesse via radio, riusciva a infondere forza e conforto ad un Paese e ad una popolazione impaurita ed abbattuta.
Una leadership di cui avremmo bisogno anche oggi in un Paese in cui, invece, sembrano prevalere forme di populismo e di ideologismo come sta avvenendo, ad esempio, sul no aprioristico rispetto ai 36 miliardi di linea di credito del MES senza condizioni per interventi in campo sanitario e affini. In un Paese che tanto più col suo livello di debito pubblico non può concedersi simili pregiudizi.