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Il governatore dell’Alto Adige, Arno Kompatsche, riapre i negozi e quello del Friuli lo segue. Confidando «nel senso di autodisciplina dei cittadini». I quali, appena un po’ più a Sud (c’è sempre un Nord che incombe) risultano così poco responsabili da affollare i Navigli e provocare l’intemerata del sindaco Beppe Sala: «Allora richiudo tutto». Sono le contraddizioni di un lockdown che ha bloccato l’Italia e non sa come riaprirla. Lo stop è avvenuto sulla base dell’emergenza sanitaria avendo i virologi come nuovi guru, anche mediatici. Il riavvio non può seguire il medesimo copione perché gli scienziati restano scettici ma una fetta crescente degli italiani non intende assecondarli. Il governo oscilla tra gli uni e gli altri, beccheggiando al punto di apparire vicino al naufragio. Ma poi torna in asse in attesa della nuova ondata. Nel frattempo la coesione invocata dal capo dello Stato si infrange sugli interessi delle singole Regioni e di coloro che le abitano. Inutile invocare lo sforzo collettivo di un Paese che dovrebbe deporre le armi dello scontro politico in favore di una intesa sulle cose da fare. A partire dall’emergenza economica che, quella sì, rischia di squarciare sotto la linea di gallegiamento il vascello di una collettività. Non funziona così, l’abbiamo capito. Allora dovrebbe succedere che almeno un grumo, parlamentarmente maggioritario, sia in grado di cementarsi per affrontare la tempesta. A quanto pare, neppure quel minimo interesse - alimentato non da pelose solidarietà bensì da reciproche convenienze - riesce a fungere da adeguato collante. Per cui ci si perde in richiami al dovere “morale” di non disturbare il manovratore oppure in dibattiti decisamente surreali sullo statalismo di ritorno in fattezze di nuova Iri o robe del genere. Per far ripartire l’Italia servono investimenti, economici, di capitale umano e di prospettiva. La logica dei sussidi ha il respiro corto: specie se i soldi non ci sono e quel che davvero aumenta è l’indebitamento pubblico. Qualcuno prima o poi sarà chiamato a pagarlo. P.S. Intanto se c’è una cosa chiara è che i diritti non si ammalano, né si sospendono o vanno in vacanza. Il servizio giustizia è un dovere verso la collettività: la cosa più nefasta è che invece di farlo funzionare alcune categorie attacchino le altre. E’ un giochino poco commendevole.