L’ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci è tra coloro del Pd che si sono astenuti a Strasburgo, difende la segretaria Elly Schlein e dice: «Non è il momento di pensare a un Congresso».

Il Pd è alle prese con due diverse visioni nel partito sul piano di Riarmo europeo e c’è anche chi parla di congressi: crede sia possibile una riconciliazione?

In realtà non esistono due visioni sul Piano ReArm: siamo tutti d’accordo che sia necessaria una difesa comune europea, che è cosa ben diversa dal potenziare il riarmo dei singoli Paesi membri. Macché congresso: c’è una segretaria in carica, eletta da appena due anni, e un gruppo dirigente plurale. Abbiamo dinanzi a noi obiettivi importanti: tra due anni ci sarà il voto per le elezioni politiche e tra pochi mesi si terranno le amministrative, senza dimenticare che alle regionali voteranno un terzo degli italiani. Bene sempre la discussione interna, utile e fruttuosa, ma concentriamoci su questi obiettivi.

A Strasburgo lei si è astenuto, ma altri suoi colleghi come Decaro o Bonaccini hanno votato a favore del piano: pensa che Schlein sia ancora la persona giusta per questo Pd?

Alcuni parlamentari europei hanno ritenuto la risoluzione un passo avanti e hanno votato favorevolmente. Altri parlamentari - tra i quali io stesso - anche a causa della sbagliata impostazione del Piano data da Ursula von der Leyen, hanno ritenuto la risoluzione ancora insufficiente, e dunque si è optato per l’astensione. Aggiungo che ho scelto di astenermi perché penso si debba arrivare al più presto a una difesa comune e a un esercito comune e non al riarmo dei singoli Paesi, partendo dalla considerazione che, se già oggi mettessimo insieme oggi gli eserciti europei, saremmo più forti militarmente della Russia e al pari della Cina. L’unione, è il caso di dirlo, fa la forza. Solo così l’Unione europea potrà essere autorevole sul piano della deterrenza e, al tempo stesso, proporsi come soggetto di pacifismo pragmatico.

E su Schlein?

Ribadisco: abbiamo una segretaria in carica, non è il momento di pensare ad un congresso. Credo che ora tutti noi dobbiamo, in maniera unitaria e al tempo stesso plurale, cercare di aiutare a trovare la direzione giusta in questa fase di cambiamenti vorticosi e rapidissimi, apertasi dopo l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca.

A proposito di unità: il partito si è poi ritrovato in piazza a Roma, dove pur nelle diversità c’erano tutte le diverse anime del “campo largo”, tranne i 5 stelle: come si può costruire un’alleanza programmatica se su un tema dirimente come la politica estera ci sono idee così diverse?

A fronte delle tornate elettorali che ho elencato, in questo momento è fondamentale lavorare a costruire un’alternativa credibile alle destre al Governo. Siamo pragmatici, sappiamo che Pd e 5Stelle non avranno mai le stesse identiche idee, sono partiti diversi. Però possono trovare un comun denominatore sui valori e su alcune linee programmatiche. Nel contempo, il Pd con la guida di Elly Schlein si è rafforzato e sarebbe ingeneroso negarlo: il Pd dovrà essere il cardine della coalizione.

In piazza c’erano oltre 300 sindaci: pensa che la costruzione di un centro sinistra di governo passi anche da loro?

Sicuramente i miei ex colleghi - e sempre amici - amministratori locali sono risorse fondamentali per il Pd e per la coalizione progressista. Penso al Sindaco Roberto Gualtieri, che sta portando Roma nel futuro: la Capitale attraversa una fase di riqualificazione urbana potente e meravigliosa. Penso a Gaetano Manfredi, che guida Napoli in quello che viene comunemente definito come il Rinascimento del capoluogo campano. E all’ottima Vittoria Ferdinandi, che proprio basandosi sui valori del progressismo, del pacifismo e dell'ambientalismo ha riconquistato Perugia.

La vicepresidente del parlamento Ue Pina Picierno sul Foglio ha parlato di un Pd diverso da quello attuale, più vicino a Kiev e più europeista, ancorato al socialismo europeo e più garantista: il Pd ha bisogno di una “revisione”?

I valori sottolineati dalla Vicepresidente del Parlamento europeo sono alla base del nostro partito: il Pd è nato europeista ed ha scelto, 10 anni fa, di aderire al Pse. È il dna del nostro partito e non ce ne siamo discostati. Ma nel Pse e nel Gruppo S&D dobbiamo contare di più. Siamo la prima delegazione, con 21 parlamentari e possiamo orientare il dibattito interno su posizioni più avanzate.