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Il presidente Giuseppe Conte nella conferenza stampa di stasera
Era scontato che la Fase 2 annunciata da Giuseppe Conte sarebbe finita nel tritacarne delle polemiche. Per le aspettative che la circondavano. E poi per i contenuti. Intervenire nella vita e nei comportamenti delle persone, anche di quelli inafferrabili e nebulosi dell’universo degli “affetti stabili” - e non vorremmo stare nei panni degli agenti che dovranno controllarli e autorizzarli per il “ricongiungimento” - era ed è un terreno ultra scivoloso. La probabilità di cadere e ammaccarsi un po’ è alta. Perciò le molte cose inserite nell’ultimo, in ordine di tempo, Decreto di palazzo Chigi sono state criticate: al pari delle tantissime che invece non ci sono. Diciamolo. Criticare è facile, e la prudenza è virtù elogiatissima da tutti. A patto che non riguardi i desideri (e gli interessi) più vicini di ciascuno. Allora diventa indeterminatezza o, peggio, pavidità. A noi pare che il problema vero, il nodo che rischia di soffocare la ripartenza del Paese, sia un altro. La pandemia ci è piombata addosso come un’onda gigante, un uragano che ha messo a durissima prova le fragili barriere sanitarie e sociali che dovevano imbrigliarla. In quella fase, la prima, un tasso anche alto di confusione era praticamente obbligato. La mestizia e il dolore per le tante, troppe, vittime non si possono lenire: tuttavia in errori ed omissioni sono precipitati tutti i leader mondiali, pensare che l’Italia fosse risparmiata era surreale. Purtroppo però anche la Fase 2 risulta contrassegnata da incertezze e lacune. Alcune delle quali espressione di un male che con le sue spire ci avvinghia da tempo e ci fa affondare. Il riferimento è al fatto che da noi il confronto politico è espresso con toni e modi da campagna elettorale perpetua: non per cercare soluzioni bensì per azzoppare l’avversario, pur se milita nel tuo stesso campo. Allo stesso modo la “normalità” risulta il susseguirsi di stati di emergenza. Economica, col macigno del debito sempre incombente e mai affrontato. Sociale, con l’immigrazione portatrice di disordine e morbilità salvo poi scoprire che l’invasione non c’è e il virus è venuto dalla Cina. Siamo stabili nell’emergenza, continua e pervicace. Bene: è un lusso che non possiamo più permetterci. La ripartenza non può avvenire nell’emergenza. O il Paese e chi ad ogni livello lo amministra trova equilibrio e stabilità oppure se prevale la confusione e il wrestiling delegittimatorio, non ci sarà alcuna ripartenza ma un inarrestabile naufragio.